Gato Tomato
Di questo personaggio dal volto coperto da una maschera come il suo idolo, MF DOOM, non si sa granché. Il suo moniker è Gato Tomato e bazzica la scena milanese da circa un decennio, ma solo negli ultimi tempi ha iniziato a fare capolino fuori dal sottobosco. E l'ha fatto in grande stile: debutto live a MI AMI e un primo disco diviso in due parti con le produzioni affidate a Crookers, non esattamente l'ultimo arrivato, dal titolo di Antenne. Un album che ci è piaciuto parecchio, una sorta di tragicommedia in musica che passa dall’elettro pop a Jannacci: ci è voluto dal tempo, ma con questo biglietto da visita la scena può solo che ringraziare.
Geolier
La polemica è arrivata puntuale come avevamo previsto. Quanti si sono indignati alla vista della vittoria della serata delle cover da parte di Geolier, affiancato dal tridente Guè-Luchè-Gigi D'Alessio, dopo che su quello stesso palco Angelina Mango aveva portato la sua versione (meravigliosa) di La rondine? Avvilente il teatrino avvenuto poi sui social, con le accuse di truffa e di record di telefoni comprati a Napoli per far vincere il suo figlio prediletto. Discorsi senza senso fatti da chi non ha idea delle dimensioni assurde che ha un rapper come Geolier, che anche in questo anno ha dimostrato di essere uno dei più forti della scena: un nuovo disco, Dio lo sa, dove la parte dimenticabile sono proprio i brani dove non è lui da solo al mic, la partecipazione come giudice a Nuova scena, le date trionfali al Maradona quest'estate sono solo alcune delle conferme di che fuoriclasse sia. Che i parrucconi in platea all'Ariston se ne facciano una ragione.
Ghali
E sempre a Sanremo rimaniamo, per parlare di uno di quei pochi artisti che ha avuto il coraggio di sfruttare questa possibilità di parlare a così tante persone per mandare un messaggio, forte, necessario e inequivocabile. Il suo era lungo appena tre parole, ma più che sufficienti: "Stop al genocidio", e c'è ancora chi ha da ridire sull'utilizzo di quest'ultimo termine per descrivere il massacro che ormai da più di anno viene portato avanti a Gaza. Per fortuna qualcuno ha voluto prendere il microfono per ricordarcelo, in mezzo alle papaline e ai saluti a zia Mara: perché è sacrosanto viversi il festival con leggerezza, ma avere una voce in mezzo a ricordarci dell'orrore che in una qualche forma stiamo anche noi, come blocco occidentale, sostenendo è fondamentale.
Giardini di Mirò
"Ora, mentre decidiamo di sospendere le attività (sì, lo stiamo facendo sul serio), ci sembra che, a quanto pare, qualcosa di bello lo abbiamo fatto". Queste parole arrivano nel mezzo del breve messaggio con cui i Giardini di Mirò hanno annunciato la sospensione delle attività della band, come messe lì, appoggiate distrattamente, alla faccia dell'understatement: sia per come la notizia ci arriva di soppiatto, sia perché di cose belle ne hanno fatte eccome nella loro carriera. A cominciare da quel quadrato arancione che risponde al nome di Rise and Fall of Academic Drifting, oggetto del desiderio che per qualcuno sembrava introvabile, fino alla sua tanto agognata conquista e a un primo ascolto che ancora riempie la testa. Grazie per queste emozioni.
Giuse the Lizia
Non è un caso se ci troviamo a parlare così spesso di Giuse. Il fatto è che, in questi tempi di overdose musicale, dove è difficile non farsi sommergere dalla quantità mastodontica di uscite, lui è uno di quelli che riesce a essere prolifico senza mai stroppiare, anzi, naviga su questo oceano che è un piacere. E lo fa con la semplicità (per modo di dire) di raccontare la sua generazione come forse nessun suo coetaneo riesce a fare: canzoni pop dritte, sfacciate, ma anche molto intime e profonde, di quelle in cui è facile ritrovare un frammento di sé anche quando gli interlocutori principali sono altri. Ascoltare il suo ultimo disco, Internet, non vi darà tutte le risposte per capire i ventenni di oggi, ma vi aiuterà a farvi le domande giuste.
Goller Ruth
Nella grande età d'oro che il jazz britannico ha avuto negli ultimi anni pesa non poco la mano di un talento nostrano, anche se ben mimetizzato nella scena londinese. A cominciare dal nome, che non lascia intendere grosse parentele con il panorama italiano: Ruth Goller. Ruth viene da Bressanone, ma da 25 anni vive a Londra, dove collabora con Alabaster DePlume, Shabaka Hutchings e Tom Skinner, per fare qualche nome. Ah, ha pure diviso il palco con un collega bassista che forse conoscete: Paul McCartney. Noi ci avevamo parlato qualche mese fa, in vista delle sue date italiane con il disco solista, bellissimo e mattissimo, Skyllumina. Assolutamente da recuperare, lo dice anche il Guardian.
Hacienda
15 anni devono essere passati davvero lentamente per chi, nel 2009, non aspettava altro che la data degli Oasis agli I-Days di Milano, salvo vedersela sfumare sotto gli occhi di fronte al litigio dei fratelli Gallagher avvenuto pochi giorni prima a Parigi, che aveva segnato la fine della band fino all'insperata reunion di pochi mesi. A salire su quel palco, tra gli altri, furono invece The Hacienda, unica band italiana in cartellone e con un discreto debito verso i Gallagher, vista la passione del frontman Alessandro Gianferrara per il gruppo di Manchester. Ed è attraverso le sue parole che abbiamo ripercorso quell'incredibile giornata del 2009, oltre alla isteria collettiva che ha creato questo improbabile ritorno.
Iosonouncane
Jacopo Incani, alias Iosonouncane, è uno di quegli artisti che in questa lista dovremmo mettere ogni anno (e probabilmente l'abbiamo pure fatto). Il motivo è semplice: artisti come lui si contano davvero sulle dita di una mano, e per quanto lui si sforzi per essere il più nascosto possibile, noi non possiamo fare a meno di puntare la nostra piccola torcia nella sua direzione quando pubblica qualcosa di nuovo. Che questa volta è la colonna sonora di un film (Berlinguer - la grande ambizione, con protagonista Elio Germano nei panni del segretario del PCI) come primo volume di Il suono attraversato, collana dedicata alle musiche scritte da lui in questi anni per cinema e teatro. Tutto meraviglioso, ma ci assumiamo l'ingrato compito di portare la mozione di chi è da anni che vuole sentire Stormicantata con tutto il fiato in gola: l'anno prossimo è il decennale di DIE, magari si può fare un pensierino...
Irbis
Due anni fa, la casa dove Martino Consigli - aka Irbis - viveva è andata a fuoco, portandosi via quasi tutto quello che c'era al suo interno. Difficile immaginare lo shock di fronte a un'esperienza simile, che Irbis ha elaborato nell'unica maniera possibile: scrivendo. Così è nato Lacrime e cemento, uno dei nostri dischi preferiti del 2024, così è nata Preghiera, la nostra canzone dell'anno: le parole di Martino si dimenano in modo sguaiato tra gli elementi urban, l’anima rap e i vezzi art pop della sua musica. La capacità di fare di un trauma l'innesco di un processo creativo è esattamente ciò che l'arte dovrebbe fare, e in questo caso l'abbiamo visto e sentito davvero.
Kid Yugi
Nel 2024 come si fa a riconoscere un grande disco rap? Cosa deve avere l'hip-hop contemporaneo per sfuggire dallo spettro dell'auto-citazionismo, della parodia involontaria, della noia e della saturazione? Ce lo spiega per filo e per segno Kid Yugi, classe 2001, from Massafra (TA) col suo album I nomi del diavolo: un concept album sul male in 14 tracce, in cui il 23enne infila tutto quello che i colleghi ormai - salvo qualche eccezione non trascurabile - non fanno più. Citazioni, liriche eccelse, politica (vedi l'Ilva), coraggio ed emozioni che fanno sembrare questo ragazzo giovanissimo un veterano della scena.
(Continua nella pagina successiva)
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L'articolo 2024: i 100 nomi dell'anno della musica italiana di V. Comand, D. Falcini è apparso su Rockit.it il 2024-12-30 10:28:00
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