Appino - Ritratto di famiglia

La storia della sua famiglia: due persone con un passato complicato che si sono conosciute alla Piaggio e hanno avuto un figlio. Ci racconta di amori da sala giochi e Vasco Rossi. Ci racconta del berlusconesimo. Ci racconta il suo primo album solista. Di Sandro Giorello e Marco Villa.

Appino racconta come è nato il suo primo album solista "Il testamento"
Appino racconta come è nato il suo primo album solista "Il testamento" - Foto di Annapaola Martin

Se un album lo chiami  "Il Testamento", è d'obbligo parlare dei cari a cui lasci tutto: i genitori per primi, la persona che ami, poi. E se la situazione a casa non è delle più semplici, capisci come certi nodi siano stati pettinati anno dopo anno e poi, sulla soglia dei 35, li sciogli. Un racconto dietro l'altro: Appino in redazione beve birrette e snocciola tutto quello che c'è dentro questo suo primo album solista senza gli Zen Circus. La storia della sua famiglia e di quelle nate a botte di Vasco Rossi, sale giochi, primo figlio, fine. E poi ci si chiede chi ha a votato Berlusconi. L'intervista di Sandro Giorello e Marco Villa.

Contento di come sta andando il disco?
Si, certamente. Calcola che suono con gli Zen Circus da quando ho 16 anni, questa è la prima volta da solo. Erano anni che volevo farlo, ma poi quando lo fai sul serio ti caghi addosso. Ma davvero, il gruppo è anche uno scudo e in qualche modo ti senti protetto. Ma è stata una figata farlo, ci prenderò gusto. 

Come hai diviso i pezzi destinati a questo disco e quelli scritti invece per i dischi degli Zen?
Io propongo i pezzi senza pensare “questo è mio”, “questo è per gli Zen”, scegliamo cosa piace a tutti a tre. Nel "Testamento", ci sono pezzi inizialmente bocciati dal Collettivo Zen e altri scritti apposta. Sono tutti abbastanza recenti, l'unica più vecchia è “Questione d'orario", ed è palesemente un pezzo che con gli Zen non avrei mai fatto. Più che altro per il tema, parla di una roba che si faceva anni fa. Quando c'era un corno in famiglia si mandava via la donna per tutto il periodo della gravidanza. La donna in pelliccia è mia nonna, il bambino vestito da bambina mio papà. Qualche roba della mia famiglia negli Zen ci è finita, vedi “Figlio di Puttana”, ma questa non me la sentivo.

Hai mai fatto ascoltare “Questione d'orario” a tuo padre? Ci avevi raccontato che Alessandro Fiori, dopo un suo concerto, gli aveva letto il testo di “Figlio di Puttana” parola per parola....
In realtà a lui non gliene frega niente, vive in un mondo suo. Un paio di robe glel'ho dette, lui ride ma non le capisce bene, si diverte con la musica. “Questione d'orario” non gliela spiegherei mai. Certo quando il Fiori gli è andato a leggere il testo, parola per parola, mi sono detto “ma porca puttana Fiori” (ride, NdA).

Anche "1983" è dedicata a lui?
L'idea era quella di raccontare la generazione dei miei genitori, da quando avevano vent'anni, a quando si sono ritrovati con un figlio, a quando è arrivato il berlusconesimo, che poi sono gli anni 80, non solo quando è sceso in campo. E' il cambio dell'Italia dalla fine degli anni di piombo al paese nuovo. E l'idea musicale del disco era di partire in acustico e finire con qualcosa di completamente diverso, il paese nuovo appunto.

Nelle storie che racconti cosa c'è di vero e cosa è romanzato?
Mah, in realtà di romanzato non c'è molto... tranne che non ho mai pensato di ammazzarmi, che non ho una sorella, che non ho mai messo incinta nessuno... quella è più un'immagine. Non è una cosa che mi è successa, è una cosa che ho notato nel tempo, tante famiglie che ho conosciuto, di amici miei, sono nate semplicemente perchè qualcuna era rimasta incinta...

(Una scena del video di "Che il lupo cattivo vegli su di te")


Stiamo procedendo in maniera disordinata. Da capo: tu da bambino eri un bimbo cinico con un cannone sulla bici che voleva ammazzare tutti come canti in "Solo gli stronzi muoiono"?
(ride, NdA) Hai ragione, facciamo le cose per benino. Io da bambino soffrivo di problemi di socialità. Non so perché, non ho mai approfondito troppo, se non ora che ho deciso di andare da uno psicanalista, dopo 35 anni mi sembrava il caso. Non ero cinico, ero incazzatissimo con gli altri bimbi. Mi madre mi mandò anche da dei dottori, a scuola facevo il sostegno pomeridiano perché non stavo attento e rischiavo di essere bocciato in quinta elementare, penso di essere l'unico al mondo. Facevo il pomeriggio a scuola con due bambini down e un giorno chiesi e a mia madre “perchè vado a fare il pomeriggio con questi due qua?”(sorride, NdA). 
I miei venivano da situazioni assurde. Mio padre era nato in una famiglia borghese, cattolica e fascista. Mia madre veniva da una storia di povertà, non sa nemmeno chi è suo padre. E' cresciuta in cinque città diverse con sua madre che faceva lavori loschi, una storia abbastanza anarchica, ma davvero. Il sogno di mia madre era avere una famiglia perché una sua non ce l'aveva mai avuta, mio padre voleva scappare dalla sua situazione famigliare. Si sono conosciuti alla Piaggio, ci pensi? io che alzo la mano a scuola e dico: “sono al mondo perché i miei si sono conosciuti in catena alla Piaggio”. Si sono conosciuti, 8 mesi dopo sono stato concepito io, e non per caso, proprio perché volevano immediatamente un figlio. E come ti dicevo, ne ho viste tante di storie cosi, prendi, fai un figlio, fine. E continuo a vederlo, sopratutto in provincia, ci sono ragazzi della mia età che hanno figli di 18 anni. Lo so che non è minimamente il pubblico degli Zen, che è fatto di gente che studia, che per forza di cose ha interessi particolari, ma il “Testamento” è quasi più più dedicato a quelle persone che molto probabilmente ascoltano Vasco Rossi.

E' uno dei nomi saltati fuori la prima volta che abbiamo ascoltato il disco...
Con gli Zen lo abbiamo sempre preso per il culo ma in realtà, e un po' mi vergogno a dirlo, c'è della roba sua che adoro. Vasco è diventato la colonna sonora di amori da sala giochi diventati poi famiglie, non c'è niente di male, non voglio giudicare e puntare il dito contro chi fa un figlio a vent'anni, assolutamente. Ci sono cresciuto accanto, mi dispiace perché è potenziale umano...

...tu non sei venuto malissimo.
A me è andata di culo, e ovviamente non sto dicendo che a Pisa non ci sia gente figa. Non mi interessa giudicare, quando ci cresci insieme, semplicemente, ti fa strano. Perché poi ti chiedi, ma chi cazzo l'ha votato Berluconi? Deh, i miei amici, se vuoi ti do nome e cognone. Mica li odio, io li capisco, è quello il problema. Mi troverò a votare Berlusconi anche io (sorride, NdA).

In “Schizofrenia” mi ha colpito la parola Risperidone, in un testo fatto di piccole frasi, perlopiù verbi o parole comuni, ci piazzi un nome così specifico...
Quella canzone è fatta di tante voci che ti dicono qualcosa, e quando vai dal dottore e dici che senti le voci lui ti dà il Risperidone. Ovviamente è riferita a mio padre. “Schizofrenia e “Lo Specchio dell'anima” sono collegate, parlano del fatto che siamo il nostro nemico. Mio padre si è massacrato da solo, colpa anche della malattia, chiaro, ma pure di determinate scelte che ha fatto. Per anni mia madre gliel'ha detto di farsi vedere, lui ha preferito nascondere i mostri sotto al letto, uno per uno, come fai in camera quando sporchi. Nel disco c'è tanto questa cosa... Ti girano i coglioni quando vedi gli amici delle tua età a cui i genitori hanno comprato una casa, o anche solo li hanno aiutati a metterla a posto. Io non ho mai visto un euro, si è giocato tutto, era un grande scommettitore. Poverino, ci sono stati dei momenti in cui l'ho odiato, ma gli voglio bene ovviamente. Lo vedo come un bambino con problemi non risolti che ha dovuto crescere un altro bambino.

Tre ponti di cosa parla?
“Tre ponti” e “Fiume padre”, in due sensi diversi, parlano della gente che si aggrappa all'amore come unica risorsa, a volte funziona a volte no. Chissà perché mi interessa raccontare quando non funziona.

Infatti. L'amore ai tempi di Appino: in questo disco c'è “Il fuoco”, che è la tua classica canzone cinica nei confronti dell'amore, ma anche “Il testamento” dove racconti che, sul punto di suicidarti, hai paura di lasciare chi ami. E questa è una cosa piuttosto inedita per gli Zen. Le nostre lettrici vogliono sapere se sei innamorato.
(Ride forte, NdA) Ti dico solo che me l'hanno chiesto per Vanity Fair e ho omesso. In effetti questa cosa dell'amore è una cosa un po' inedita per gli Zen, è vero. Io credo che gli Zen siano un po' i Ramones, potranno avere delle evoluzioni musicali, quello che ti pare, ma credo che vedremo noi stessi sempre come dei cartoni animati, nel senso buono, come i Ramones, appunto. Per cui non mi verrebbe di cantare una cosa del genere con gli Zen, non perché nessuno dei tre creda all'amore, è semplicemente un immaginario diverso.
E io faccio il cinico ma non è che sia contro l'amore. Semplicemente non sopporto... è come se tu avessi due gambe, ma una non la usi e cammini con una stampella che è l'amore. Non funziona così, io penso che l'amore debba essere 1+1=2 e non di meno, non 1,5 e non 1 o -1. Poi ovviamente ci credo nell'amore, se non ci credessi, farei un'altra cosa.

Cioè?
Non intendo l'amore nei confronti di una donna, intendo l'amore in sé. Per quel poco che ne capisco, non puoi fare questo mestiere se non ce l'hai, se non ci credi, se sei proprio senza. Altrimenti stai al bar e offendi tutti da mattina alla sera, ne conosco un paio e sono bravissimi a farlo, e sono dei miti locali. Per fare il mio mestiere, oltre a una forte dose di egocentrismo, ci vuole anche la voglia di fare bene al mondo, sembra una cazzata ma è così. Rispondendo alla tua domanda, quella canzone racconta il testamento di qualcuno che ha fatto “zac” (fa il gesto di tagliarsi la gola, NdA) con il sorriso sulla labbra. E va bene che è una scelta dignitosissima, ispirata a Monicelli: fare una vita bellissima e poi mandare tutti a 'fanculo. Ma ci sono anche degli affetti, di sicuro la cosa che mi fa più paura della morte è quella lì, non vedere più le persone che a cui voglio bene.

Dimartino, Ministri, i Linea 77, Dj Gruff. Ultimamente Monicelli lo citano in molti.
Per me, prima di tutto, è un regista toscano. Noi toscani siamo praticamente obbligati a vedere i film di Monicelli. Poi in realtà negli anni '70 era considerato un conservatore, guardati l'intervista di Monicelli e Nanni Moretti, è bellissima (sottolinea la parola, NdA). C'è Monicelli che è il Regista del cinema italiano, tanti soldi e grandi attori, e Nanni Moretti giovanissimo, aveva appena fatto “Io sono un Autarchico”, e ci va giù pesantissimo. Non era rivoluzionario, era un grande figlio di puttana di stampo toscano, simpatico ma figlio di puttana. Ma Monicelli ne ha dette di belle, non si può dire di no, e le ha dette con un piglio che io sento mio, di casa nostra. E quando è morto sono rimasto basito, porca troia è morto esattamente da Monicelli, è stato coerente fino all'ultimo.
"Il testamento" inizialmente non era il titolo del disco, il primo titolo doveva essere “La festa della liberazione”. Mi piaceva, ti liberi un attimo e fai un disco di cazzi tuoi, solo che poi ho lavorato con Giulio, e lui è darkettone dentro, la parola festa non gli piaceva.

"La festa della liberazione" è una cover di Bob Dylan, vero?
Si, assolutamente, è un omaggio a “Desolation Row”. Anche se gli accordi sono cambiati, la struttura è praticamente la stessa.

Mentre sulla pagina Facebook di Rockit dicono che “Godi (Adesso che puoi)” cita “Canzone” di Lucio Dalla.
E' un'omaggio a Dalla. Più che a “Canzone”, anche se la voce è molto simile, il testo e le figure retoriche sono proprio alla Lucio Dalla.



Hai scelto Giulio Favero del Teatro degli Orrori come produttore per allontanarti il più possibile dal suono degli Zen?
Io e Giulio ci si conosce da una vita. Ho sempre adorato il suo suono, che è riconoscibilissimo, può essere un pregio o un difetto ma lo riconosci subito. Inizialmente non sapevo che arrangiamenti usare, io per primo non capivo la differenza tra quello che stavo facendo e i dischi degli Zen. Ho detto: faccio un disco chitarra acustica e voce, un disco chitarra, voce e grancassa, un disco anni 70, un disco alla Baustelle e poi una volta stavo chiacchierando con Giulio e d'istinto, senza pensarci, gli ho chiesto di lavorare insieme. Mi sono affidato a lui, tre pezzi, le musiche intendo, sono suoi: “Il Fuoco”, “Schizofrenia”, e “Solo gli stronzi muoiono”. Ma va detto che alcune, tipo “Specchio dell'anima", sono nate già piuttosto cattive, vi mando il provino di “Specchio dell'anima”, è più cattiva di quella che ha fatto lui. Per dire che lo volevo così, non è cantautorato, è un'altra cosa.

E nonostante sia molto diverso dagli Zen Circus, pare che sia piaciuto a tutti, sulla tua pagina Facebook non hai nemmeno un hater.
L'altro giorno parlavo con Giulio, e loro ne hanno una marea, mi fa “tranquillo adesso che hai fatto il disco con noi invece di importare fan dal Teatro, importerai gli hater”. Invece non è successo, o la gente è diventata troppo buona, o sono diventato un vecchio accettato da tutti.

Parlando di persone di una certa età, questa estate hai diviso con Guccini un incontro, come è andata con lui?
Bellissimo. La cosa più divertente era che mi ero azzoppato durante un concerto la settimana prima, ero con la stampella e il gessino, vado lì e scopro che Guccini è azzoppato dall'altro piede. Quando ci hanno portato nella piazza del concerto, siamo scesi scortati dai carabinieri così (mima due persone anziane una appoggiata all'altra, NdA). Lui si è messo a ridere e mi ha detto “beata gioventù”. Non abbiamo parlato molto, e mi va anche bene. Sono quei personaggi che preferisci rimangano lì, inarrivabili. Io lo adoro, per “Andate tutti a fanculo" degli Zen bisogna ringraziare la sua “L'avvelenata”.

Quand'è che hai deciso che potevi vivere di musica?
Ho sempre suonato lavorando, che è una mazzata...

Che lavori hai fatto?
Apprendista manovale, apprendista manutentore del verde, imbustatore per la Microsoft, cinque anni di volantinaggio, ed era pesantissimo, facevo migliaia di chilometri al giorno con la macchina. Calcola che gli altri Zen, Ufo e Qqru, non hanno la patente, io andavo a Firenze per svolantinare, me la giravo tutta, tornavo a casa, andavo a prendere Ufo, andavo a prendere Karim, andavo alla salaprove a Livorno, si suonava, riportavo a casa tutti, il giorno dopo andavo a lavorare, poi la sera c'era il concerto, andavo a prendere il furgone, andavamo a Milano... Mi è venuto un grappolo di emorroidi da quanto sono stato seduto in macchina. Rispondendo alla domanda, abbiamo scelto di mollare il lavoro alla pubblicazione di “Villa Inferno”, che poi fu un flop clamoroso (ride, NdA).

Perchè?
Si fece il tour con Brian (Ritchie, bassista dei Violent Femmes e produttore di Villa Inferno, NdR), 12 concerti a 2000 euro che per noi, nel 2008, era un chachet fuori di testa. Andarono tutti malissimo, 70 paganti, giusto 200 a Milano o a Pisa che erano quelli andati meglio. Stavamo per decidere di ritornare a lavorare, poi abbiamo ricominciato a chiedere 500 euro, e sono rientrate molte date.

Non dirmi che avete fatto due dischi in Italiano solo perchè "Villa Inferno" è andato male.
No, La verità è che Brian ci ha rovinato la vita (ride, NdA). Dopo “Nello Scarpellini”, il disco del 2005, stavamo facendo l'ep “Andate Tutti Affanculo”. C'era “Figlio di Puttana”, “Vent'anni”, “Vana Gloria” e altre canzoni. Quando Brian ci disse che avrebbe fatto il disco con noi e che l'Haus Musique, che è un'etichetta tedesca davvero grossa, ci avrebbe messi sotto contratto, abbiamo deciso di fare un disco adatto all'estero, con le tre canzoni in italiano e le altre in lingue diverse. Era la chiusura del cerchio, gli Zen sono nati grazie agli ascolti di Violent Femmes, Talkin Heads e Pixies, e avevamo quei musicisti nel disco. Per me era un punto d'arrivo, una cosa fighissima. Ma i live andarono male, Haus Musique è fallita prima di pubbicare il disco, e abbiamo perso anche il booking all'estero. Abbiamo deciso di ricominciare da capo, abbassammo i cachet e man mano iniziò ad arrivare gente ai concerti. Il video di Figlio di puttana iniziò a girare tanto su MTV, e allora tutti ai concerti cantavano i pezzi in italiano. Ma non è quello che ci convinse a scegliere l'italiano, volevamo già farli quei pezzi, e non è escluso che si torni a cantare in più lingue, potrebbe succedere.

E adesso riuscite a vivere decentemente di musica?
La mia vita è migliorata. Mi vergogno a dirlo ma guadagno più dei miei amici che lavorano da quando hanno diciott'anni. Ovviamente non guadagno miliardi ma lo faccio con una cosa che adoro. All'inizio ti senti in colpa, benedici ogni minuto della tua vita, poi ti rendi conto che ti sei fatto un culo quadro. Con un qualsiasi altro lavoro fai le tue 8-9-10 ore, facendo il musicista fai 22 ore al giorno tutti i giorni. Non c'è niente che non ti sei guadagnato davvero. Ovviamente per come sono abituato io, l'espressione “sguazzare nei soldi” corrisponde a una cifra molto bassa, ma nonostante i miglioramenti non ho ancora perso l'urgenza di scrivere.

Scrivi tanto?
Sì parecchio, tante le ho scordate, dovrei rimettermi ad ascoltare le cassette, magarti ci faccio un disco nuovo. Dovrei far l'autore, sarebbe remunerativo, ma non credo che sarei bravissimo.

Chi scrive bene in Italia?
I rapper! Salmo mi piace un casino, il Truceklan, non fossero così coatti e provassero ad ascoltare qualcosa degli Zen ci troverebbero cose molto simili a loro. Ma non penso si farà un disco hip-hop, non ci sta il flow (ride, Nda). Altri... Io subisco la fascinazione di Davide, il Toffolo ha una capacità di scrittura in cui ti puoi ritrovare o meno, ma scrive in una maniera che è la sua e che è bellissima. Davide è uno che mi fa venire i peli ritti, come me li fa venire Dalla o DeAndré, che è raro, una roba grossa. Il Bianconi quando azzecca il pezzo è bravissimo.

L'ultimo dei Baustelle l'hai sentito?
Solitamente le canzoni dei Baustelle le scopro un anno o due dopo, adesso sono a “Gli spietati” (ride, Nda). Non mi piace tutto, ma alcune cose mi emozionano molto, sopratutto in “La Malavita”. Fu bellissimo quando uscì “Figlio di puttana” e mi scrisse il Bianconi dicendo che il pezzo era bellissimo, da lacrime agli occhi, io ne fui molto contento. In realtà c'è tanta gente che scrive bene, devo ammettere che mi sono poco informato negli ultimi anni, abbiamo suonato troppo.

In effetti il tour di “Nati per subire” e stato lunghisismo. E' da ottobre 2011 che fate concerti.
S'è sonato troppo, siamo giunti alla conclusione che abbiamo esagerato. Ne sono uscito malissimo. Abbiamo fatto le ultime quindici date con gli Zen, l'ultima a capodanno. L'uno mi sono ripreso da capodanno, il due sono riuscito andare alle poste per fare le cose che dovevo fare, perchè ero fuori da quindici gironi, il tre sono entrato in studio e sono stato quarantadue giorni in studio. Figata eh, non è che mi lamento, ma è pesante. Ultimamente mi sto intrippando con Grimes, io ho proprio biosgno di musica da MDMA, o forse ho bisogno di MDMA (ride, NdA).
 

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L'articolo Appino - Ritratto di famiglia di Sandro Giorello e Marco Villa è apparso su Rockit.it il 2013-03-11 00:00:00

COMMENTI (4)

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  • AlgaPhorny 8 anni fa Rispondi

    1000 punti a quest'uomo! Aenne!

  • pons 11 anni fa Rispondi

    Caspita, intervista molto intima. Bella.

  • utente33712 11 anni fa Rispondi

    working class hero

  • yuri290583 11 anni fa Rispondi

    Davvero bella intervista. Specie il passaggio su Vasco Rossi è verissimo.