I Cani partono sì da un microcosmo, ma da lì si allargano a una realtà liquida e impalpabile da post-socialnetwork. 11 singoli anfetaminici. Canzoni piene di oggetti, marche, tic, personaggi, riferimenti a una quotidianità incalzante e veloce. Canzoni da nuovo millennio, appunto
L'Insostenibile leggerezza dell'essere aggiornata a questi primi anni '10.
A voler fermarsi alle apparenze trattasi di canzoni monodimensionali e autoreferenziali perfette per raccontare e descrivere un piccolo microcosmo (altrettanto monodimensionale e autoreferenziale).
"A casa poi scrivevi i tuoi racconti, sacrificavi i tuoi diciannov'anni curva su di un MacBook Pro. La pelle. La finta pelle. "Andrò a New York a lavorare da American Apparel. Io ti assicuro che lo faccio, o se non altro vado al parco e leggo David Foster Wallace." (...) Tu fumavi ed ostentavi una malinconia che male si intonava coi tuoi leggings fluorescenti. Le Lomo. Le Polaroid. L'immagine di sé che mette ansia".
("Hipsteria")
E ancora:
"I critici musicali ora hanno il blog. Gli artisti in circolo al Circolo degli Artisti. I falsi nerd con gli occhiali da nerd. I radical chic senza radical. (...) Mentre aspiranti DJ aspirano coca aspiranti attrici sospirano languide con gli autori tv, gli stagisti alla Fox, i registi di clip. I falliti, i delusi, i depressi, i frustrati". ("Velleità")
Come renderlo meglio di così?
Ovviamente non per tutti (e ci mancherebbe), anzi probabilmente per pochissimi (e di questi nessuno che consciamente lo ammetterebbe mai), d'altronde dalla definizione di "indie" il fuggifuggi generale è iniziato parecchi anni fa (e si potrebbe ormai dire concluso, no?).
Epperò senza voler trovarci chissà quali sovrastrutture, queste canzoni arrivano a incuriosire e toccare le corde di molte persone diverse, sia per età anagrafica che per ascolti, sia per interessi che per 'credo musicali', peraltro tutti stigmatizzati in quell'affresco corale post-moderno che è "Velleità":
"I nati nell'ottantanove hanno reflex digitali e mettono su flickr belle foto in bianco e nero. I nati nel sessantanove fanno i camerieri al centro e scrivono racconti, ne hanno pubblicati due. (...) I nati nel settantanove suonano in almeno due o tre gruppi e fanno musica datata. I nati nel cinquantanove tengono corsi di teatro e quando va bene si rimorchiano le allieve".
Diventa evidente dopo un paio di ascolti che fermarsi a solo 2 pezzi ("Velleità" e "Hipsteria"), sarebbe fuorviante. I Cani partono sì da un microcosmo ma da lì si allargano a descrivere una realtà liquida e impalpabile da post-socialnetwork (in cui l'Impero è ridotto a qualche centinaio di 'amici' su faceb**k). E vanno oltre.
Ognuna delle 11 tracce di questo disco d'esordio ha una propria dignità e coerenza. 11 singoli anfetaminici. Nessun riempitivo. Testi freschi e intelligenti su melodie killer, nessuna menata compositiva o di registrazione. Una totale attitudine lo-fi ma con un tiro pazzesco. Canzoni piene di oggetti, marche, tic, personaggi, riferimenti a una quotidianità incalzante e veloce, che l'anno prossimo o al massimo quello dopo ancora chi se le ricorda più. Canzoni da nuovo millennio, appunto. Asettiche e sintetiche, a tratti. Canzoni con la data di scadenza in bella vista, certo. Eppure funzionano. Come quel bacio a quella persona che aveva un senso solo lì in quel preciso momento e poi stop, fine. E non c'è niente da spiegare e non c'è niente da capire. Come un film di Wes Anderson (appunto, vedi canzone omonima). Con una dolcezza ruvida e nervosa a far da base. " E i cattivi non sono cattivi davvero. E i nemici non sono nemici davvero. Ma anche i buoni non sono buoni davvero, proprio come me e te".
Siamo dalle parti del minimalismo ricco capriccioso e viziato di Bret Easton Ellis: "I Pariolini di 18 anni" è "Less Than Zero" 30 anni dopo. L'ennui di raccontare e catalogare, la precisione e la felicità nel cogliere dettagli, nascondendo "dietro finti occhiali" da nerd uno sguardo tanto partecipe quanto disincantato (antropologico e sociologico insieme), su una piccola fetta di mondo, unito a buone dosi di spocchia e paraculaggine (100% roma-style), c'è molto Tondelli nel modo di raccontare i nostri anni in presa diretta, con "partecipe distacco" ("Ed io, che sto a guardare e rido, di che rido? Io che di nascosto vivo, io non vivo che nascosto, ed ho un po' più di anni ma non so che cosa invidio").
Certo quella carezza dolce e romantica che è "Il pranzo di Santo Stefano", così come la struggente e cinica "Perdona e dimentica", pagano un grosso pegno a Max Gazzé. Come a voler tracciare una linea di continuità col passato prossimo della scena capitolina. (Negli anni '90 a Roma c'erano Gazzè, Daniele Silvestri, Tiromancino, il punto di riferimento era Il Locale, attorno al quale gravitavano parecchi musicisti e addetti ai lavori, tanto che parecchie riviste di settore scrivevano di una presunta scena cantautorale romana e blabla. Un ventennio dopo, cambiano luoghi e personaggi, e la storia sembra ripetersi: Roma rivive attorno al Circolo degli Artisti, baluardo di quel che fu l'Indie, e una nuova onda di gruppi tra cui appunto i Cani, i Carpacho, i I Quartieri Ndfiz).
Insomma, le canzoni de I Cani sono state un bel fulmine colorato in un cielo non molto sereno, le abbiamo ascoltate a ripetizione, sono entrate in circolo, han funzionato bene a sottolineare alcuni personali momenti e situazioni. Hic et nunc Spaccano, punto e basta. E quindi chi se ne frega dell'hype, del fatto che non si conoscano l'identità dei componenti, delle polemiche, del fatto che le canzoni sembrano tutte uguali. C'è (forse) tempo per crescere e sperimentare, adesso restano le canzoni e la curiosità di vedere che fine faranno, I Cani. Che forse ci si dimentica che questo è semplicemente un album di debutto su cui si è chiacchierato più del dovuto.
Ma d'altronde, come diceva qualcuno che è sempre stato visto con la puzza sotto il naso da una certa Intellighentia (ma questo non gli ha impedito di vincere un Nobel): "di una storia è vero solo ciò che l'ascoltatore crede". Così è. Quindi se volete pensare che è tutto solo una Grande Truffa, non c'è problema, è dal '77 che lo è, allora Grande Truffa sia: Primascelta.
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La recensione Il Sorprendente Album D'esordio Dei Cani di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2011-05-30 00:00:00
COMMENTI (118)
I Cani rendono bene l'idea del punto in cui si trova la cultura, musicale e non, in Italia. Personalmente li apprezzo molto e chi non la pensa uguale, dovrebbe argomentare, invece di limitarsi a sfoghi e offese.
Credete che in passato il livello artistico raggiunto fosse ben più alto?
…e quindi?
Credete davvero che il degrado culturale e sociale di questo paese non sia arrivato a toccare il mondo della musica?
Non serve alzare la voce o offendere per dimostrare l'indimostrabile e cioè che in giro c'è molto meglio (soprattutto nei testi) de I Cani.
Guardami.. Guardami….. Ora svegliati!! Benvenuto nel Nostro 2012..
E' tutto vero e ce lo meritiamo tutto :)
la solita cacca (stavolta di cane) modaiola che finirà come la moda dei pantaloni a cicca elasticizzati... ma il blues, sapete cos'è?
Non è proprio il mio mondo ma un'amica me li ha fatti conoscere e alcuni pezzi sono... pezzi di vita!
concordo con ghostwriters ed abolirei il termine "indie" odioso e insignificante....
bho ...nn ci trovo nulla di esaltante...sempre la stessa solfa e la solita produzione "indie"...che noia...
ero curiosa di sentirli perchè erano finalisti al tenco opera prima. bé, c'è poco da dire, sono identici ai baustelle, in tutto, temi, melodie, arrangiamenti.
vabbè, ci son già stati i Ciprina. Solo che loro non sapevano suonare, quindi erano ancora meglio myspace.com/ciprina
Secondo me hanno azzeccato il nome!!!
Ecco perché si parla di loro!!! :[
Mi piacerebbe sentirli dal vivo, questi ragazzi.
aspettando il prossimo flopposo album.. tipo quello dei come si chiamavano i pop porno? ah che braviu che erano!