I 50 dischi più belli del 2024 (pagina 5)

L’anno in cui il mondo scoprì l’industry plant. L’anno in cui tutti i bambini hanno ripetuto ossessivamente la parola “sesso”. L’ennesimo anno di polemiche a Sanremo. E, per fortuna, l’anno in cui sono usciti dei bei dischi italiani. Questi, per noi, sono i migliori

Grafiche di Beatrice Arrate
Grafiche di Beatrice Arrate

10. Vasco Brondi - Un segno di vita

La via verso il kolossal pop sta portando Vasco Brondi a una consapevolezza maggiore dei suoi mezzi come autore, in senso molto largo. La squadra al lavoro dietro il suo secondo disco col nuovo nome è di primissimo livello, e creano una contaminazione necessaria, così come è perfetto il sound lavorato in primis da Taketo Gohara e Federico Dragogna. Un segno di vita è un album che suona come un classico, mentre si cantano le piccole apocalissi di un mondo che dovrebbe reimparare l’arte dell’ascolto profondo.

9. Club Dogo - Club Dogo

Per chi lo hanno fatto, per i soldi o per lo show? O semplicemente per il loro popolo di cani a tre teste che attendeva da dieci anni una reunion? Poco importa in realtà, perché il nuovo – e totalmente inaspettato – nuovo disco dei Club Dogo è diventato il simbolo di cosa significhi colmare il vuoto di un’assenza. Un lavoro che rifiuta l’effetto nostalgia, ma che afferma nuovamente lo status assoluto di questi tre mostri sacri, perfetti nel flow, misurati al millimetro come il vero rap comanda, e come spesso ci si dimentica. Jake, Guè e Joe sono nati per questo.

8. Irbis - Lacrime e cemento

La bellezza del percorso che ha portato Irbis a questo grande disco è stato il continuo lavorio di rifinitura, pezzo dopo pezzo, per raggiungere una forma che mescolasse alla perfezione gli elementi urban, l’anima rap e i vezzi art pop di questo ragazzone dal talento smisurato. Per questo Lacrime e cemento è per noi il coronamento più felice di questi sei anni, trascorsi sempre con almeno un paio di brani di Irbis nelle nostre personali playlist. La penna di Martino si dimena in modo sguaiato, le produzioni di Ceri e Colombre rendono tutto molto prezioso, e il risultato non può essere che questo: il disco delle teste matte.

7. Mamma - Istinto della luce

Ci sono dischi che ci costringono a fare i conti con il nostro senso di inadeguatezza, che ci mettono con le spalle al muro perché nella voce che li anima alberga una sofferenza troppo profonda, che traducendosi in musica fa un male bestiale. Il disco d’esordio di Mamma,Istinto alla luce, arrivato come un fulmine alla fine del 2024, è un manifesto di anarchia come scelta di vita artistica. Non segue alcuna regola di produzione, partendo dalla natura da rapper del suo autore fa a cazzotti con tutti i generi musicali che incontra. Una lunga sessione di improvvisazione a cura di un’anima selvaggia, una delle scoperte più sorprendenti dell’anno.

6. Post Nebbia - Pista nera

Dopo il concept sulla tv, dopo il concept sulla religione, i Post Nebbia hanno chiuso questa ipotetica trilogia con il capitolo più pazzoide, il concept sul collasso climatico.Pista Nera è una favola ecologista violenta e spregiudicata, dove i toni della narrazione giocano con metafore cromatiche e toccano vette da cartoon anni ’90, mentre la struttura sonora ideata da Carlo Corbellini prende derive acide e schizoidi. Non è la prima volta che i ragazzi di Padova ci colgono alla sprovvista, ma stavolta lo spiazzamento è totale, mentre si viaggia a bordo di questo gatto delle nevi che tritura tutto.

5. Mace - MĀYĀ

Già da qualche tempo a questa parte si sente ripetere “questo è l’anno di Mace”. Lo era stato il 2019 per lo sbocciare del sodalizio con Venerus, lo era stato il 2021 per l’uscita di OBE, lo è per forza di cose anche il 2024. MĀYĀ è un disco sterminato, senza limiti, che sembra scaturire da una seduta liberatoria di psicomagia. Intorno allo sciamano Mace tutto sembra prendere la forma migliore immaginabile, intorno a lui e al suo collettivo di musicisti si è riunito il conclave del pop italiano, per regalarci uno dei dischi più belli dell’anno, che inizia con la voce di Joan Thiele e si chiude con un ambient trip di quelli memorabili.

4. Marracash - È finita la pace

L’ultimo capitolo della trilogia delle persone di Marra si chiude con un Happy End, l’ennesimo pezzo enorme di una saga che ha ridefinito i canoni del genere in Italia, portando il rap a una “età adulta” quanto mai necessaria. È finita la pace è uscito senza promo e senza feat., a sorpresa, perché Marracash ha lo status per farlo e non gliene frega più nulla di non farlo. Nessun altro oggi è in grado di fotografare i tempi che viviamo come l’artista milanese, affermare (non a caso a volte il suo rap diventa puro parlato) che siamo nella merda fino al collo senza risultare mai lamentoso o in cerca di attenzioni. Un disco che ne ha per tutti perché in questa situazione ci siamo cacciati da soli. Un disco politico, impegnato, attuale, ma che oltre a guardare al mondo, all’Italia, alla musica, a una dimensione collettiva insomma, va negli abissi della propria personalità, come è giusto e inevitabile fare a un certo punto della vita e della carriera. Accettare i limiti, ma smetterla di perdere tempo. Trovare un io per ricostruire un noi. E a tutte le altre cazzate diamo una grande sberla, per favore.

 3. Coca Puma - Panorama Olivia

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In un anno di esordi da paura anche Coca Puma ha voluto prendere parte a questa festa, con un disco che ha l’odore delle giornate di primavera quando sta calando il sole e torna il freddo. Lei nasconde il viso dietro un cappello scuro da pioggia, e lascia che sia la sua musica a far trasparire le sue espressioni, la sua emotività. DentroPanorama Olivia si condensa tutto il talento di una cantautrice – e musicista – che passa dal soul più profondo ad attimi elettronici improvvisi senza battere ciglio. Facendo sembrare tutto così semplice, stando immobile davanti alla sua tastiera, Coca Puma è la dimostrazione che lo stile è una cosa che bisogna saper indossare.

2. Emma Nolde - NUOVOSPAZIOTEMPO

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La musica di Emma Nolde è sempre stata lo specchio della sua figura: slanciata ed elegante, capace di sorprendere per le sue movenze istintive. Ora a tutto questo si è aggiunta una rilassatezza nuova, la sensazione di un rilascio di tensioni di cui ha giovato innanzi tutto questo suo terzo disco, pop, nel senso più cristallino del termine. NUOVOSPAZIOTEMPO ci regala una Emma Nolde con gli occhi totalmente rivolti al pubblico, una grandissima autrice che ha imparato a mettere i filtri dell’universalità alle sue canzoni, sempre più comprensibili.

1. Lamante - In memoria di

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Abbiamo aperto con Vicenza, chiudiamo il cerchio tornando sempre in quella zona, dove negli ultimi tempi si è seminato un gran bene. Per l’ultima volta in questo 2024 ci si ritrova a parlare di quanto sia stato importante incontrare Lamante sul nostro percorso. Perché Lamante è un’artista da cui si impara un sacco, è una brava in modo esagerato. In memoria di è un disco enorme perché lavora insieme al tempo che passa, lo stesso tempo che gli ha permesso di maturare e raggiungere questa forma cristallizzata e definitiva. La biografia di una donna che urla il suo corpo, fa rumore col punk, commuove nelle ballate. Il canto di una musicista che quando sale sul palco diventa una furia, allucinante per la presenza scenica. Per l’ultima volta nel 2024 ringraziamo Lamante di tutto questo, mettendola in cima alla nostra classifica.

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L'articolo I 50 dischi più belli del 2024 di V. Comand, D. Falcini, G. Vollaro è apparso su Rockit.it il 2024-12-16 10:16:00

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