2022: i 100 nomi dell'anno della musica italiana (pagina 5)

Dagli Ada Oda a Yendry, passando per Verdena, Marracash e altri 96 nomi più o meno noti. Quelli che, nel bene e nel male, hanno segnato il 2022. Un'antologia completa e a tratti crudele di chi abbiamo ascoltato, e quindi in fondo di chi siamo stati, nei 12 mesi ormai in archivio

Artwork di Giulia Cortinovis
Artwork di Giulia Cortinovis

Indennità di discontinuità

Questo non è un artista e neppure una band, seppur una certa wave anni '80 potrebbe aver fatto un pensiero a un nome del genere. Eppure è stata la cosa più importante tra quelle capitate alla musica italiana – inteso come persone che la rendono possibile, settore se preferite – negli ultimi mesi. Un po' di riassunto. Dopo anni di confronti e "scontri", e di informalità selvaggia per tutti coloro che lavorano nella musica dal vivo, in estate avevamo festeggiato un provvedimento storico, che dava dignità e tutele a un settore dimenticato. Era l'indennità di discontinuità, in pratica il riconoscimento di un reddito anche durante i mesi di preparazione di un evento e non solo durante lo svolgimento. Non si trattava di un contentino dopo le mazzate in testa della pandemia, che hanno raso al suolo due "stagioni concertistiche" fuori dai circuiti più alti, ma il frutto di un'incessante lavoro dal basso dentro e fuori le istituzioni di una parte del mondo degli spettacoli. Solo che poi il governo si è dimenticato di nuovo del settore nella legge di Bilancio, fatta in fretta e furia per salvare la baracca ed evitare l'esercizio provvisorio. Infine il 21 dicembre la commissione Bilancio della Camera ha approvato l’emendamento a copertura della misura prevista dalla legge delega in materia di Spettacolo, del 15 luglio 2022, che accorda l’indennità di discontinuità ai lavoratori dello spettacolo. Servivano almeno 150 milioni, e tanti erano stati promessi, per ora ne sono stati accordati 100.

Gomma

Zombie Cowboys, arrivato a inizio 2023, è il terzo album in studio della band campana, giunto a coronamento di un percorso di singoli iniziato il maggio precedente. Il disco è una raccolta di 12 tracce scritte durante il periodo di lockdown, in cui certe sonorità del Sud degli Stati Uniti, rivisitate in chiave post-punk diventano "una metafora della volontà di abbattimento del sistema economico e politico sviluppato dai paesi occidentali e dello stravolgimento culturale determinato dalla sua struttura". Ilaria e compagni sono stati un piccolo choc benevolo nella scena asfittica degli "schitarratori" di casa nostra. Le asperità, la volontà di disturbo che li avevano caratterizzati finora sono diventate almeno in parte altro, una propensione quasi cinematografica. Ad alcuni piacerà, altri avranno da ridire. È la vita. Ma "diventare adulti" cercando la propria strada non è solo legittimo, è la cosa più sana del mondo. 

Francesco Guccini

Fuori subito la confessione imbarazzante: io il nuovo disco di Francesco Guccini non l'ho sentito. E parliamo di un artista che per storia personale, anzi familiare, ho venerato come forse nessun altro. Ma non l'ho sentito. Canzoni da intorto è uscito verso fine anno, solo in disco fisico. Il perché lo ha spiegato lui con la sua sincerità tipica e disarmante: "Non so cos'è lo streaming, canto con gli amici", ha detto. Non pare naivete compiaciuta. La sensazione di non poter ascoltare un disco appena uscito, oltretutto il ritorno di un autentico mito, è stata una vertigine, qualcosa che non si pensava più di poter provare. Tanto che alla fine ho deciso di non provare nemmeno ad aggirare il problema, e farmi passare l'ascolto approfittando del mio status. Va bene così. Pochi giorno dopo una notizia mi ha fatto ridere di gioia: il disco del Maestrone é certificato disco d'oro, solo con le copie fisiche. Esattamente come i rapper, che per un disco d'oro mettono al lavoro dieci social media manager e tre grafici e gridano al trionfo, al "disco di culto". Con una manciata di canti anarchici e partigiani, rimettendosi davanti a un microfono per il piacere di farsi una cantata, Guccini ha svelato il paradosso di un mercato fatto di effimero, annunci e polvere sotto i tappeti. Ha "venduto" – la farsa sta tutta in questa parola – come gli artisti più hot del periodo, ma a differenza loro ha fatturato davvero.
Ps, non ho lettore cd, ma prima o poi comprerò sicuramente il vinile del disco: vamos verso il Platino!

Matteo Guarnaccia

Ahime in questa lista di grandi che se ne vanno ce ne sono sempre, altri ne troveremo in seguito. Qui è dove celebriamo un autentico genio della psichedelia. L'artista milanese è morto a 67 anni, ma la sua vita è stata un grande viaggio, anzi un viaggione. Agitprop sin dagli anni '70, è stato uno studioso della cultura hippy e della beat generation e più in generale delle controculture, oltre che un disegnatore illuminante, un designer di rango. Tra le altre cose ha disegnato delle grandi copertine di dischi, dalla fase Peace and Love dei Timoria al Castello di Kafka sotto allucinogeni. Le più belle le trovate qua.

Hardcore Fest Venezia

Non sono un tipo che si faccia prendere facilmente da FOMO, a casa sto molto bene. Eppure c'è una serata che ogni anno che non ci vado e poi vedo le foto, rosico molto. È l'Hardcore Fest di Venezia, diventato un appuntamento fondamentale di questo circuito più vivo e attivo che mai. L'ultima edizione è stata a fine settembre al CSA Marghera, dopo due anni di stop, con grandi punk band internazionali e local heroes come Klasse Kriminale o i ritrovati Arsenico. Sudore, vene di fuori, eccitazione e crederci molto: negli scatti e nei video dell'evento ritrovo tutto ciò che amo nei documentari musicali sulle scene del passato. E invece è oggi e qui, in un posto vicino e bellissimo. Da qui l'invidia, e la voglia di non mancare la prossima volta.

video frame placeholder

Il dome, Wollas, Milion$, Elisa

Questa è la storia che più mi è pesato raccontare quest'anno, e allo stesso tempo quella cui maggiormente mi sono affezionato (grazie a Valerio Millefoglie per averla portata alla mia conoscenza). Perché è una storia di dolore straziante e che non può essere accettata, ma al contempo è la storia di un gruppo di genitori che non rinunciano a continuare ad amare i propri figli, morti in un incidente stradale nel piacentino, e a volerli scoprire. Per farlo, persi per sempre e pur nella consapevolezza che quel vuoto non si potrà mai colmare, si mettono a indagare la loro grande passione: la musica rap. E finiscono per diventare "editori" dei loro ragazzi, pubblicando il disco su cui lavoravano da tempo e che la tragedia non gli ha permesso di condividere con tutti. Mi farebbe davvero piacere se leggeste questo articolo, e soprattutto deste un ascolto alle canzoni di Dome e di Milion$ e alle produzioni di Wollas.

video frame placeholder

Inoki e Shocca

Non è vero che ho rosicato solo per non essere andato tra skin & punk in Laguna, mi sono perso (perché avevo segnato il giorno sbagliato in calendario, fanculo) anche il release party di 4 Mani al Barrios nel quartiere Barona di Milano (dove il "nomade" Fabiano è di casa, come in molte parti d'Italia). Mi hanno detto che è stato bello hardcore anche questo, con le barre sputate dal palco e i fumogeni nelle mani all'esterno, sotto l'iconico fungo atomico di piazza delle Donne partigiane. Inoki e Shocca sono pionieri del rap italiano, portatori sani e integerrimi di una cultura che un po' è stata sputtanata, ma che nelle mani giuste ritrova tutta la sua energia di liberazione. I due hanno firmato assieme, come mc e beatmaker, un pezzo iconico come Bolo by Night e poi Veterano, la miglior traccia di Medioego, il ritorno di Inoki per Asian Fake. Che abbiano avuto voglia di mettersi a fare un progetto così sfacciatamente vecchia scuola, 7 tracce di puro rap, è qualcosa che piglia molto bene. 

Jovanotti

Qua un paragrafetto non può bastare, per dirimere quello che è stato il "caso" dell'estate nella musica italiana, fonte di un scontro dialettico accesissimo e di una polarizzazione fin eccessiva. Oggetto del contendere, per la seconda estate non consecutiva, il Jova Beach Party, il tour/festival di Lorenzo Cherubini sulle spiagge delle regioni italiane. Che orrore citarmi, ma lo ho scritto tra i primi, quando in tanti non parevano avere intenzione o coraggio di far (ri)partire l'"attacco" all'evento: questo tour per me non s'aveva da fare. Non metto in dubbio la buona fede di Jovanotti (e la bontà delle scelte artistiche), di Trident, del WWF che lo appoggia, non metto in dubbio che i live siano "controllatissimi" e il loro impatto ambientale sia nella norma. Ma fosse anche solo una questione di messaggio politico, in questo momento storico, con il tema ambientale su cui si decide (letteralmente) il nostro futuro, be' per me era meglio di no. Non così, non con migliaia di persone. Allo stesso tempo Jovanotti ha un merito grande: con la sua iniziativa ha messo a nudo la mancanza cronica di luoghi per la musica dal vivo in Italia.

Carmelo La Bionda

Era metà dei La Bionda ed è morto il 5 novembre nella sua casa a San Donato, a Milano. Era nato nel 1949 a Ramacca, in provincia di Catania, ma presto era diventato milanese, anzi milanesissimo. Con suo fratello Michelangelo ha scritto la storia della Italo Disco, uno dei quei momenti, per non dire movimenti, in cui il nostro Paese è stato davvero all'avanguardia nel mondo. La loro storia è una storia di musica unica. Cresciuti in una zona popolare, Corvetto, aveva cominciato a scrivere canzoni nel 1970, arrivando presto a scrivere per grandi come Lauzi e Mia Martini o Vanoni. Suonano anche alla grande, e finisco in un disco di De Andrè. Ma la loro visione è più ampia per vocazione e finiscono in Germania, dove tra la fine degli anni 70 e i primi 80 affinano l'arte della disco, trovando una via italiana per proporla. Hanno portato alla ribalta nazionale Amanda Lear e scoperto i Righeira. Hanno incendiato i dancefloor di tutta Europa con le loro hit. Ma non solo, nei loro Logic Studios a Milano, si è fatta la storia della musica contemporanea. Lì è stato registrato Violator, album capolavoro dei Depeche Mode, che contiene Personal Jesus

La Sad

Quando li ho visti e sentiti per la prima volta, dire che ero perplesso è poco. Il loro emo punk, o come che lo vogliate definire, mi è sembrato una cosa davvero fake, improponibili esteticamente e irrilevanti musicalmente. La mia idea non è cambiata del tutto. Ma con il tempo sono riuscito a mettere un po' di cose al loro posto. Per farlo è stato fondamentale vederli live (non ero solo): ricordo la polvere e il "gaso" (per altro intergenerazionale) del pubblico. Mi è sembrato il mio e il nostro di tanto tempo fa. Ogni tempo ha i suoi interpreti, ma certe esigenze e "vocazioni" rimangono ed è fondamentale che ci sia qualcuno a rappresentarle. Il pop punk oggi non è di certo il tipo di musica che vorrei, la sottocultura che mi aveva fatto sentire importante e aveva aiutato a definirmi ormai troppo tempo fa. Ma è un'onda che muove le cose. Magari non starò "nella sieeeeed", ma la prossima volta che passano in città torno a farmi due salti. 

video frame placeholder

(Continua nella pagina successiva)

4 5 6 7 8

---
L'articolo 2022: i 100 nomi dell'anno della musica italiana di Dario Falcini è apparso su Rockit.it il 2022-12-30 09:03:00

COMMENTI (2)

Aggiungi un commento Cita l'autore avvisami se ci sono nuovi messaggi in questa discussione Invia