10. Anna and Vulkan – Scurò
Anna and Vulkan è un po’ come il Napoli di Antonio Conte. Rifugge gli svolazzi, qualche inutile barocchismo in chiave estetica, e si rivolge diretta all’obiettivo, nettamente, senza troppe storie. Scurò è una ballad crepuscolare, acustica e struggente, che in poco più di due minuti dipinge il momento di passaggio tra il tramonto e la notte, parlando della paura che può fare il silenzio, anche in riva al mare, anche cullati da questa chitarra, da questa grazia inaspettata.
9. Ada Oda – Sotto la conchiglia
Cosa si nasconde sotto la conchiglia? Nessuna perla, nessun piccolo tesoro, soltanto una gelosia dilagante che non vede l’ora di esplodere. C'è qualcosa di folgorante negli Ada Oda, band belga che canta in un italiano spigoloso di cui siamo ormai innamorati da qualche tempo. Sotto la conchiglia è un brano che ha le lacrime agli occhi, che mette in scena quell’esatto momento in cui sopprimiamo ogni emozione negativa che ci attraversa. Quel “mantengo la calma” cantato come un autoconvincimento a cui Victoria non sembra davvero credere, quel suono secchissimo delle chitarre che intessono riff ossessivi, quel post-punk mitteleuropeo che usa la lingua italiana meglio di (quasi) tutti.
8. Generic Animal, Marta del Grandi – Karaoke
Il featuring più sorprendente, ma da un certo punto di vista anche più giusto, del 2024 arriva da due artisti che amiamo da tempo. Generic Animal e Marta del Grandi sembravano separati da molte cose, prima di tutto dalla lingua prediletta nella scrittura. E invece Karaoke ce li mostra in un incontro perfetto, perché le voci di Luca e Marta sono strumenti in perpetua evoluzione, come animali sempre pronti all’adattamento. Si adagiano alla perfezione su un arrangiamento scarnificato fino all’essenzialità, con una guida ritmica traballante e strumenti che suonano come giocattoli in una stanza di cristallo. Finchè arriva la strofa finale, “una corona stellata e un asino che vola”, e non ci resta che sognare.
7. Erlend Øye, La comitiva – For the Time Being
Erlend Øye è quell musicista che sembra avere sempre il consiglio giusto, la soluzione che ti permette di arrivare al cuore della tua espressività. Di certo è conscio di quello che ha bisogno la sua musica, per diventare sempre più matura, sempre più complessa e stratificata. Della sua avventura discografica con La comitiva, For the Time Being è senza dubbio il brano più bello, perché suona come una jam collettiva all’insegna del controllo, della giusta misura da raggiungere col massimo dello zelo. La voce di Erlend è rassicurante, e scorre su un tappeto di chitarra classica su cui si intessono i suoi inconfondibili riff.
6. Mace, Chiello, Coez – Ruggine
A proposito di chi gioca un campionato a parte, ecco che in Ruggine vediamo condensarsi tre grandi anime del nostro pop: la dolcezza del cantato di Chiello, con le sue note di disperazione, lo stile spietato di Coez e la mano magica del già citato Mace, il Re Mida della nostra musica. Ruggine è un condensato di quello che la pop music dovrebbe essere nel 2024, accattivante e romantica, una perla di 180 secondi abbondanti dove le percussioni tirano al massimo i bpm, lasciando tra una strofa e l’altra il tempo del respiro, mentre si canta di un amore che porta alla distruzione di sè.
5. Psicologi – Croce
Un ponte ideale col passato, un continuo rimando di periodi passati, momenti difficili, e soprattutto una sfilza di persone che passano in continuazione tra la bocca di Drast e Kaneki come in un album fotografico da sfogliare. Croce è un brano che veste alla perfezione i panni della wave “conscious” – termine che nel rap è usato a sproposito -, perché gli Psicolgi sembrano aver semplicemente aperto i rubinetti della memoria per cantare il tempo che passa e cambia le cose, senza che nessuno possa dimenticarsi di nulla. C’è tanto lavoro dietro un pezzo del genere, c’è la somma d itutte le esperienze che questi due ragazzi hanno fatto dal 2019 ad oggi, c’è la momentanea sublimazione del loro ruolo di bardi da strada per la loro generazione.
4. Neoprimitivi – Sul globo d’argento
Sul globo d’argento non è un album, ma nemmeno un singolo, o una semplice canzone. Si tratta di un brano fatto di cinque movimenti, dalla durata mastodontica, che richiama i fasti del prog anni ‘70 – quasi 21 minuti -, frutto del lavoro magistrale del collettivo romano Neoprimitivi. Hanno meno di trent’anni, si definiscono “krautpostpunksampler”, e alternano sperimentalismo assoluto a cavalcate psichedeliche, per poi lanciarsi alla deriva in lunghissimi momenti di primordialità punk che ricordano i deliri dei migliori Velvet Underground. Un debutto folgorante, una provocazione al mercato fatta nella migliore maniera possibile: suonando da dio.
3. Lucio Corsi – Tu sei il mattino
Lucio Corsi è definitivamente diventato grande, perché la sua musica è sempre più un distillato di grande eleganza, perché commuove in un modo che nessun altro sa fare, perché parla delle prime volte della vita con una profondità disarmante. Tu sei il mattino è l’unico brano che Lucio ha pubblicato nel 2024, è stata scritta col grande Tommaso Ottomano ed è stata colonna sonora nella terza stagione di Vita da Carlo, serie del maestro Carlo Verdone. Un racconto che mescola l’eccitazione e la paura che l’adolescenza porta con sé, tra il sogno di una vita ancora non vissuta appieno e la poesia degli errori da compiere. Più che una canzone è l’invito a non farsi trovare dal mondo quando non ce n’è bisogno, per trovare la nostra porta su marte.
2. Mahmood – RA TA TA
Mahnood è stato probabilmente il vincitore morale dell’ultimo Sanremo, ha fatto cantare - e soprattutto ballare - tutta Italia con un brano superlativo. Ma il secondo gradino del nostro podio non è riservato a tute dai colori sgargianti, bensì alla traccia che apre il terzo disco di Mahmood, RA TA TA, brano tanto breve quanto efficace nel mescolare tutto il meglio che l’urban abbia da offrire nel mondo: melodie avvolgenti, ritmiche di derivazione reggaeton, e uno storytelling allucinante. RA TA TA si snoda tra difficoltà della vita di periferia, di un’infanzia che si scontra contro la crudezza della realtà, raccontata a suon di immagini semplicemente bellissime: “Mai visto i tropici / solo condomini senza camicia / con la katana”.
1. Irbis - Preghiera
La musica è un rituale, avvicina le persone in comunità, crea soprattutto dimensioni spirituali di diverse qualità. La nostra classifica si chiude con la preghiera di un ragazzo (rivolta ad una metaforica madre), che chiede di intercedere “per tutto l’odio che è in noi, per tutto il vuoto dentro”. Il canto di Irbis è quello degli ultimi, una dedica al quartiere in cui questo ragazzo è cresciuto, all’asfalto che ha sentito le sue prime note cantate e scritte, dove l’odio ha iniziato, poco alla volta, a trasformarsi in oro, perchè ha riunito i frammenti di una comunità sotto una sola comunità, resa pulsante e viva in questa canzone meravigliosa.Il nostro 2024 si chiude così, cantando a ripetizione questo gospel che dalla strada riesce finalmente a salire verso il cielo.
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L'articolo Le 50 canzoni più belle del 2024 di V. Comand, D. Falcini, G. Vollaro è apparso su Rockit.it il 2024-12-23 09:33:00
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