I BadLoveExperience stavolta spiccano davvero il volo e ci fanno sognare con canzoni che meriterebbero passaggi radiofonici a nastro.
A onor del vero la musica dei BadLoveExperience la ricordavo completamente diversa. Ovvero sonorità molto più asciutte, arrangiamenti quasi ridotti all'osso e, soprattutto, ispirazione puntata su coordinate decisamente più rock.
"Pacifico" è il loro terzo disco e, nel frattempo, ho mancato del tutto l'album pubblicato nel mezzo, che ho volutamente evitato di ripescare per mantenere il giusto distacco nei confronti di queste 14 tracce. L'intuito sembra avermi dato ragione, siccome fin dal primo ascolto la sensazione è di avere a che fare con qualcosa di completamente differente rispetto al passato. Non intendo dire che la band abbia tagliato i ponti con quanto pubblicato finora, bensì che stavolta ha compiuto un salto di qualità per alcuni versi imprevedibile - un po' come se giocare con il pop fosse diventata per loro la cosa più naturale.
Giusto per farvi un esempio, l'attitudine dei livornesi si avvicina molto a quella degli Spoon, dei quali ricalcano atmosfere e sonorità in diverse occasioni; provate infatti ad ascoltare "Rotten roots", "The kids have lost the war pt. II" e "Devil in town" e ditemi se non vi sembra di ascoltare inediti da quel capolavoro di "Gimme Fiction". Va da sé che stiamo facendo un complimento al quartetto, perché è tanta la stima nei confronti di coloro che provano a cimentarsi col pop, per renderlo ogni volta un'esperienza unica, nonostante le citazioni e le inevitabili influenze.
I BadLoveExperience stavolta spiccano davvero il volo e ci fanno sognare con canzoni che meriterebbero passaggi radiofonici a nastro. A cominciare dal singolo "Dawn ode", un affresco psichedelico di rara bellezza, che sembra provenire da una session notturna in compagnia di Dave Fridmann (colui che ha ridisegnato il suono ai Mercury Rev del decennio scorso). E anche con il resto delle tracce di "Pacifico" si respira proprio quella stessa sensazione di libertà che si prova quando si ascoltano album del calibro di "Deserter's songs" o "The soft bullettin".
È vero, si tratta di paragoni decisamente ingombranti, ma quando la percezione è quella di trovarsi di fronte ad una band il cui linguaggio odierno è il risultato di una maturazione artistica felicemente compiuta, non possiamo far altro che applaudire e incitarli a continuare su questa strada.
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La recensione Pacifico di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2012-03-09 00:00:00
COMMENTI (1)
non e' il mio genere ma e' fatto bene e con passione, meritano 7