Raccontare Humanize, il nuovo disco di Appino uscito venerdì 17 novembre per Woodworm è un'avventura, che fa anche questa parte della narrazione intorno a un lavoro singolarissimo e non per modo di dire. Un disco che esce a otto anni da Il grande raccordo animale e a dieci da Il testamento, il debutto solista che ai tempi vinse la Targa Tenco come migliore opera prima e sembrò persino più ispirato di alcuni episodi della storica band dell'Appino, quegli Zen Circus con cui ha girato l'Italia talmente tante volte da potersi vendere come Tom Tom umano.
"Finito il tour di Grande Raccordo Animale mi ero ripromesso di non fare più un disco solista in vita mia", ci dice Appino. "Avevo questa idea di fare un audiodocumentario però, che non prevedeva l'utilizzo di brani, piuttosto di interviste montate. È passato un sacco di tempo e ho capito che questa cosa mi ispirava anche delle canzoni, che sono ciò che faccio da sempre".
Ora che gli Zen si sono presi una pausa, Andrea torna alla discografia solista con uno strano mostro, un quadro di arte moderna che sulle prime non sai da che parte guardarlo ma che, una volta collocato nel verso giusto posto, ti colpisce come un pugno allo stomaco per il suo senso. Parliamoci chiaro: Appino non avrebbe bisogno di mettersi così in gioco: è nella scena da decine di anni, sa scrivere canzoni con una facilità estrema, avrebbe potuto semplicemente buttarne lì otto con sonorità un pelo più rock o più elettroniche di quelle con cui ci ha abituati negli Zen e sarebbe potuto partire per l'ennesimo tour.
Così non è: Humanize è un lavoro contenente 72 minuti di suoni senza mai una pausa, canzoni, interviste, colloqui, parole prese da una serie d'interviste che lo hanno portato a girare - di nuovo - il paese che sembra una scarpa tra scuole, carceri, centri diurni, bar, fabbriche, luoghi pieni di esseri umani per indagare e farsi raccontare - nel ruolo inedito di intervistatore - l'umanità. Un documentario concettuale che si ispira ai Comizi d'amore di Pasolini in versione opera musicale, che spinge il concept anche al di là dei confini sonori. Deve essere una roba strana per uno abituato a farsi intervistare, porre le domande.
"È stato bellissimo, sono andato insieme a Davide Barbafiera (soundscape designer, musicista e attore) con cui ho curato quell'aspetto, mentre Fabrizio Pagni (il Geometra, tastierista degli Zen Circus) mi ha aiutato in quello musicale. Alcuni testi sono nati o si sono modificati in base alle interviste che stavamo facendo in giro, di cui c'è testimonianza in ogni intermezzo dell'album. Alla fine sono tornato un bel po' scosso a livello umano: siamo andati in carceri, centri diurni, scuole, entrando in punta di piedi, parlando con persone che per volontà o per contingenze, si sono allontanate dalla società che conosciamo", spiega.
"Le persone con problemi psichatrici mi hanno smosso un sacco di roba dentro, perché alla fine creiamo il nostro personaggio in base a ciò che viviamo, condividendo una serie di regole all'interno di un consorzio umano. A volte però questo consorzio deraglia e nell'andare fuori dai binari si perde un sacco di morale e ipocrisia. Lì mi sono sentito più a casa e ho iniziato a fare pensieri laterali rispetto al concept di fondo: pensa che succede se da domani non mi lavo più né mi taglio le unghie, rimanendo la stessa persona che sono. Viviamo per codici, quando questi vengono meno partono una serie di domande che, per vivere sereni, spesso non ci facciamo", dice Appino.
Il titolo viene fuori da una funzione presente nella maggior parte dei software di produzione musicale, che simula sulle tracce il micro errore umano, perché sembrino appunto umane. Praticamente Blade Runner, e la cosa, se ci pensate, fa saltare il cervello. Se questo è il senso di umanità per i robot - i quali sono stati creati dagli umani - qual è la vera definizione di umanità per le persone? Cosa le rende ciò che sono? Una domanduccia di quelle light, che prende senso e detona quando si ascolta l'album nella sua interezza.
"Mentre lavoravo alle canzoni ho utilizzato su Logic la funzione Humanize per togliere un po' di perfezione alla musica elettronica e mi faceva ridere premere un tasto sul computer perché gli impulsi midi diventino casuali e si spostino di tempo. In pratica, secondo il computer, gli umani di base sbagliano", ci spiega Appino. "Da lì ho voluto usare l'errore anche a livello estetico: ho ricomprato il multitraccia a cassette di quando facevo i demo anni e anni fa e ho cominciato a registrare con quello. Poi il delirio sonoro, da nerd musicista quale sono, e la voglia di sporcare tantissimo".
Un paio di mesi fa sono iniziate a circolare sui social le prime canzoni di Humanize: Carnevale, Enduro, Genio della lampada, È solo una bomba, e sulle prime non è stato facile capire il percorso. "Infatti mi chiedo se non abbiamo fatto una stronzata e se si poteva farlo uscire tutto direttamente, ma del senno di poi sono piene le fosse, no?", scherza Appino. "È una sorta di podcast con le canzoni. Io come sai sono un grande fan di tutto, amo pure i singoli pop, sono un canzonettaro. Di contro sono anche un ammiratore degli album monolitici e ho voluto seguire questa strada. Quando uscì Il testamento, che nel mio cervello era un concept album sulla famiglia, quel termine era quasi vietato perché ritenuto maledetto, come se avesse il potere di allontanare la gente. Nel 2023 mi sono arrogato il diritto di fare un concept album di 72 minuti in cui staccare una canzone dal contesto è quasi impossibile, per quanto poi ognuno con le canzoni ci fa quel che gli pare".
Nessun manifesto politico però: "La musica ha tutto il diritto di essere commerciale, consolatoria, lo diciamo sempre anche con gli Zen Circus: uno dei nostri gruppi preferiti sono i Ramones che utilizzano quattro accordi e fanno canzoni il cui coefficiente filosofico è ai minimi termini, ma ci sono anche altri modi per intendere la musica e ho scelto quelli stavolta. Suona come una provocazione anche se non lo è". Come la famosa bestemmia in chiesa. "Esatto", ride Appino. "Nella chiesa dei singoli e dei tormentoni ci sono anche i dischi come Humanize che fanno la loro vita e possono convivere serenamente col mondo del pop. Anche perché parlare di umanità in tre minuti come cazzo fai? Lode a chi ci riesce e ci è riuscito, io non sono tra questi".
Stavolta la missione di Appino, che da sempre si colloca come una specie di ponte tra il mondo indipendente e quello mainstream, tra la filosofia e l'andatetuttiaffanculo, tra la rockstar e il matto del bar del paese (non me ne voglia, non c'è nessuna intenzione offensiva, anzi), è andata ancora più in là. Oltre alla musica che tocca nuovi stili, alle parole delle persone, al concept e alla sporcizia voluta al suo interno, ci sono anche le maschere, i trucchi, i travestimenti di Appino che cambia pelle. Che voglia fare l'attore?
"No, ho provato qualche volta a fare l'attore ma sono un cane, però amo la rappresentazione e in questo disco l'idea parte dalla canzone Carnevale, che dice 'la maschera che hai non toglierla mai'. In questo momento storico di ultra personalismo in cui abbiamo tutti bisogno dell'affermazione di noi stessi, spesso non ci accorgiamo che quell'essere noi stessi che ci diciamo continuamente sia un altro tipo di maschera. Ecco perché quando abbiamo fatto uscire le prime canzoni ho voluto accompagnarle dalle maschere, dai travestimenti, che andassero a sottolineare ciò di cui si stava parlando".
Andrea poi ci racconta che non tutti hanno accettato di buon grado questo modo espressivo: "Ho ricevuto dei messaggi anche grevi, in cui mi si diceva di aver perso la dignità. Questo mi ha fatto un po' male perché se da un lato forse è anche colpa mia di aver sempre fatto vedere Appino col chiodo di pelle, in versione rock, dall'altro mi sento a mio agio nella trasformazione. Con tutto che non riuscirei mai a fare un concerto in cui mi cambio cinque volte, non sono certo David Bowie, ma mi piace giocare anche con l'immagine per mettere in discussione me stesso, anche perché mi arrivino dei messaggi come quello di prima".
Assurdo come l'operazione meno commerciale della vita artistica di Appino possa essere ritenuta all'opposto, ma il mondo è bello perché è vario. Sta di fatto che stavolta Andrea ha composto pezzi che vanno dalla ballata elettronica al new jazz, alle influenze trap, al rock mai troppo di matrice Zen. Una novità anche dal punto di vista vocale, che Appino ci spiega così: "Invece di andare a cercare qualcosa di strano, ho ritrovato la mia voce normale all'interno di un percorso che all'inizio mi sembrava del tutto folle. Come diceva Bowie: nel momento in cui ti senti vicino al precipizio, è proprio lì che stai facendo arte. Nel comporre e cantare questo disco sono tornato ad avere paura, ma grazie al tempo lunghissimo di gestazione sono riuscito a provare qualcosa che non provavo da tempo, un ritorno alla mia vera voce. Sarà molto interessante sapere che succederà con gli Zen: dopo Il testamento è uscita Viva, dopo GRA è uscita la Terza guerra mondiale, chissà cosa faremo dopo Humanize...".
La stessa curiosità che abbiamo noi di vedere Appino in questa nuova veste live, per portare in giro il suo lavoro più ambizioso. Attendiamo sorprese.
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L'articolo Ad Appino è partita la locura di Simone Stefanini è apparso su Rockit.it il 2023-11-17 10:26:00
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