Descrizione

Postpunk newyorkese e tradizione melodica italica possono convivere. Lo dimostra a suo modo “Rosso che non vedi”, ultimo album di Monica P, all’anagrafe Monica Postiglione .

La cantautrice nasce a Torino e si forma tra la West Coast e l’Inghilterra. In questo terzo disco muove un passo deciso in direzione del pop. Nel farlo non dimentica però il suo noise interiore, fatto di più impegnative e oscure sonorità. Dieci tracce, prodotte da Don Antonio (Antonio Gramentieri), nelle quali si incontrano agilissimi refrain e sofisticati inserti musicali. Il cantato melodico e confidenziale, insieme al sound elettrico e una scrittura diretta e senza compromessi, racconta emozioni ben lontane dal politically correct. A dargli voce è Monica P in un leggero graffiato perfettamente naturale che non conosce inutili estetismi e virtuosismi.

«Rosso è il colore dell’evidenza, che eppure non vediamo. Di qui il titolo dell’album», spiega Monica P. «E’ il colore della passione, dell’amore, della violenza. Di tutto quello che accettiamo per comodità e abitudine, o che rinneghiamo per paura. Tra le urla confusionarie di uno “spazio vuoto” nella sostanza, dove tutti vogliono la meglio e si prendono la ragione gettandosela in faccia, dove brindiamo ogni giorno – senza nemmeno accorgercene – a un mondo corrotto e che cade a pezzi, possiamo fare soltanto due cose: adeguarci finendo per essere quello che non siamo, oppure salvarci, rimanendo sospesi tra amore, gioco e immaginazione, e una visione ironica di questa società che, in fondo, sa di tragicamente comico».

Questo è il terzo lavoro dell’eclettica cantautrice torinese. Un percorso interessante l’ha portata a questo album, dal folk rock del suo primo disco “A volte capita” (2010), attraverso il cantautorato alternativo e psichedelico del secondo “Tutto Brucia” (2014). Suoi brani sono stati inseriti in compilation come “Female do it better” e “Il rock è femmina” di Pirames International. Ha collaborato con nomi importanti della scena italiana e internazionale, da ricordare la pubblicazione di un duetto con un inedito Hugo Race che canta per la prima volta in italiano in “Come un cane”, aprendo anche i concerti di Nada, Tricarico, Nicolò Carnesi e Cleo T.

Rosso che non Vedi – track by track:

1) Corpi fragili – Un electropop che racconta il gioco delle parti e la confusione emozionale che può farci sentire piccoli e indifesi e un attimo dopo potenti dominatori. Siamo imprevedibili corpi fragili, e imprevedibili sono anche i nostri pensieri e le nostre prossime mosse.


2) Devo essere così – Una ritmica dritta e asciutta per descrivere il mondo che ci mostra una realtà distorta, quella che gli conviene. Parola d’ordine “non fare domande”, dobbiamo essere così.


3) Labbra rosse – Una ballata acida e malinconica sugli amori che non si incontrano mai “a tempo”, che decolla e prende respiro – nell’inciso – nella speranza di un ritorno.


4) Tutto il resto rende più denaro – Perché mostrare la realtà, quando falsarla conviene e rende di più? Venature hip hop per questo brano che denuncia l’omertà e la sete di potere.


5) Calma apparente – «Quello che sei e non vuoi vedere, così finisci per morire» è l’appello a un “risveglio” che potrebbe tirarci fuori dal senso di vuoto e insoddisfazione che proviamo ogni volta che scendiamo a compromessi dimenticandoci chi siamo davvero.


6) Prendimi – Una confessione sincera e sensuale, dove l’urgenza è quella di vivere e condividere esperienze, sapendo che il tempo passerà veloce.


7) Tuttofare – L’urgenza della nostra società frenetica è trovare lavoro. Un quadro tragicomico della realtà, dove il Tuttofare è la posizione per cui c’è più offerta. L’unica salvezza resta frenare di colpo, ritagliarsi uno spazio dove dimenticare il tempo.


8) Spazio vuoto – Atmosfere e voci da robot in questo ritratto della società omologata dove spesso la si combina sporca. Una gran confusione, dove tutti parlano senza ritegno e senza sapere. L’unico segreto per la sopravvivenza pare resti l’immaginazione.


9) Rivoluzione –La confessione di un modo di essere, dalle sonorità punk e distorte. Un’apertura ritmicamente dimezzata e con chitarre urlanti descrive con sarcasmo un mondo che ci avvelena e ci sommerge mentre noi restiamo serenamente a guardare.


10) Stasera mi piace – Una ballata che si apre su rumori in lontananza e sulle note di un sax baritono, ci trasporta cullandoci a tempo di una chitarra soul e ci fa venire voglia di viaggiare.

«La mia passione per l’alternative rock e per le sonorità dark di fine anni ’70 unita alla mia attenzione ai cantautori italiani mi ha creato una crisi di identità. Adesso sembro quasi “una cantante per bene”. Un po’ come se Loredana Berté cantasse “Sono una signora”» scherza Monica P

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