Scampia è una porta. A metà tra periferia e centro, tra paradiso e inferno. L’inizio della metropolitana che porta a un’area vastissima verso il Vomero, verso il centro, verso il mare. Scampia è anche il simbolo dello stato che ha dimenticato le periferie per troppo tempo, di un errore di sistema che ha costruito enormi complessi abitativi completamente sbagliati, bui, che spingono verso il lato oscuro delle contraddizioni della città di Napoli. Quelle Vele che sono diventate simbolo di una cinematografia che ha raccontato quei lati oscuri. Camminandoci in mezzo, puoi leggere scritte come “Scampia non è Gomorra” o “Scampia non è un circo”, tra le insegne delle associazioni culturali e delle realtà che faticano sul territorio.
È proprio con questo sfondo che Red Bull ha voluto celebrare la cultura rap italiana con il primo evento live di 64 Bars. Il format in cui i rapper di casa nostra si mettono alla prova per 4 strofe senza ritornelli diventa un concerto con TY1 alla consolle ed Ernia, Madame, Guè Pequeno, Marracash, Fabri Fibra ad alternarsi sul palco. Con loro anche Geolier, figlio di questo territorio, di questo quartiere, tutt’altro che “nemo profeta in patria”. "Io non sono napoletano, io sono Napoli, sento per questo la pressione e la responsabilità di stare qua, ci sono i miei fratelli nel pubblico e nel backstage", ci dice Emanuele. "Loro amano l’idea: Fibra a Scampia, Marra a Scampia. Non amano i fari su Scampia. A volte vedo la gente venire qua e farsi la foto con le Vele e dico 'ma overo faje?'".
Accendere i riflettori su questa zona con una grande produzione, un bellissimo palco, trasformando in arena una piazza fortemente simbolica per la città, quella che prima era Piazza Giovanni Paolo II e ora è diventata Piazza Ciro Esposito, in onore del tifoso napoletano ucciso durante la finale di Coppa Italia 2014. Le Vele per il 64 Bars Live sono lo sfondo, l’ambientazione, così come è già stato per una parte importante della storia del rap italiano, proprio in un periodo di grandissimo splendore per la scena e per il genere. Oggi ci sono cinque artisti come headliner, ce ne sono altri ad aprire e altri ancora sparsi nel pubblico o nel backstage a rappresentare un movimento attivo ed unito.
Quando entriamo nell’area del concerto, DJ Wad di Radio Deejay sta rimarcando l’importanza storica della giornata per il rap italiano. Quella è ancora da vedere, ma intanto, l’inizio dei live ci dà un assaggio di quello che invece potrebbe essere il rap di domani: J Lord, napoletano di origini ghanesi, sa rappare dal vivo e anche cantare bene, guarda alla black music e non solo rap USA, punta in alto e ha le carte per farlo. Il suo set, però, per via dell’orario e della soglia d’attenzione pre-concerto del pubblico arriva un po’ depotenziato. Bene anche Vettosi, meno tecnico come rapper, ma che con la sua voce incredibile, la sua presenza fisica e le produzioni ineccepibili di Dat Boi Dee tiene banco per la mezz’ora successiva.
La piazza si riempie e il pubblico si scalda, invece, in prossimità del momento clou del 64 Bars Live: TY1 sale in consolle, dall’impianto esce una voce e tutti cercano un viso sul palco, in mezzo alla foresta di telefoni alzati. Invece Ernia è alla nostra destra, in una posizione rialzata della piazza, con una Vela illuminata alle spalle. Il suo 64 Barre apre il set ed esprime tutta la cifra del rapper più piacevolmente (e apparentemente) fuori contesto della serata: milanese DOC, flexa un vocabolario fuori dal comune per la scena è un tipo di rap più raffinato. Suo è anche il momento con le vibes più itpop, con Superclassico e Vivo.
Anche per Madame stessa formula: ingresso in scena fuori dal palco, sotto l’iconico colonnato della piazza, in mezzo ad una scenografia di lenzuoli stesi. Madame è il jolly della serata, non perché unica donna a salvare la situazione dal diventare uno showcase di rap e testosterone, ma per un fatto di pura versatilità artistica: il suo 64 Barre è un macigno senza filtri, Voce una gemma di pop autoriale contemporaneo, Marea un prezioso esempio di singolone estivo di spessore.
Dopo tanta freschezza è quasi strano sentire la voce di Fabri Fibra, che spunta dalla postazione a destra del palco e, uscendo da una cabina telefonica, consegna le sue 64 barre metareferenziali sull’importanza di “pesare le parole”. Il suo set condensa tutta la sua longevità artistica: ci sono i migliori momenti del Fibra più radiofonico degli ultimi anni, Propaganda con l’ospitata del napoletano Tropico, Stavo pensando a te, Stelle con Maurizio Carucci, vicino ad un classico come Dalla A alla Z. Esecuzione fedelissima per quello che giustamente TY1 introduce come un pezzo di storia del rap italiano, a segnalare che in tutti gli aspetti dell’evento Red Bull c’è un grosso impegno per connettere questa roba, con le diverse sfumature anagrafiche e musicali di un momento in cui il rap è la musica mainstream Italia, con le umili e gloriose origini dell’hip-hop dello stivale.
A proposito della storia del nostro rap, a portare alta la bandiera dopo Fibra tocca a Guè: il suo arrivo da una macchina sportiva davanti alla vela è uno screenshot che potrebbe entrare nel mito del Guercio. Per lui le 64 barre tropicali di Sarago con TY1 e quelle cupe prodotte da Shablo, poi una selezione dal suo ultimo decennio con Squalo, Il ragazzo d’oro e Chico con Rose Villain.
In un’altra città, il finale sarebbe toccato probabilmente a Marracash: il suo “papapapa-rtito con zero cash” da 64 barre di paura è il verso più iconico del progetto di Red Bull, e da quando compare davanti a un soundsystem illuminato Marra non si ferma un secondo, mettendo da parte l’aspetto più introspettivo della sua ultima produzione e pestando duro con Body Parts, Sport e Crudelia. Forse nessuno nella scena rap italiana ‘vive’ il palco e le rime come lui, che a momenti pare più vicino ad un Tyler, The Creator che ai suoi colleghi.
Il trono di stasera però tocca ovviamente a Geolier. Spunta accompagnato da una schiera di moto con le sue 64 barre che sono una dichiarazione d’appartenenza, seguite da una sola parola, “Napl”, e da un boato. L’esecuzione non è sempre perfetta, ma l’emozione di giocare in casa è tanta e questa potrebbe essere la serata che lo incorona come nuovo re del rap napoletano, tra una Topboy e una trionfale Pe' Secondigliano sparata a sorpresa, prima che le luci si spengano definitivamente.
Prima però è il momento di TY1, un po’ di riflettori per uno dei dj più rispettati in Italia, che però solo da qualche anno ha iniziato a prendersi lo spazio che meritava. Sentire nelle tracce le voci registrate dei rapper presenti al concerto è straniante, ma invece un breve momento dance e scratch, con un remix da urlo di Partenope di Liberato, è il giusto intermezzo prima che Infinity di Guru Josh si trasformi in una Love con Marra e Guè, per il momento bromance di cui avevamo bisogno.
Da lì parte un tag team di duetti, fuori uno e dentro un altro, due pezzi ciascuno a testa: Madame dimostra di saper tenere testa sul palco ai maschi alfa del rap, Geolier e Ernia portano la vera coesione interculturale sul palco, Guè insegna la storia con la strofa di Puro Bogotà a cappella. Molti pezzi sono chicche mai o quasi mai eseguite dal vivo, un grande momento di musica rappata bene, messa sul palco con stile e disinvoltura, in una cornice tecnica e artistica di livello.
Cornice forse è poco. Gli artisti sul palco non salutano mai Napoli, ma sempre Scampia: è il tempo di un'appartenenza alla periferia, non per distaccarsi dalla realtà ma per darle ulteriore dignità sociale. Il progetto “Napoli città della musica” del comune di Napoli vuole decentralizzare gli eventi e spostarli anche nelle zone periferiche, e Red Bull ha preso la forma più primordiale del rap e l’ha portata in mezzo ai palazzi, dov’è nata. Le 64 barre scritte per Red Bull, la parte più cruda dei set, vengono ambientate ai lati del palco, praticamente immerse nelle vele e nell’ambientazione urbana nel quartiere, che sia sulla rampa della piazza, sotto i portici , abbracciando l’intera piazza tra il maestoso palco centrale e le zone laterali per gli ingressi mozzafiato dei performer. Fuori dall’area transennata, centinaia di persone a guardare lo show dall’esterno, forze dell’ordine, un’atmosfera di una tranquillità estrema. "Io sono molto più tranquillo a Napoli che a Milano", dice Ernia. Una signora che scruta la folla dalle transenne in attesa che lo show inizi dice: "Tengono più paura dei rapper che dei camorristi: polizia, carabinieri, guardia di finanza, pompieri…e chi li ha visti mai tutti assieme qua".
La piazza è avvolta dalla scena, con le vele come colorata scenografia. Audio perfetto, luci potenti – spesso anche troppo, in alcuni momenti era difficile guardare il palco – e una produzione tecnica attenta ai dettagli. Le visual sugli schermi a raccontare le 64 barre con un lavoro certosino sui testi mostrati graficamente sulle immagini in diretta, senza mai perdere un colpo nonostante le barre siano velocissime. La piattaforma sopraelevata per DJ TY1, dj e maestro di cerimonie, i bagni di folla tra la strada e il palco, possibili momenti vuoti, sono emozionanti – soprattutto nella ripresa andata in streaming, per la regia di Cristian Biondani, il migliore regista televisivo in Italia di eventi dal vivo da almeno una ventina d’anni – perché rendono chiaro e lampante il legame tra i ragazzi nel pubblico e la musica che stanno ascoltando. I duetti sono accompagnati da grafiche ad hoc. Tutto giusto, tutto coerente, nulla sembra fuori luogo, come se Scampia fosse la giusta ambientazione per i grandi eventi, nulla stride. Non c’è la sensazione della cattedrale nel deserto, è il posto giusto per l’evento giusto, ed è un evento unico nel suo genere.
Ancora presto, però, per dire se il 64 bars live rimarrà nella storia del rap italiano. Sicuramente c’è che Red Bull è riuscita nella difficile impresa di portare dal vivo un format importante per gli ultimi anni di rap italiano e a farlo radunando cast eterogeneo e attento alla scena local, non in un palazzetto ma su un palco-installazione site specific. Con una scaletta nata intorno alla trasposizione in real life di un format video per rap cotto e mangiato, ma che è riuscita ad attraversare capisaldi dell’hip hop italiano, hit di Sanremo e tormentoni estivi, smargiassate gangsta, rap raffinato e drill di quartiere, tecnica e spontaneità, pop romantico e banger, periferia milanese e area nord di Napoli. La legacy dell’evento la scopriremo anche l’anno prossimo con la prossima edizione, probabilmente in una nuova location.
E intanto a Scampia cosa rimane? Se il rap esiste è perché esistono periferie come questa, ed è giusto che vengano celebrate da chi è figlio di quei quartieri, dei loro mezzi d’espressione, e dall’industria che lavora con questa musica. Così come è giusto che quartieri come questo, dove negli ultimi anni è cambiato tanto, vengano valorizzati; con serate come il concerto di Franco Ricciardi di qualche anno fa, o come questo maxi evento che, al prezzo di una temporanea privatizzazione della piazza e di un biglietto dal costo proporzionato ai contenuti proposti, hanno portato migliaia di giovani fuori dalle solite piazze di una città che vive ripiegata sul suo centro storico e che offre troppi pochi spazi e momenti alla musica dal vivo.
Sarebbe bello se poi, spenti i riflettori, ai quartieri che hanno dato tanto alla musica a livello di immaginario e creatività rimanesse qualcosa, al di là della possibilità per gli abitanti di lavorare nell’allestimento e per qualche gruppo di ragazzini di accedere a condizioni “informali”. Spetterebbe alle istituzioni assicurarsi che dietro questi eventi ci siano veri piani di valorizzazione, o un livello di dialogo, non sempre facile e che per questo va mediato con le realtà del territorio: come l’importantissimo centro Mammut, fisicamente compreso nello spazio della serata, e nel cui doposcuola sono passate tante figure legate alla scena musicale di Scampia e anche di questo live. Gira in effetti voce di un possibile finanziamento per uno skate park, qualcuno, e in particolare il rapper ‘O Iank in un post su Facebook, suggeriva l’idea bellissima di un centro musicale per dare ai ragazzi e alla ragazze del quartiere più strumenti per avvicinarsi alla musica. Staremo a vedere.
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L'articolo 64 Bars Live: il rap dove deve stare di Marco Mennillo & Sergio Sciambra è apparso su Rockit.it il 2022-10-10 12:14:00
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