"Se mi avessi visto solo un anno fa, diresti: "Sai, ti vedo meglio"
Paolo Schiamazzi ha fatto uscire un nuovo album dal titolo Aiutante magico. Un percorso lungo poco più di un quarto d'ora in un mondo che sembra fantasy, tra l'epica del viaggio dell'eroe del Signore degli Anelli di Tolkien e il perdersi nel mondo onirico e assurdo di Lewis Carroll e della sua Alice nel paese delle meraviglie.
Per chi non conoscesse il soggetto, trattasi di giovanissimo cantautore romano di stanza a Torino che alle playlist di Spotify preferisce l'autoproduzione e che fa tutto per conto suo. Nella vita programmatore informatico, nell'arte (ex) molestatore musicale coi Disturbo della quiete pubblica, ha all'attivo un album solista dal titolo Guasto totale comunicazione del 2021, anch'esso della durata inferiore ai venti minuti, in cui ha esplorato il suo lato più garage con "pochi strumenti che gracchiano al posto di suonare, come un piccolo stormo di uccelli lo-fi senza troppe pretese, se non quella di far sentire un po' di musiche istantanee al circondario". Di lui ci siamo perdutamente innamorati durante il suo live al MI MANCHI del 2021.
Aiutante magico, uscito nel pieno di questa torrida estate, ha una copertina fatta a mano che ricorda i dischi progressive rock degli anni Settanta, ma anche i libri per bambini in cui è illustrato un adattamento personale di Arthur and the Strange Mantle di Aubrey Beardsley. È insieme dolce e inquietante, psichedelica e tradizionale. Esattamente come la sua musica.
Stavolta le composizioni di Paolo Schiamazzi non cercano lo scontro neanche con l'ascoltatore meno avvezzo al rumore, sono invece appunti, visioni, acquerelli di una mente assorta in un prato, tra la natura, i ricordi e le nuove consapevolezze, l'amore e le sue sfumature, descritte con parole che sembrano del tutto fuori dalla realtà ma che, ad un secondo e terzo ascolto, sono davvero azzeccate.
Paolo Schiamazzi è un giovane Giovanni Truppi, un Lucio Corsi senza le Gibson Les Paul, un Edda che ha trovato pace, un demo dei Mariposa, un Calcutta prima del Mainstream, tutte queste cose insieme e niente di tutto questo, perché sembra arrivare direttamente da un'altra dimensione, dalla Swinging London acida e immaginifica degli anni Sessanta.
L'album inizia con un manifesto d'intenti: Ti vedo meglio, una canzone di consapevolezza con il piano e il clavicembalo in cui perdersi. La Luna rinnova la gioia nel guardare il satellite misterioso che a volte sembra di poterlo toccare, Bravo inizia con la chitarra e sembra una filastrocca dedicata al cane, Lucertolina già si capisce dal titolo di cosa parla ed è adorabile quando dice "Le zampe per arrampicarsi e verticalizzare il desiderio del sole".
L'aria è un lento anni Sessanta ed è il pezzo più lungo del disco coi suoi due minuti e quarantacinque. Un pezzo di liberazione a cui seguono I fiori e Le cose, due pezzi beat lo-fi. Ali di mosca torna allo stile folk allucinato, Pellicola è un racconto brevissimo che non dura neanche un minuto ma che fa un volo pindarico sui ricordi da conservare, e su altre mille cose. Chiude l'album Nel retro della mia testa, quarantuno secondi di magia pura, una canzone d'amore spogliata di tutto ciò che potrebbe suonare banale.
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Paolo Schiamazzi nel suo nuovo disco Aiutante magico mette a nudo sé stesso e il suo mondo fragile, sospeso su ali leggerissime eppure denso di significati che vanno oltre le parole. Per raggiungere il suo obiettivo, ha anche spogliato la sua musica degli eccessi, l'ha resa barocca senza appesantirla, per darci un quarto d'ora di serenità. Potrebbe sembrare poco, ma è un gran regalo.
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L'articolo I 16 minuti di folle serenità di Paolo Schiamazzi di Simone Stefanini è apparso su Rockit.it il 2022-07-15 10:40:00
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