Per questo e "non per altro rio" abbiamo deciso di chiuderci insieme in una sala prove.
La prima volta è stata alle porte di uscita di una noiosa estate, senza mondiali e senza europei che la decorassero.
Congedati, quindi, da serate in cui saremmo stati obbligati a sbrigliare il nostro razzismo
e a liberare il nostro falso nazionalismo, abbiamo iniziato piuttosto velocemente, preparando repertori con un iPod in mano e i piedi immersi in una piscina. Senza accorgercene, eravamo già su un piccolo palco a rompere corde, ad andare fuori tempo e a mettere a frutto qualche nottata passata a provare, chiusi in un centro giovanile, tra collassi, viaggiatori tedeschi e qualcos'altro.
Così tutto ha avuto inizio: compravamo dischi, li ascoltavamo e li copiavamo. Scimmiottavamo le mosse di tutti quei ragazzetti anglosassoni (o giù di lì) che, con quelle loro giacchette e con tutto il loro meraviglioso aplomb riuscivano a svegliarci da un torpore quasi fastidioso.
E inesorabilmente trascorrevamo il confino nella noiosa Sasso Marconi: cupa, vecchia, triste e all'apparenza insignificante ma in fin dei conti teatro di tutta la nostra storia.
Tra litigi, abbandoni, felicità e soddisfazioni, abbiamo iniziato a scrivere. Lentamente e disastrosamente, questo è certo. Lo abbiamo fatto e continueremo a farlo in inglese perché odiamo l'unica criptica possibilità di comporre in italiano, cadendo in fiumi di orrende sinestesie, che ci farebbero solo lacrimare gli occhi dall'imbarazzo.
"La musica è un rumore che per mezz'oretta può divertire, ma se dura di più stanca chiunque, benché oggi nessuno si arrischi di confermarlo".
Così Voltaire ci accompagna con la sua prosa, terribile, cinica forse, ma straordinariamente terapeutica: lo è per noi che ci occupiamo solo di suonare, come dicevamo. Di riuscirci con i piedi cementificati a terra, provando, per lo meno, ad allietare quei trenta famigerati minuti.
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L'articolo Biografia Absolut Red di Absolut Red è apparso su Rockit.it il 2012-12-05 12:47:29