IVO MINUTI ALICE CHIARI | Mago santo
Dopo Todo Modo, ecco Mago Santo, il secondo (dopo)lavoro di Ivo Minuti e Alice Chiari.
Se Todo Modo era il disco intimista e minimale, scuro e urbano, Mago Santo è il disco antisociale e luminoso, il disco della primavera marcia e del colore, il disco elettrico agreste del duo fiorentino, decisamente più ritmico rispetto al precedente, e non solo per la presenza di percussioni.
Un disco corale: Ivo Minuti e Alice Chiari in questa operetta sono accompagnati da musicisti di varia estrazione, da 2/3 dei NoN (grande formazione fiorentina dai suoni cupi e scuri), a musicisti provenienti da jazz, classica e musica popolare. Se Todo Modo voleva far coesistere due rette parallele come il post punk e la musica classica, Mago Santo si spinge ancora oltre, e ora alla commistione dei suoni apparentemente inavvicinabili del primo disco aggiunge quelli della musica contemporanea, di quella popolare, della musica profana, della musica antica, e di quella della tradizione, qui sempre riproposta in modo irriverente e anti filologica, tra suoni dolci e aggressivi, distorti e puliti, piatti e profondi, dal ritmo serrato alla quiete, dal giorno alla notte.
Mago Santo è un sugo. Un sugo di suoni che utilizza una materia prima che arriva da lontano, dalla ferrea dittatura musicale anglo americana del secondo Novecento, ma la utilizza come un sugo può utilizzare uno splendido ortaggio: un pomodoro utile non solo da scagliare contro pessimi artisti e oratori maldestri su di un palco, ma anche un pomodoro che viene artigianalmente cucinato con carni e aromi nostrali, contemporanei e ancestrali, per essere restituito al mondo come sugo. Sugo squisito o un buonissimo sugo finto. Musiche e canzoni fatte anche con ingredienti lontani nel tempo e nello spazio, utilizzati in modo altro, preparati e mescolati con i sapori e i linguaggi di terre prossime e note che generano un suono totalmente differente dal sapore iniziale dell’ingrediente originario.
Ecco il Mago Santo custode dell’ignoto, il solo che promette nuova eternità e gloria a dispetto della scienza capace solo di garantire una maggiore longevità piena di oggetti acquistabili on line. Dopo aver constatato la morte del talento per mano del pop, con la conseguente morte del pop, dopo aver decretato l’inutilità del genio utile solo alla vendita di sé, l’unica salvezza è la santità in vita. Autoproclamarsi santi. Santi subito. Viva il Mago Santo come salvazione eterna e come grande minaccia.
Mago Santo è per espressa volontà dei produttori e degli interpreti un disco a filiera corta realizzato completamente nella provincia di Firenze.
Registrato a Pontassieve presso Sonic Studio, stampato a Bagno a Ripoli presso Authoring e distribuito da Audioglobe (Sesto F.no)
Discografia:
Todo Modo (Superfluo Dischi 2015)
Mago Santo (Produzioni Granducali 2017)
MAGO SANTO TRACKLIST:
La quiete:
Maderna, Dallapiccola, Stooges e Birthday Party suonano nella stessa orchestrina un blues acido, sgangherato ed epico, tra stacchi sghembi e ciclicità ritmica. Le parole rincorrono il tempo tra le diverse coniugazioni verbali nel tentativo impossibile di ingabbiarlo. Una preghiera rumorosa di pace e quiete. Un mantra per scacciar via i rompicoglioni.
Rimetterai:
È ora di rimettere tutto in tutti i sensi. Tra Kurt Weil e la filastrocca fiorentina, l’orchestra claudicante dall’incedere incerto rimette a posto le cose.
I piedi:
Ispirato a Georges Bataille, è questo il brano del dubbio: l’umano-omino è un animale in verticale? Ma se i piedi poggiano a terra in orizzontale, l’adattamento - e quindi di conseguenza l’equilibrio - non sono pur sempre orizzontali come quelli di una belva qualsiasi? I piedi sono solo l’inganno di un equilibrio in verticale? La scimmia non si è mai alzata, ha solo trovato un debolissimo equilibrio. I piedi è il brano dell’arpa, che esegue un giro di basso, il violoncello lega tutto con un rondò circolare, un intermezzo cinese lancia un quartetto di ottoni dal vago sapore mariachi in un ritornello requiem soul sul letto di Lou Reed.
Omonimi:
L’omonimo non è sinonimo ma solo simile. Una canzone d’amore? Una canzone sulla fine di un amore? I simili possono coesistere? O sono destinati all’estinzione? Genere musicale: musica sacra.
Un meritan’ nulla:
La musica del primo Renato Zero e gli Afghan Whigs in un incontro/scontro di ritmiche urbane, serrate da batteria, chitarra elettrica, violoncello e piano elettrico, intervallate da passeggiate bucoliche guidate da flauto e violoncello per un tuffo barocco, poi uno stacco psichedelico. Un omaggio a Raperino, storico personaggio della Firenze degli anni ‘80, quasi un barbone, solitario e trasandato che girando per la città chiedendo sigarette ripeteva sinteticamente e profeticamente una sola frase: “un meritan’ nulla”
Eutimia:
Il brano più intimista e notturno del disco. Voce, chitarra, violoncello e un assolo blues di tromba. Il brano che maggiormente si avvicina alle sonorità del primo disco. Eutimia (da wikipedia): è uno stato d'animo di serenità o neutralità; a differenza dell'atarassia o dell'apatia, essa non consiste però in un distacco o in una negazione delle passioni, ma in una sorta di tranquilla soddisfazione, di appagamento interiore tipico di chi si mantiene lontano sia dai timori che dalle superstizioni.
Multimedievale:
Chitarre distorte, violoncello, chitarra battente, mandola, batteria, sax tenore, synth analogico, preparano uin viaggio attraverso il basso medioevo della post verità. Musica profana per trovieri elettroacustici, menestrelli e giullari invitati a corte a narrar le gesta di santi, re e cavalieri con la necessità di “andare a tempo”, il mensuralismo come accordo tra le parti tra echi di suggestioni mediorientali. L’orchestra dell’armata Brancaleone intona un canto profano che evoca, inneggia e si dissocia dal mago santo. Dopo il multimediale non ci resta che il multimedievale. Il brano più contemporaneo: musica medievale 3.0.
Shama bang bang:
Tre strumenti: chitarra elettrica, violoncello, clarinetto basso e una voce. Poi l’ingresso di una mandola e un finale quasi free jazz. Una colonna sonora spaghetti western sulla masturbazione, sull’amore adolescenziale per una milf, sulla fuga dall’orrore attraverso un accoppiamento, sulla difesa della sacralità del gioco bambino a dispetto dello scherzo, sempre adulto e cretino.
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