Sangue, santi e rivoluzioni. Assalti alle torri, le eroine come ispirazione, guerriere che accompagnano il canto. Per Marie Antoinette le liberazioni sono vermiglie, le fragole rampicanti e si è disposti a farsi tagliare la pelle e a bruciare il cuore per espugnare redenzioni terrene, che siano credo collettivo e non professione di fede personale. L'esordio cantautorale di questa singer marchigiana, che tira fuori dalle orecchie i suoni di un'adolescenza passata a trafugare le brame sonore di Riot Girl come Hole, Bikini Kill, Babes in Toyland, è lingua carnale al servizio del "suono dei santi". Decide di dare forma e sostanza a suoni e parole finora confinati al pertugio domestico, grazie a Bob Corn, prezioso consigliere incontrato in un lungo tour dei Parenthetical Girls, che le fa imbracciare seriamente la chitarra al collo, parallelamente ai suoi studi in storia dell'arte. Accompagnata da una fascinazione per l'agiografia medioevale, le storie di santi e sante che considera come ultimo baluardo di purezza in un mondo singolarmente contaminato, pubblica una manciata di brani in pure stile DIY, in cui tritura insieme forza e vulnerabilità, attraverso un songwriting minimale che si muove lungo spartiti folk, soluzioni di pop autorale, ventate indie. Assedia con parole e musica una poetica Orléans, brandisce armi di confessione sentimentale, il confine sottile fra vittime e carnefici. Ninnananne che grondano sangue e raccontano la violenza della vita, in tutte le sue forme su battiti di glocknspiel e una voce emozionalmente incisiva. Succhiare sangue per non perdersi dentro, la paura e la necessità di scendere in battaglia. Canta le grida laceranti di donne che hanno attraversato la Storia alla guida di armate, di psicosi sentimentali, di adolescenti morti, di amori senza condizioni, di pillole e di compulsioni. Joan of Arc, Sylvia Plath, il tributo emozionale a Nina Nastasia e PJ Harvey. E' un'eroina che lotta contro le brutture del mondo grazie alle virtù taumaturgiche della musica e questo è il racconto di formazione di una musicista dotata che non ha paura di imbracciare la chitarra in una mano e la lettera scarlatta nell'altra.
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La recensione I want to suck your young blood di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2010-04-23 00:00:00
COMMENTI (3)
canzone strepitosa...peccato comunque per gli young wrists!
I like it very much
sarà ma quando salta fuori il nome di Giovanna d'Arco mi viene sempre in mente Morrissey che canta Bigmouth strikes again, ha qualcosa di smithsiano questo disco. Molto bello!