Il carme V di Catullo si apre con il verbo «vivamus»: la poesia è un invito spensierato a vivere il momento, a cogliere l’attimo. Questo è cristallizzato dai baci iperbolici pregni di valore, contrapposti ai «rumores» dei vecchi, invero insulsi, e ci regala l’immagine di una giovinezza che riconosce e ripudia la morte, consapevolmente eternizza la vita e ne gode per allontanare le porte dell’eterna notte da cui non c’è sole invitto.
“pluto” non parla di baci, ma di attimi eterni di gioventù. Dialoga con i luoghi, con i rumori, con le teste, discute con gli amici, con gli dèi, con i poeti. È un'allegoria su com’è difficile vivere i momenti, com’è facile ricordarli, che forse bisogna scappare dai ricordi, che più si vive di cinismo più ne si è estasiati. La notte arriva, ma abbiamo vissuto il giorno.
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