2022: i 100 nomi dell'anno della musica italiana (pagina 2)

Dagli Ada Oda a Yendry, passando per Verdena, Marracash e altri 96 nomi più o meno noti. Quelli che, nel bene e nel male, hanno segnato il 2022. Un'antologia completa e a tratti crudele di chi abbiamo ascoltato, e quindi in fondo di chi siamo stati, nei 12 mesi ormai in archivio

Artwork di Giulia Cortinovis
Artwork di Giulia Cortinovis

Boones

Il 19 gennaio del 2022 lanciavamo Rockit PRO, "un nuovo servizio che si rivolge a chi fa della musica la propria passione, il proprio lavoro, spesso il senso stesso delle proprie giornate". Non ci facemmo troppi problemi a ricorrere alla retorica, perché pensavamo (e a maggior ragione lo pensiamo ora) che stessimo facendo qualcosa di importante e necessario per chi suona, e altrettanto per noi, che quell'idea fosse il primo passo verso il futuro di una testata che ha compiuto 25 anni. Chiedevamo così ai musicisti – il nostro cuore, più che il nostro core business – un “atto di fede”, di credere nella nostra volontà di fare qualcosa di prezioso per chi ogni giorno si sbatte per amore delle canzoni. Dopo un'ora scarsa dal lancio avevamo già un iscritto. Il suo nome è B OONES e ora vogliamo celebrarlo per questa fiducia, e come simbolo dei tantissimi che lo hanno seguito e che oggi rendono la community di Rockit PRO grande e per noi fondamentale. Con la promessa – dai nuovi live che stiamo organizzando alle iniziative editoriali – di continuare a crescere assieme. 

Brucherò nei pascoli

A proposito di quella cosa dei live che ci hanno sorpreso al MI AMI – anzi, diciamo pure stordito –, il pensiero corre subito ai BR nei pascoli. Clamoroso duo, anzi diciamo pure trio, from Milano Est (ma molto poco NOLO), a fine anno hanno rilasciato il loro primo ep, Bar Adriana, la cui title track è sul podio delle nostre canzoni bellissime del 2022 (e bravi i ragazzi di Pioggia Rossa, la loro etichetta). Carlo Pastore è andato per noi al Biko a sentire il live di presentazione del disco e ne ha fatto un report un po' gonzo e molto entusiasta. "C’è qualcosa in questo progetto che ti lascia addosso la voglia di farne parte", scrive Carlo. "La personalità, la vita spremuta (cit.), le canzoni. Sono così puri che vien quasi voglia di non augurare loro successo – anche se lo meriterebbero assai e ne hanno per farlo – per non rovinare la magia. E se al momento pare il caos a governarne le mosse, io ho visto voglia di fare sul serio dietro quegli occhiali da sole. Vedremo. Qualsiasi cosa accada, o voi che ascoltate e non cucinate e magari la musica ve la godete e basta, accettate questo consiglio: è questo il momento di esserci. It’s time to brucare nei pascoli, tè capì".

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Brutal Label

Di etichette in Italia ne nascono ogni giorno, tutto sommato oggi è abbastanza facile farne una. Ma trovare un posto nel mondo, per come è pensato oggi il sistema, è incredibilmente complicato. Ci ha colpito molto la nascita di BrutaLabel, interessante come tutte le cose di cui non sei certo di aver ben capito chi siano e cosa facciano. Artisti, modelli o viceversa? Agenzia di casting, etichetta discografica o entrambe? La label nasce dall’idea di Fabio – 22enne di un paesino veneziano in cui se non ti inventi qualcosa finisci per romperti di molto il cazzo – che ha messo in piedi una creatura che mette assieme modelli e videomaker, produttori e cantanti. Tutti giovanissimi ed eclettici. Sono stilosi, certo, ma c'è anche sostanza e un'attitudine che potrebbe permettergli – glielo auguriamo – di surfare su questi tempi burrascosi. 

Caligula

E poi c'è lui, quello con la cornamusa. Francesco Sassetti è un ragazzo toscano di 26 anni, da poco laureato in lettere, che si è scelto il nome d'arte di un imperatore romano: Caligula, scritto così, alla latina. A 13 anni, dopo averne passati 3 a studiare chitarra classica, capisce che non è quello lo strumento per lui. Serve qualcosa di dirompente, di diverso, di originale, per il gruppetto che sta formando assieme a Davide, oggi batterista dei Fanciullino (band molto figa, con cui tutt'ora ogni tanto Caligula suona). Quando vede il cantante degli AC/DC Bon Scott, quello che lui definisce il simbolo definitivo del rock, suonare la cornamusa nel video di It's a Long Way to the Top, decide che quello sarà il suo strumento. Si inscimmia durissimo, la suona ovunque. E grazie a questa sua trovata riesce a conoscere un suo idolo, Ricardo Villalobos, fenomenale dj e producer di origine cilena, re della techno minimale. Francesco va ai suoi live e si porta dietro lo strumento, incurante delle minacce dei buttafuori. Si fa notare, viene fatto salire sul palco. Morale della favola, ora vorrebbe fare un disco con Villalobos a Berlino e diventare un giorno il cornamusista più sexy del mondo libero. 

Candra

Di lui vi abbiamo parlato in tutte le salse quest'anno. Perché Bonola Boy, disco di questo trentenne livornese, è senza dubbio il più urgente, doloroso, catartico e per molti versi sfidante dell’anno. Un disco underground nel vero senso della parola, visto che ciascuna delle dieci tracce rappresenta una stazione della metro di Milano, città in cui Alessandro, l’alter ego di Candra, ha vissuto durante un periodo per nulla facile della propria esistenza. Il disco, e il viaggio che narra, è una moderna via crucis, che parte dalla sua vecchia casa nel quartiere di Bonola e arriva a Rogoredo, dove ogni giorno andava a comprare l’eroina che serviva a soddisfare la sua dipendenza. È una storia autobiografica, che viene qui raccontata con grande ispirazione, senza trucchi, cliché e nemmeno autocommiserazioni. Funziona tutto: un gran singolo come Io no, l’attitudine punk metropolitana e il cantautorato sghembo, quello della tradizione livornese. In cui oggi, a pieno titolo, rientra anche Alessandro. 

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Pierpaolo Capovilla

Se la "reunion" dei Baustelle ci ha riempito il cuore di gioia, la fine del Teatro degli Orrori ci aveva sommerso di rimpianti. Perché una storia così sarà impossibile da replicare, un'allucinazione collettiva di cui ci siamo nutriti per una decina d'anni abbondante. Ora Pierpaolo Capovilla, frontman di quella band unica, è tornato (a venticinque anni dall'esordio con gli One Dimensional Man) con un nuovo sodalizio, Pierpaolo Capovilla e i Cattivi Maestri, un tour e un album. “Il disco è un atto di resistenza intellettuale alla deriva della musica italiana in questi anni drammatici. Una deriva che è lo specchio di quella culturale e politica del paese”, ci ha detto. Se Capovilla non è mai stato un personaggio accomodante, con gli anni tutte le sue spigolosità – verso i colleghi e le questioni cardine del nostro tempo – si sono accentuate. Fino a diventare eccessive, border line. Ma – come in passato abbiamo già scritto per un'altra leggenda del nostro underground, Giorgio Canali – è esattamente di artisti così che abbiamo bisogno, di chi sa urtare la nostra coscienza sporca, sfidarci, darci fastidio nel profondo. Lunga vita ai cattivi maestri. 

Ruben Camillas

Vittorio Ondedei è ciò che più si distanzia dal concetto di cattivo e pure di maestro. Al più lui è il vicino di banco irresistibile, quello capace di rendere piacevoli anche le mattinate infami. E non potremmo essere più felici del fatto che, dopo la morte della sua metà artistica Zagor, lui abbia deciso che il cammino dei Camillas non si può fermare. Che i terrestri abbiano ancora bisogno della loro "musica del futuro", quella che non ascolti però puoi "spalmarla sulla pelle" e rilascia "piccoli luccichii sulla pelle, luminosità artificiale". Che vada in giro a raccontare la storia di una band che è stata molto di più che due tizi che suonavano o a suonarne le canzoni, oppure che ne porti avanti l'eredità con una nuova formazione figa come la precedente: i Crema (attenzione a Danielle, chitarrista pesarese, che ha intanto ha firmato un grande esordio solista). Per questo voglio rimandarvi a quella che per me è stata la puntata più importante di questa prima metà abbondante di Venticinque, con Vittorio protagonista. Dai! Dai! Dai! Dai! Dai! Dai! Dai! Dai! Dai! Dai! Dai!

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Maurizio Carucci

Già un anno fa Maurizio era tra i miei 100 nomi. Perché gli contestavo, in estrema sintesi, di essersi fatto pubblicità dicendo di voler abbandonare la musica, per poi annunciare il nuovo disco. Lui mi scriveva per contestarmi – ma con infinito rispetto e correttezza – di non aver capito nulla di lui, delle sue motivazioni per fare o non fare musica. Ne nasceva, da quell'incomprensione, un bel rapporto epistolare, che trovate qua (nelle sezione articoli, scrollando), e che per me rimarrà una delle cose belle di questo 2022. Poi è uscito il suo disco, Respiro, e Maurizio ce ne ha suonato un pezzo (in controluce) dalla sua Val Borbera. È un disco di fino artigianato, intimo, il disco che Maurizio si sentiva di fare, un disco onesto. Oggi non ho alcun dubbio sul fatto che in quelle lettere Maurizio avesse tutta la ragione, gli chiedo scusa di aver dubitato e gli dico grazie per avermi dato la possibilità di "ripartire da capo". 
Ps, una volta l'ho invitato per un evento milanese molto figo, ma lui ha declinato perchè aveva la festa del Minestrun. Ineccepibile. 

CCCP

L'altra sera ho guardato il (mediocre) film Rapiniamo il duce, dove Matilde De Angelis in versione starlet cantava una versione anniquaranteggiante di Amandoti. Anche se dovrebbe essere ormai assodato, l'ingresso dei CCCP nel gotha nazionalpopolare del nostro Paese è qualcosa che non smette di stupirmi. Perché, allo stesso tempo e nonostante i decenni trascorsi, non diminuisce la loro presa su tutto quel circuito alternativo allargato che ha visto in loro qualcosa di simile a dei padri prodigiosi. Più che presa, forse, bisognerebbe parlare di ossessione, da cui mi sento tutto tranne che immune. E così la reazione suscitata dalla fotografia che ha ritratto Ferretti assieme a Zamboni e con loro Fatur e Annarella Giudici alla presentazione di Kissing Gorbaciov – film sullo "scambio culturale" avvenuto tra i gruppi sovietici che suonarono nel 1988 in Salento e i CCCP insieme ai Litfiba che vennero mandati anella periferia di Mosca – è stata enorme. Mentre il dibattito su Ferretti sì e Ferretti no, fascista oppure matto, è sempre più fiacco, anche solo la possibilità di reunion pone tutti in uno stato di agitazione permanente.

Centomilacarie

Altra diapositiva dal MI AMI 2022. Passo dalla Collinetta, è uno dei primi act della giornata. Sul palco, all'esordio, c'è uno degli youngster più promettenti di questa buttata: Centomilacarie, giovane punkautore varesotto di casa Maciste. Inizia a cantare una cover degli Psicologi, poi con un effetto sorpresa degno di Maria De Filippi, Drast lo raggiunge sul palco, e lui manca poco che si mette a piangere. O che si baciano. Fa impressione considerare Drast un modello per qualcuno, non per poco talento (il contrario) ma per questioni anagrafiche. E invece è così: i tempi della discografia sono frenetici, la velocità di propagazione di un fenomeno musicale della portata degli Psicologi rapidissima, le generazioni si avvicendano a ritmi sostenuti. Ora c'è una nuova onda e Simone – 17 anni, un mare di freestyle e pezzi rilasciati su SoundCloud, prima di iniziare a giocare il gioco dei grandi con la struggente Strappami la pelle a morsi – pare pronto a saltargli in groppa. 

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Piero Ciampi

Quest'anno il nome del grande artista livornese è finito in tre articoli e pure un bollettino, la nostra rubrica con cui apriamo l'ombrello sotto la pioggia di nuove release che caratterizzano ogni venerdì. Mica male per uno morto 42 anni fa, e che in vita non è mai stato capito. Il che è terribilmente ingiusto, ma ha il pregio di permetterci di non smettere di riscoprirlo ora. È così accaduto che da nastri dimenticati per oltre 50 anni, è saltato fuori l'unico duetto mai registrato dal cantautore livornese, una versione inedita di Non chiedermi più, realizzato con la cantante Lucia Rango. La storia di come sia rimasto nascosto tanto a lungo e, soprattutto, di come sia stato recuperato, ve la raccontiamo qua, ed è imperdibile. Se non bastasse, qualche settimana dopo, Ciampi è riapparso anche sotto altre vesti. In rete è sbucato Tre uomini e una donna, un filmato d'archivio della Rai del 1976 in cui Ciampi, Paolo Conte, Renzo Zenobi e Nada insieme in uno show live andato in onda in tarda notte, di cui si era persa ogni traccia. Un gioiello inestimabile della canzone italiana che sta anche qua sotto nel video. 

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L'articolo 2022: i 100 nomi dell'anno della musica italiana di Dario Falcini è apparso su Rockit.it il 2022-12-30 09:03:00

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