Ai grandi concerti se non sei nel pit faresti prima a stare a casa

Forse Fernanda Number Six non aveva poi tutti i torti. Sono in molti a pensare che i grandi live e festival siano delle esperienze indimenticabili solo per chi sta vicino al palco, tutti gli altri vedono poco e sentono ancora meno. Anche se hanno pagato, e manco poco

Il pubblico di Salmo a San Siro nel 2022 - foto di Maria Laura Arturi
Il pubblico di Salmo a San Siro nel 2022 - foto di Maria Laura Arturi
25/07/2023 - 10:45 Scritto da Vittorio Comand

Due live enormi a pochi chilometri di distanza, dopo neanche 24 ore da quello che è, a seconda di molti, il più devastante temporale mai abbattutosi su Milano. All'autodromo di Monza arriva Bruce Springsteen – confermato poco fa nonostante il maltempo –, mentre a San Siro è prevista il secondo dei due San Siro dei Maneskin. Sono tra gli ultimi eventi giganti all'interno della città, prima che l'esodo agostano sancisca la pausa dei concertoni, eccezion fatta per qualche appuntamento a inizio settembre (non a San Siro, visto che ricomincia la Serie A).

Fan di Blanco a San Siro - foto di Starfooker
Fan di Blanco a San Siro - foto di Starfooker

Ne abbiamo visti tanti quest'anno di concerti così grossi, o forse risaltano di più all'occhio dopo che abbiamo ancora qualche rimasuglio pandemico nel nostro sistema da espellere e quindi sorprende vedere folle oceaniche. Però che qualsiasi sia drasticamente cambiato è evidente, anche solo facendosi un giro sui social, a cominciare dall'eroina del Campovolo di Harry Styles: Fernanda Number Six, come visto in un servizio del TG1 diventato virale. Fernanda è una fan messicana ventenne di Harry Styles che ha attraversato l'Atlatico pur di vedere il suo idolo, quindi non poteva accontentarsi di essere un puntino in mezzo alla folla. No, Fernanda ha passato giorni in coda munita di tenda, così da conquistarsi quel number six con cui veniva chiamata all'appello, come in una versione elevata alla potenza della chiocciola eliminacode del salumiere. Una grande.

Così come lei sono tantissimi i fan che ormai sono disposti a sacrificare tempo e fatica pur di prendersi il posto che gli spetta, come in realtà è sempre stato quando parliamo di grandi nomi. Fermo restando che questo attaccamento è encomiabile, oggi sembra più una necessità, un voler fuggire dalla spaventosa alternativa che significherebbe trovarsi al di fuori del pit: quello che un tempo era l'Eden dei fan più accaniti e fedeli, una sacrosanta terra di conquista, negli ultimi anni ha assunto dimensioni sempre più sproporzionate rispetto al resto del parterre e accederci ha ovviamente un costo superiore rispetto a quello dei biglietti "normali". Il problema è che così normali non sono.

Il pubblico di Guè all'Ippodromo Snai San Siro lo scorso 10 luglio  - foto di Starfooker
Il pubblico di Guè all'Ippodromo Snai San Siro lo scorso 10 luglio - foto di Starfooker

Non è tanto un discorso economico. Certo, i biglietti dei concerti hanno dei costi importanti, ma non è un segreto che organizzare eventi del genere comporti delle spese sempre maggiori, cachet degli artisti compresi, quindi non siamo in questa sede a questionare ciò e fare i conti in tasca agli altri, non è questo il punto (per quanto non sia un elemento indifferente). Al centro qua c'è un fattore proprio di vivibilità e godibilità del concerto stesso. Stare fuori dal pit può significare stare fuori direttamente dalla venue: la visibilità spesso è ridotta, il volume non ne parliamo, in generale è un'esperienza troppo distorta rispetto a chi si trova in questa terra promessa perché aveva maggiore disponibilità economica. Per fare un esempio, l'anno scorso sono stato entusiasta del concerto di Kendrick Lamar, visto nel mezzo del pit, salvo poi sapere che da fuori l'impianto aveva un volume ben al di sotto delle aspettative.

Stare nella zona sottopalco, qua nel senso più esteso possibile, diventa più l'unica possibilità più che un privilegio. Non è una polemica che ci inventiamo noi, ma qualcosa che basta parlare con un po' di fan sparsi o farsi un giro sui social per constatare quanto percepito sia il problema. Vale la pena andare a un concerto sugli spalti sapendo che si è così penalizzati? Come si può accettare il compromesso, a maggior ragione quando i biglietti vengono messi in prevendita mesi e mesi prima e polverizzati quando ancora non si sa cosa mangeremo a cena, figurarsi dove saremo l'estate prossima? Ormai il dilemma sembra essere definita: o Fernanda, o divano.

---
L'articolo Ai grandi concerti se non sei nel pit faresti prima a stare a casa di Vittorio Comand è apparso su Rockit.it il 2023-07-25 10:45:00

COMMENTI (5)

Aggiungi un commento Cita l'autoreavvisami se ci sono nuovi messaggi in questa discussioneInvia
  • Raffare14 mesi faRispondi

    A Reggio Emilia esiste la Rcf Arena che é stata pensata proprio per i grandi eventi con una inclinazione che permetteUna buona visibilità anche dalle retrovie e soprattutto un impianto audio (della Rcf appunto) che distribuisce un sono spettacolare anche con più di 100.000 persone. Se sentite di un concerto in quel luogo, ANDATECI!!!

  • Frestinaka14 mesi faRispondi

    Ho sempre rifiutato l'idea di comprare il pit, perché non sopporto l'idea di dover pagare di più per vedere meglio. Un tempo anche io correvo all'apertura dei cancelli, adesso basta pagare e la cosa proprio non mi va giù. Ho provato e riprovato a vedere concerti fuori dal pit ma dopo questa stagione, purtroppo dovrò arrendermi all'idea che per sentire un concerto decentemente è necessario pagare di più. È incredibile poi quanto in molti casi i pit siano sproporzionati alla grandezza del parterre. Lo notavo proprio a San Siro, le transenne praticamente arrivano al foh. Poi non parliamo dei token, vera piaga dei concerti di oggi, un latrocinio legalizzato non giustificabile per nessun motivo. È possibile che questa cosa sia legale?

  • RobertoMeglioli14 mesi faRispondi

    chng.it/NjGMd2m95q
    Aboliamo i Token ai concerti!!!!

  • RobertoMeglioli14 mesi faRispondi

    chng.it/NjGMd2m95q

  • BoboMerenda14 mesi faRispondi

    Mi sento di condividere quanto espresso nell'articolo, anche se temo che, come molti altri fenomeni contemporanei, finché il carrozzone si riempirà, non avrà senso per gli organizzatori fare cambiamenti