Al suo terzo album da solista Antonino Di Cara offre agli amanti del folk un lavoro alquanto interessante e non privo di originalità.
Dietro il sipario rappresenta la vera faccia dell’artista che si mostra nel suo lato più intimo con una serie di brani che interpretano la sua personalità più nascosta, i suoi lati più sconosciuti al pubblico.
Tante sono le novità ed i cambiamenti nel suono e negli arrangiamenti anche se le radici di terra e tradizione vengono rispettate a pieno fornendo un risultato degno di lode e consentendo all’ascoltatore di scoprire sempre più a fondo l’animo vero dell’artista che in questo lavoro lascia aperte le porte della sua identità all’ascoltatore fedele che saprà leggere tra le righe le vere parole che gli vengono rivolte.
Con la conclusione delle Novelle nell’album precedente ora si passa a personaggi che rappresentano le molteplici facce del cantautore viste in modalità autobiografica ma anche grazie alle collaborazioni dei musicisti più fedeli (De Luca, Zanette, Venier) e di nuovi ingressi (Pavan, Boscariol, Pagot, Ceresa) che completano l’arrangiamento e la stesura.
I suoni divengono più nitidi e acuti mentre i ritmi si alzano ancora in un country-folk fatto di ballate e gighe incalzanti.
Rimangono i punti chiave tipici del lavoro di Di Cara col suo stile di racconto in terza persona e di visione della terra e delle tradizioni accompagnato da strumenti vecchi e nuovi:
La fisarmonica, che con il suo suono tradizionale catapulta illusoriamente l’ascoltatore ad una genuina ed allegra festa paesana.
Il banjo, tipico del country-folk americano che non smette mai di picchiare col suo ritmo incessante di arpeggi acuti e vibranti.
Il violino sonato nel modo antico, quello degli antenati, tenuto sotto braccio e lasciato andare in arzigogoli grezzi ma di ottima fattura.
Insomma, Di Cara e i suoi compagni hanno dato ottima prova della loro saggezza musicale e Dietro il Sipario è un disco ben arrangiato che merita un ascolto attento dei testi e un lieto lasciarsi andare ai ritmi della musica quasi ci si lasciasse teletrasportare in un’altra epoca.
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