Il tempo non esiste, perlomeno per come siamo mediamente soliti pensarlo. La griglia che ci aiuta a dividere in spicchi il movimento del sole e della terra non spiegherebbe altrimenti quello che, in termini annoiati, potrebbe sembrare un eterno ritorno, ma è in realtà reincarnazione. Ciò che vale per gli essere umani è dunque totalmente applicabile a ciò che essi producono: ad esempio, in termini audiovideo, i format(i).
Per farla semplice: è tornato il musicarello, anche se a insaputa di chi lo fa. Che cosa sia questa versione paleolitica del videoclip, questo sottogenere cinematografico nato e diffusosi negli anni Cinquanta e Sessanta nel nostro Paese lo può spiegare for dummies Wikipedia, che ne delinea le “due caratteristiche fondamentali: la prima consiste nel mettere in scena un cantante di fama e il suo nuovo album discografico; la seconda è il riferimento costante alla moda e alla gioventù, anche in versione vagamente polemica”.
Treccani invece fa etimologia sul nome, nato in ambienti romani (laddove da sempre se fa er cinema): “risulta ricalcato su quello di 'Carosello', la rubrica di pubblicità televisiva che veniva trasmessa dall'emittente nazionale e i cui episodi vedevano spesso protagonisti gli interpreti più famosi di questo genere cinematografico”.
Per quanto il nome suoni italianissimo e romanissimo, con quell’ello finale che suona come un ceffone simpatico dato in amicizia, è in realtà un formato di derivazione anglosassone come tutta la pop culture industriale e il rock’n’roll. Elvis Presley fu la prima star dei musicarelli, che costavano poco perché bastava che ci fosse il cantante per far volare il botteghino (così dicono gli storici, non prendetevela con me).
Insomma, portato in Italia il musicarello a sua volta porta al cinema per più di un decennio le generazioni più giovani, attratte non tanto dalla forma film quanto da chi ci recitava dentro: cantanti, artiste e artisti molto popolari. Qualche nome: Adriano Celentano, Gianni Morandi, Domenico Modugno, Mina, Dalida, Caterina Caselli. Il caso biograficamente più eclatante fu quello di Albano e Romina Power: lui, figlio di contadini pugliesi ed emigrato a Milano per svoltare nella musica, conosce lei, figlia di star di Hollywood sul set di Nel Sole. Si incontrano, innamorano, fidanzano e poi si sposeranno. Lui ha 24 anni, lei 16. Era un’altra Italia, ma in fondo è sempre la stessa.
Ricapitoliamo le caratteristiche: il film intitolato come la traccia di punta, contrasto e conflitto generazionale, una storia d’amore. Esattamente tutto ciò che c’è in Fallimento – il film di Nello Taver che prende il titolo dall’omonimo album. Prodotto da Thamsanqa, scritto e diretto da Lussorio Piras, racconta la vicenda di questo giovane e cazzuto pizza delivery napoletano che vuole svoltare nel rap, e per farlo non può che trasferirsi a Milano insieme al suo fido producer.
Qui il nostro protagonista dovrà smattare per trovare un alloggio, e capire che offrire la cocaina (a spese degli amici) non è la formula magica dell’amore. Alla fine però è tutta street credibility che lo porterà a raggiungere il suo obiettivo.
Quello di Fallimento è il caso più musicarelloso di quelli recentemente usciti, praticamente un MusicaNello: è un film vero e proprio, sceneggiato e scritto in capitoli, recitato da Nello Taver, che oltre a rappare come Guè comanda è anche un attore con alle spalle cinque anni di studio teatrale. Il cui obiettivo è quello di restituire tridimensionalità e profondità a un album che, vista la natura ironica del suo protagonista, poteva essere scambiato per just-another-lol-content.
Sempre da Napoli, ma con un altro taglio e un altro linguaggio, arriva Il Grande Fulmine del Thru Collected, diretto da Riccardo Sergio e prodotto con Bomba Dischi. Prima di tutto è effettivamente interessante notare come la città partenopea – da sempre combattuta fra lo stereotipo e la narrazione autentica di sè – sia sempre di più un centro audiovideo: da Gomorra a Mare Fuori, ora anche culla della rinascita del musicarello. Posto che forziamo l’utilizzo di questa definizione solo per darci ragione sul fatto che il tempo non esiste.
Il Grande Fulmine prende il titolo dal nuovo disco del Thru Collected, che uscirà questa settimana e che per quanto mi riguarda è assolutamente uno dei dischi dell’anno (e sono molto pochi, quest’anno). Qui c’è un collettivo che cerca sé stesso, il proprio senso, costruendo le proprie armi musicali e tecnologiche contro un plotone di soldati nemici, che potrebbero tranquillamente rappresentare le discografiche o la “musica di merda” (peraltro titolo della traccia di apertura del disco). I riferimenti estetici sono parimenti da trarre da videoclip musicali e games.
Il Thru Collected fugge, cammina, esplora, trova, muore. Nel mezzo suona e canta, cioè vive, così che Riccardo Sergio – che è l’anima centrale ma meno esposta del gruppo – possa ritrarli nella propria autentica bellezza, che siano gli occhi azzurri di Alice sfumati nel cielo più limpido, o in un gioco di trasformazioni che amplia l’immaginario, da Sano ragazzo di rione con la pistola ad Altea nelle vesti di Tomb Raider.
Se per Fallimento di Nello Taver è stato scelto prima il cinema (Anteo City Life a Milano) e poi Prime Video come piattaforma di atterraggio, per Il Grande Fulmine è stato organizzato un tour vero e proprio di tre città (Napoli, Roma e Milano), con posti non convenzionali riadattati per proiezione e sonorizzazione live, prima di risultare disponibile su YouTube. A Milano ce ne siamo occupati noi di MI AMI, ed è stato speciale. Un momento di rivendicazione di un’unicità che è anche un fattore generazionale.
In entrambi i casi, la gente è uscita di casa per andare a vedere un film in cui la protagonista fosse la musica. Che siano i nuovi musicarelli oppure no, è un fatto non irrilevante.
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L'articolo Da Al Bano ai Thruco e Nello Taver: è tornato il musicarello di Carlo Pastore è apparso su Rockit.it il 2023-11-27 16:40:00
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