Le 10 migliori canzoni di Vinicio Capossela

In occasione dell'uscita del nuovo album di Vinicio Capossela "Tredici canzoni urgenti" vi proponiamo la top ten dei suoi migliori pezzi, dal jazz, alla musica latina, al folklore, fino alla mitologia greca

Vinicio Capossela – foto di Guido Harari
Vinicio Capossela – foto di Guido Harari

Vinicio Caposselaè uno degli artisti più poliedrici che ci siano in Italia. Teatro, scrittura di romanzi, musica, nella sua carriera ha esplorato diversi linguaggi artistici, che hanno fatto capolino nelle sue migliori canzoni. L'abbigliamento sempre riconoscibile e gli accessori eccentrici ci hanno fatti viaggiare in tutto il mondo e in tutte le epoche. Con una tuba in testa, la barba incolta e una giacca del regio esercito racconta storie ispirate da John Fante, Geoffery Chaucer, Omero e altri scrittori, accompagnandosi anche con strumenti insoliti.

Ci ha messo del tempo per diventare un ibrido tra diverse culture popolari, e i cambiamenti della sua musica lo dimostrano. Prima di arrivare al folk e al rebetiko – un genere greco che il cantante ha conosciuto alla fine degli anni Novanta durante un viaggio tra Macedonia e Turchia – è partito dal jazz. Già con il suo primo disco incuriosisce Francesco Guccini e il Club Tenco, e da allora non ha più smesso di suonare.

In occasione del suo nuovo album – Tredici canzoni urgenti – ecco le sue 10 migliori canzoni, per ripercorrere i passi del cantautore irpino-tedesco trapiantato in Emilia.

Suite delle quattro ruote

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All'una e trentacinque circa è l'album d'esordio di Capossela, del 1990. Grazie alla collaborazione di Antonio Marangolo – arrangiatore anche di Paolo Conte, Claudio Lolli, Endrigo e altri – il cantante si aggiudica la Targa Tenco per la migliore opera prima. Spicca Suite delle quattro ruote, un brano sognante e romantico. Sulle note della fisarmonica il viso del giovane artista in copertina si riempie di pensieri. Ogni brano del disco è un nuovo viaggio immaginario a occhi aperti che sembra catturarlo mentre gira per le vie deserte della città, camminando tra jazz, acustica e cantautorato.

... E allora mambo

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Solo un anno dopo esce Modì, il secondo disco del cantante dedicato al pittore Amedeo Modigliani, aka Modì. ... E allora mambo svolta verso un jazz influenzato dalla world music, con ritmi e percussioni caraibiche. Capossela presenta la canzone su Rai 3. Chi è seduto a casa di fronte alla tv viene proiettato in Sudamerica, tra maracas e trombe che nel video vengono date in mano a mariachi. Il ritmo è irresistibile e il pianoforte ragtime impreziosisce la parte strumentale assegnando al brano un posto d'onore nella storia del musicista.

Il fantasma delle tre

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Il 1994 è l'anno di Camera a Sud, qui si trova Il fantasma delle tre. Capossela rende sempre più moderna la sua musica, passando da pianoforti a organi funk. Li accosta a chitarre elettriche e sezioni di fiati che si spostano verso il jazz sperimentale e latino di Jaco Pastorius degli anni Settanta. Il fantasma delle tre è provocante, si aggira per i locali nel cuore della notte, senza mai svelare la propria identità possiamo vederlo un po' bevuto tra le viuzze di una calda città latina.

Morna

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Con il disco Ilballo di San Vito, Capossela inizia a cambiare stile. Morna – uno dei brani dell'album – è una ballata tetra, con cui il cantante ci corteggia. Viene da lontano, da Capo Verde per la precisione, dove chiunque conosce questo ritmo ipnotico. Poi maracas, pianoforte, chitarra acustica e la chitarra elettrica di Marc Ribot – il chitarrista di Tom Waits – che inizia ora una lunga collaborazione con Capossela.

Nella pioggia

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Nella pioggia è uno dei lenti più belli di Capossela (in gara con la prossima canzone per il titolo). Fa parte di Canzoni a manovella, il quinto disco in studio del cantante, che ha ufficialmente iniziato il suo percorso verso influenze sempre più particolari. Del jazz di All'una e trentacinque circa non si sente più nulla, ma si incastrano pianoforti, pianoforti giocattolo e archi. La voce del cantante sobbalza, invitandoci a ballare piano e farci trasportare da una melodia che sembra venire dal Paese dei balocchi.

Ovunque proteggi

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Qui si toccano le vette più alte della musica italiana (dicono), e non si può dargli torto. Ovunque proteggi è l'apice di un viaggio mistico che Capossela intraprende nell'omonimo album. I testi delle canzoni iniziano a riprendere ampiamente la letteratura classica e religiosa. La mitologia greca e la Bibbia sono messe a fianco alla storia russa e a sperimentazioni elettroniche. È una tempesta di influenze, che in pochi avrebbero saputo orchestrare, ma Capossela ci riesce, e celebra l'intero disco nell'ultima traccia: Ovunque proteggi, un brano che ci culla con pianoforte e archi leggerissimi.

La faccia della terra

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In Lafaccia della terra torniamo indietro fino a fine Ottocento, al banjo e alle chitarre suonate nei saloon insieme ai rullanti senza il resto della batteria. È uno dei testi migliori di Capossela, uno di quelli che ti fanno provare angoscia e ti fanno vedere i personaggi della storia come fossero qui davanti. La musica è malinconica e si sposa con il testo. È un racconto di morte, di vanghe che scavano nella nera terra, di solitudine e disperazione. Che non è mai stata dipinta così bene dal cantautore.

Abbandonato (Los ejes de mi carreta)

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Rebetiko Gymnastas è un disco rebetiko. Ogni traccia riprende il genere folcloristico che ha catturato Capossela. Inizia con un brano della tradizione – Los ejes de mi carreta del cantante argentino Atahualpa Yupanqui – reinterpretato in italiano. L'originale è un lamento lento chitarra e voce, arricchito da Capossela con più chitarre, mandolini e fisarmoniche per trasformarlo in Abbandonato, un brano ipnotico e dal ritmo travolgente. 

La padrona mia

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Il decimo album di Capossela – Canzoni della cupa – è dedicato al folklore dell'irpinia, del mondo sotterraneo degli anni Venti e Trenta nelle campagne italiane. Ci sono le vecchie tradizioni abbandonate, i campi coltivati e la campagna, tutto riesumato dal cantante con strumenti tipici e racconti di vita quotidiana da un mondo che Capossela ha provato a tenere in vita. La padrona mia è il più bell'esempio contenuto nei due cd che compongono l'album, che suona con fisarmoniche e chitarre una melodia d'altri tempi. 

+ Peste

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Nel 2020 Capossela reinterpreta uno dei suoi brani di maggior successo – La peste – insieme a Young Signorino. L'accoppiata è stravagante, ma Capossela stima il trapper, e pensa che nessuno meglio di lui possa affiancarlo in questa canzone. + Peste riprende il tema del brano originale, le sofferenze personali che si attaccano come una malattia, la peste di ognuno di noi. Capossela entra in un mondo nuovo, fatto di sintetizzatori e drum machine, che orchestra come fossero farfise e percussioni. Insieme a lui Young Signorino parla della sua peste, dei suoi mali. Un brano incredibile, che ha portato molte persone a rivalutare il trapper (e forse la trap). Anche se non inizierò ad ascoltare Young Signorino per questo, Capossela ha notato in lui un dettaglio che nessuno aveva visto, confermandosi uno dei più profondi lettori delle storie degli esseri umani.

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L'articolo Le 10 migliori canzoni di Vinicio Capossela di Martino Fiumi è apparso su Rockit.it il 2023-04-21 10:30:00

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