Chi segue le classifiche di vendita saprà che buona parte delle posizioni è occupata ogni settimana da ristampe o dischi classici, com'è normale che sia. Ma il trend nel 2015 è stato talmente imponente che l'anno verrà ricordato come il primo nella storia della discografia nel quale si sono venduti più dischi "vecchi" che nuove release, almeno per quel che riguarda il mercato americano.
Secondo la Nielsen Soundscan nel 2015 si sono venduti 71.2 milioni di dischi "vecchi" a fronte di 65.8 milioni di dischi appena usciti, dove per dischi "vecchi" si intendono album che siano usciti da più di 18 mesi.
Come si può intuire dal grafico qui sopra, anche solo 10 anni fa il distacco tra dischi vecchi e le nuove uscite era ampissimo, e la differenza era precisamente di 157 milioni di unità.
La situazione è leggermente più rosea se si guarda ai numeri delle copie digitali, nei quali le copie di dischi nuovi sorpassano ancora quelle dei dischi vecchi, seppure di pochissimo. Ma se consideriamo invece il quadro generale (copie fisiche + copie digitali), il risultato rimane assolutamente invariato.
Andando a scavare su quei 118.5 milioni di album venduti, il dato che salta più all'occhio è quello relativo a "25" di Adele, che da solo ha contribuito al 6.3% delle vendite. I dischi vecchi più venduti invece sono stati "Dark Side Of The Moon" dei Pink Floyd (50.000 copie), seguito da "Abbey Road" dei Beatles (49.900 copie) e "Kind of Blue" di Miles Davis (49.000 copie).
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L'articolo Per la prima volta nella storia, si vendono più dischi vecchi che nuove uscite di Nur Al Habash è apparso su Rockit.it il 2016-01-18 16:08:00
COMMENTI (4)
Per capire perché, basta ascoltare il nastrone fisso che gira sulla gran parte delle radio commerciali: sempre le stesse quattro canzoni fatte in serie al computer che alla terza volta che le senti t'hanno già stufato.
Con la disponibilità che c'è ora (gratuitamente) via internet, se fai lo sforzo di comprare un album fisico non è certamente per un "successo" imposto dalle major e destinato a durare qualche mese!
Non c'é molto da dire se non: "da quanti anni non si sentono in giro dischi del livello (solo a titolo di esempio ma la lista sarebbe lungissima) di Dark side of the moon, Abbey road o (addirittura) Kind of blue?
Salve, al di là del commento proposto dall'articolista sui dati di mercato mi sembra che da questi si debbano trarre altre osservazioni. Innanzitutto, il quadro d'insieme mostra una diminuzione complessiva degli acquisti di musica, entrambe le categorie calano vistosamente e progressivamente.
Invece, relativamente alla comparazione fra Catalogo e Nuove uscite è la percentuale relativa al calo delle vendite delle nuove uscite ad essere significativamente intensiva. Questa cala di oltre 3,2 volte di volume (copie fisiche + digitali), mentre quella del catalogo cala di 1,8 volte. Le differenze di calo nei supporti fisici sono ancora più vistose: 5,7 volte le nuove uscite contro le 3,12 dei supporti. In pratica le nuove uscite calano quasi del doppio rispetto al catalogo.
A questi è da aggiungere un dato dell'AD di Beats Audio, in un'intervista rivelava come negli ultimi anni fosse in calo la pubblicazione di nuove produzioni nell'iTunestore. La sua conclusione era che la "musica fosse in crisi". Temo e credo che avesse ragione. Questo dato unitamente alla crisi delle scuole musica che raccolgono sempre meno studenti evidenzino una crisi delle "vocazioni". Anche l'osservazione del dato relativo ai titoli rivela che il consumo resistente di musica è catalizzato da artisti tutt'altro che odierni.
Questo vuole dire che la produzione musicale corrente non incontra i desideri del pubblico e correlativamente non crea un pubblico di appassionati. I due fenomeni combinati nel tempo producono i cali progressivi che le tabelle riportano.
Le domande a questo punto sono: esistono oggi musicisti creativi che potrebbero creare una diffusa passione ma l'industria discografica non li propone, oppure l'industria discografica non può proporli perché da alcuni anni non nascono?
Queste domande sono tragiche, per appassionati di musica e non, perché in ogni caso sembrano evocare un medioevo artistico privo di creazioni capaci di incontrare e stimolare il gusto degli ascoltatori e di artisti in divenire.
Di primo acchito a me viene da pensare che chi la musica la apprezza veramente, nonostante l'avvento del digitale, finisca sempre col comprare i supporti fisici mentre chi la vede come un semplice prodotto di consumo e moda come avviene per esempio con gli smartphone, non è interessato ad avere il disco sullo scaffale di casa.
Ed è qui che trova conferma l'idea secondo cui certa musica è solo fumo ed è destinata agli "ignoranti" mentre altra è arrosto ben succoso; un prodotto prelibato per chi sa scegliere per se stesso.