2024: i 100 nomi dell'anno della musica italiana (pagina 6)

Nel bene e nel male, con grandi dischi e capodanni rinviati, dissing, feat. internazionali e – ahinoi – pure lutti, ecco le donne, gli uomini e le band che hanno segnato questo 2024 della musica italiana

Grafiche di Beatrice Arrate
Grafiche di Beatrice Arrate

La Gente

I La gente vengono da Vicenza e hanno un legame strettissimo con il nome appena successivo, così come con tutta la scena locale. Merito del frontman, Elia, e del suo studio di registrazione, Il Baito, dove numerosi musicisti veneti e non gravitano per registrare i loro dischi. Sono un animale davvero strano: fanno un rock alternative con venature folk, qualcosa che detto così sembra totalmente anacronistico. Ecco, invece dategli un ascolto, o, ancora meglio, andate a vederli dal vivo, come abbiamo avuto la fortuna di fare noi durante l'edizione di quest'anno del contest Palchibelli: troverete una band compattissima e un sound magnetico, che rivendica un mondo musicale che forse ci eravamo dimenticati di quanto potesse essere davvero figo.

La Rappresentante di Lista

Quanto è prezioso il lavoro fatto da Dario e Veronica, ossia La Rappresentante di Lista, al servizio del pop italiano negli ultimi anni è davvero notevole. Aprirsi al mainstream senza mai perdere la propria anima, mettere la cura e la qualità al primo posto, scrivere brani che sanno parlare un linguaggio comprensibile a chiunque, ma mantenendo sempre l'asticella alta. Lo conferma ancora Giorni felici, il primo disco dopo il trionfo nazionalpopolare di Ciao ciao, che più di tutto sembra dichiarare: fare pop "alto" si può, eccome.

Lamante

C'era qualcosa di Giorgia Pietribiasi in arte Lamante che ci aveva colpito fin dal nostro primo incontro con lei, in un afoso settembre dell'anno scorso. Sapevamo che c'era del talento cristallino, una vita travagliata, un bisogno estremo di raccontarsi e mettere sul tavolo tutto ciò che le ribolliva dentro. Che potesse arrivare con quella forza, brutale, poetica, magnetica, non l'avevamo ancora capito. In memoria di è un disco di debutto che si presenta come un epitaffio, a dimostrazione di quanto della vita di Giorgia scorra dentro questa manciata di canzoni che sanno essere furibonde e delicate al tempo stesso. Ci ha folgorato in ogni senso possibile, non potevamo che trovarla sulla vetta dei nostri album del 2024.

Lorenzza

Di questa ragazza giovanissima si è parlato davvero tantissimo (e anche abbastanza a sproposito), al punto che "Industry Plant" poteva sembrare il suo cognome. Il che è un peccato, perché tutta la polemica su chi ha investito quanto e come ha tolto spazio alla musica, e tanto basterebbe per spegnere in fretta tutte le chiacchiere intorno a questo progetto: il suo disco d'esordio, A Lorenzza, ci racconta la sua versione, quella di una ragazza che sembra aver toccato la sofferenza in tanti modi, e che ora vuole raccontarlo con un rap di altissima qualità. E che meriterebbe di farlo ancora a lungo.

Lucifero

Ce la ricordiamo benissimo la faccia da "machecazz..." che è emersa sul volto del pubblico del MI AMI quando si è trovata circondata da questo gruppo di musicisti in passamontagna armati di tamburi sbucati fuori da non si sa dove. Forse dal centro della terra stessa, come loro vogliono farci credere: si chiamano Lucifero e hanno voluto rivelare davvero poco, se non niente, di chi sono. Intanto i primi contatti con il nostro mondo sono arrivati, e sembra proprio che non saranno gli ultimi.

Mace

Potremmo semplicemente dargli le chiavi dell'industria discografica in toto e dirgli: "Senti, fai tu". Un po' è così: Mace passa mesi a trovare incastri, incrociare flussi, mettere insieme teste e voci diverse per vedere di nascosto l'effetto che fa, e poi ne viene fuori con dischi fenomenali, di pop cucito su misura come un abito da sartoria. Roba che nell'epoca del New Music Friday pare stregoneria. E invece per Mace sembra ordinaria amministrazione: come OBE tre anni fa, MAYA è un producer album come ce li sogniamo, che non si preoccupa di mischiare nomi noti con voci emergenti, di osare e non sbagliare praticamente mai. E che gli vuoi dire a uno così?

Mahmood

Non è riuscito nel 3 su 3 a Sanremo, ma non significa che non sia stato un anno stratosferico per Mahmood. La Tuta Gold sanremese ha fatto il suo bel giro di certificazioni a nastro, complice anche una coreografia iconica, ma la dimostrazione di quanto sia ormai un eroe nazionalpopolare sta nel vederlo presente in contesti diversissimi come la festa aziendale a San Siro di Deloitte e a quello che doveva essere il Capodanno al Circo Massimo a Roma, quest'ultimo da lui stesso balzato per la millantata "censura" nei confronti di Tony Effe (che, a dirla tutta, fa un po' ridere, visto che ha la possibilità di dire ben di più del consentito). Ma ci pensate che circa 6 anni fa c'era chi si indignava per la vittoria di Soldi? Sembrano passate almeno 4 vite.

Mango Angelina

Se il nepotismo in questo Paese è una tradizione difficile da estirpare come la corrida in Spagna, ad Angelina Mango c'è davvero ben poco che si può contestare per il suo essere "figlia di" Mango, da lei omaggiato con una cover di La rondine talmente intensa da aver contribuito non poco alla sua vittoria finale a Sanremo. Che è stata solo una parte del suo 2024, visto che la sua cumbia (anche se in realtà quella colombiana è un po' diversa) della noia era solo uno dei singoloni spacca-classifiche di quest'anno.  In generale, il suo disco Pokè melodrama ha fatto numeri vertiginosi, il brano Melodrama l'ha adattato anche in spagnolo, si è esibita all'Eurovision e alla Notte della Taranta, solo per citare alcune delle tappe di questa ragazza nel corso degli ultimi 12 mesi. È nata una stella.

Mapuche

Magari non il più conosciuto al grande pubblico, ma il nome di Mapuche è amatissimo dai musicisti, soprattutto da chi ha sempre fatto della ricerca e della creatività la propria cifra. Suo grande fan è il corregionale Colapesce, che nel 2012 aveva prodotto il suo disco L'uomo nudo. Da quel momento è seguita altra musica, con collaborazioni altrettanto importanti come quella con Cesare Basile. Sempre seguendo i propri ritmi e il proprio istinto artistico. Quest'anno è tornato con Non chiamarli mostri, disco che si "concentra sulla depressione e sulla difficoltà di venirne fuori, sull’alienazione dal mondo circostante, l’incapacità di avere relazioni 'normali' e su una costante e costretta fiducia nei cosiddetti mostri". Con l'irrinunciabile piglio lo fi che lo contraddistingue a dargli quell'imperfezione tutta umana che lo rende un piccolo culto per appassionati.

Marracash

Ormai non ci si può distrarre neanche sotto Natale. Va anche detto che Marra ci ha abituato a uscire sul finire dell'anno, forse proprio per scombinare un po' il momento dell'anno in cui si tirano le fila, ma uscire a sorpresa con un disco alle 7:30 di mattina era un tiro che ancora non ci aveva giocato. Poco male, visto (e qua c'è ben poco di cui essere sorpresi) l'album È finita la pace è diventato subito uno dei nostri dischi preferiti dell'anno: un bello sberlone dei suoi, che racconta il nostro tempo come nessun altro riesce, almeno da queste parti.

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L'articolo 2024: i 100 nomi dell'anno della musica italiana di V. Comand, D. Falcini è apparso su Rockit.it il 2024-12-30 10:28:00

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