C'è un particolare di quella fotografia che mi si è impigliato nella memoria, e credo di sapere perché. È come se chi avesse scattato non si fosse inavvertitamente accorto di stare fotografando due momenti spazio-temporali diversi.
Siamo all'interno del Piper di Roma all'inizio della sua avventura, ormai cinquant'anni fa; sullo sfondo un patchwork da cartolina di riferimenti pop (più Lichtenstein che Warhol, direi), batteria e microfoni da perfetto complesso beat sul palco. In primo piano, una platea di tavolini con le tovaglie colorate e le sedie impagliate. Le sedie impagliate: questo è il particolare al quale mi riferivo. Pensando al papà dei Piper italiani, le nuove disco aperte fra il 1965 e il 1975 in Italia nel segno del Radical Design, quelle sedie tradiscono il nonno, ovvero l'osteria con carte, vino e fisarmonica al posto dei cocktail sofisticati e dei Pink Floyd. Ben poco radical, come design.
Ma zoomiamo per un attimo verso l'esterno: siamo in una saletta defilata dell'ICA, l'Institute for Contemporary Arts di Londra, dove è stata allestita di recente la mostra “Radical Disco: Architecture and Nightlife in Italy 1965-1975”, dedicata alle nuove tendenze dell'interior design dell'epoca che suscitarono anche qualche articolo sulla stampa straniera, oltre ad un corso all'Università di Firenze (le università private con le aziende che distribuiscono merendine in aula erano ancora in là da venire). In questo contesto le curatrici Catharine Rossi della Kingston University di Londra e Sumitra Upham dell'ICA hanno raccolto a beneficio del pubblico inglese una collezione di raro materiale fotografico e video per raccontare l'epopea di un movimento architettonico – composto da studi come Gruppo 9999,UFOeSuperstudio – che in quella decade in Italia cercò di innovare i ritrovi nei quali la gioventù di allora passava il proprio tempo libero.
(Il Piper di Torino, disegnato da Pietro Derossi, Giorgio Ceretti e Riccardo Rosso nel 1966. © Pietro Derossi)
Cominciarono così ad aprire le proprie porte al pubblico il suddetto Piper di Roma (disegnato da Manilo Cavalli, Francesco e Giancarlo Capolei) e di seguito il Piper torinese eL'Altro Mondo di Rimini, a Firenze il Mach 2 e lo Space Electronic, a Milano il Bang Bang, infine il Bamba Issa a Forte dei Marmi. La dichiarata multidisciplinarietà di questi luoghi, l'impiego di materiali moderni o inusuali (vecchi motori di lavatrici in disuso trasformati in divanetti, ad esempio), l'occhio strizzato all'arte contemporanea di quegli anni (Warhol, Manzoni, Schifano), le performance pronte a far parlare di sé (il Living Theatre in discoteca!), il vestiario (il Bang Bang milanese era – caso strano – prima di tutto una boutique), persino un interesse proto-New Wave per l'ambientalismo: tutto ciò si presentava come una frattura netta con il modo di stare insieme delle generazioni precedenti, mentre il Paese si gettava a capofitto nel '68 prima e nel '77 poi. Eppure…
(UFO, lovers on a swing chair, Bamba Issa, Forte dei Marmi, 1970. Fotografia di Carlo Bachi, © Lapo Binazzi, UFO Archive)
Eppure quelle sedie impagliate con le tovaglie colorate, che quasi fanno temere che da un momento all'altro un tizio somigliante a Pippo Franco ti sbatta un'amatriciana in faccia per strappare una risata facile al pubblico, a me continuano a ripetere questo: nonostante lo sguardo avido gettato all'Electric Circus di New York – quella stessa New York dove proprio i figli dell'emigrazione italiana si preparavano a far decollare la rivoluzione disco prima dell'arrivo di Hollywood – o alle pagine di Marshall McLuhan, il Piper e i suoi figli continuavano a ricordarci, nel bene o nel male, che prima c'erano le carte e il vino e le sedie impagliate. Con buona pace della piramide del Cocoricò o dei tavolini scandinavi neri e bianchi di certi orrendi bar sui Navigli.
Il palco e la strumentazione dentro il Piper di Torino, disegnato da Pietro Derossi, Giorgio Ceretti e Riccardo Rosso, 1966. © Pietro Derossi.
Gruppo 9999, prototipo per la Vegetable Garden House al Mondial Festival, Space Electronic, Firenze, 1971. © Gruppo 9999, courtesy of Carlo Caldini.
UFO, amphibious camels returning to Africa, Bamba Issa, Forte dei Marmi, 1969. Fotografia di Carlo Bachi, © Lapo Binazzi, Archivio UFO.
Gli interni de L'Altro Mondo, Rimini, 1967. © Pietro Derossi.
Space Electronic durante il Mondial Festival, organizzato dal Gruppo 9999 e Superstudio, Firenze, 1971. © Gruppo 9999, courtesy of Carlo Caldini.
Ascolta la puntata del podcast Bar Italia di Shoreditch Radio dedicata alla mostra
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L'articolo L'architettura radicale delle discoteche italiane degli anni '60 e '70 di Francesco Fusaro è apparso su Rockit.it il 2015-12-17 10:29:00
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