Elettronica cupa, rallentata e ombrosa che assorbe l'ascoltatore nel suo universo
Nine Rules è un progetto davvero interessante, due fratelli che, per sopperire alla distanza fisica (uno di loro vive in un paesino del sud, l'altro risiede nella caotica Istanbul), hanno stilato nove regole (che potete leggere qui) per ultimare il loro prodotto musicale. Un prodotto davvero ben riuscito, a conti fatti, una miscela di trip hop, elettronica e accenni psichedelici.
Con questi nove pezzi i due componenti ci lasciano immergere in un'atmosfera diluita ed evanescente, con "Airport" che fluttua nello spazio fra le pieghe di un'elettronica ora garbata e minimale, ora cupa e tesa come a voler prendere respiro senza riuscirci, o nell'ossessività concentrica di "The March", con il cantato tiepido che si stende su una base onirica e rarefatta. Le aperture musicali sono per lo più inesistenti, a favore di un sound oscuro ed ipnotico, e anche per quanto riguarda il songwriting si parla di derive ombrose e poco soleggiate, con testi evocativi e significativi ("The satisfaction to find yourself walking in the middle of nowhere, admiring the desolete wasteland" in "Walkabout" o ancora "Tell me king what's more white than silence and indifference, than an unsettling wait for nothing, than a blazing sun of madness" in "Checkmate"). È come essere assorbiti completamente dalle tenebre con "Beautiful smile" (la migliore del lotto), inizialmente sulle corde dei più tetri A Place To Bury Strangers, se suonassero elettronici, o sulla scia dei Singapore Sling, se suonassero più rilassati, per poi spezzare l'atmosfera con "Feeble", che mette un punto e virgola al mood generale del disco con una chitarra acustica a smorzare il sound dei brani precedenti.
Nine Rules è un disco che assorbe nel suo ascolto e nel suo universo, un mondo fatto di tenebre minimali dal quale poter uscire quando più ci va. Ma siamo sicuri di volerne proprio uscire? Io no.
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La recensione Nine Rules di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2015-03-23 00:00:00
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