Tre artisti che non sanno scrivere brutte canzoni, ma che da anni vivono un sostanziale appagamento
“Io non suonerò mai così”. È questo il ritornello di “Alzo le mani”, prima traccia dell’album che mette insieme gli ex enfant prodige del pop romano. Nel brano, i tre riconoscono i propri limiti in quanto musicisti: con le loro canzoni sono in grado di emozionare e commuovere, ma non potranno mai produrre suoni che valgano “Il rumore della pioggia nel pomeriggio / Le cicale a luglio in un campeggio / Il suono del traghetto che entra in porto / La frenata prima del botto”. Una bella idea e pure un buon pezzo. A conti fatti, però, dopo aver ascoltato tutto l’album verrebbe da prendere quel passaggio di testo e ribaltarlo nella forma e nel senso: “voi suonate sempre così”.
Fabi, Silvestri e Gazzé arrivano a questo disco comunitario con la consapevolezza di essere tra quegli artisti apparentemente incapaci di scrivere brutte canzoni. Un pregio gigantesco, testimoniato da carriere pressoché ineccepibili in quanto a qualità, ma con un inevitabile effetto collaterale: il rischio di sedersi, di sentirsi appagati da un livello qualitativo sempre medio-alto. “Il padrone della festa” è la perfetta dimostrazione di questa tendenza, nonostante fosse l'occasione perfetta per stimolare la creatività dei tre, spingendoli a osare e a motivarsi a vicenda.
Non è andata così: esattamente come i loro album in solitaria, “Il padrone della festa” contiene alcuni pezzi bellissimi (“L’amore non esiste” è già tra le migliori canzoni dell’anno) e tanti pezzi onesti. Di brutto non c’è nulla, perché nulla è stato rischiato. In ogni canzone si riconoscono i tocchi dei singoli interpreti, che sia l’elettronica tipica di Gazzé, il tiro più funk di Silvestri o il lirismo di Fabi, ma sono davvero pochi i momenti in cui tutto si amalgama alla perfezione, dando vita a qualcosa di più bello, di più grande. Il risultato è che “Il padrone della festa” non è tanto un album, quanto una raccolta di canzoni: ascoltate separatamente colpiscono, messe tutte in fila finiscono per perdere slancio e per appiattirsi.
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La recensione Il padrone della festa di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2014-10-20 00:00:00
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