Buggerru è un piccolo paesino sulla costa sud ovest della Sardegna. È una località molto isolata, circondata dalle montagne e con il mare di fronte. È il paese da cui proviene Jacopo Incani, meglio noto come Iosonouncane, ma anche il suo collaboratore Dario Licciardi, aka Alek Hidell. Ed è proprio Buggerru che diventa lo sfondo del primo disco solista di Alek, intitolato Ravot, che ripercorre un tragico evento avvenuto nel settembre del 1942, quasi 80 anni fa: nel porticciolo del paese, un siluro vagante colpisce la banchina e causa la morte di due bambini che stavano facendo il bagno. Un terzo bambino assiste alla scena e rimane scioccato dall'evento, sviluppando una sorta di follia mai diagnosticata. Ravot cerca di raccontare la sua vita in musica, senza testi. "È tutto molto astratto perché fatico a raccontarla altrimenti, mi è proprio difficile trovare le parole", ci ha spiegato Alek.
"In paese la vicenda è conosciuta, anche se è sempre rimasta un po' nascosta, non se ne parla volentieri", ha continuato il musicista. "Io stesso ho fatto una ricerca, sono stato negli archivi dell'Unione Sarda per trovare qualche articolo dell'epoca, purtroppo quei faldoni sono stati persi durante i bombardamenti. Gli anziani del paese mi hanno raccontato che ci fu una cerimonia molto macabra, i corpi vennero esposti alla casa del fascio, fu qualcosa di agghiacciante".
Ravot ha vissuto fino a 70 anni e tutti sapevano chi fosse in paese. Lo stesso Alek ha avuto modo di averci a che fare più volte: "Era una persona molto eccentrica, alternava momenti di lucidità totale in cui potevi parlarci di qualsiasi cosa a scatti di follia. Per esempio, raccontava di aver assistito al Big Bang, oppure una volta si è messo a discutere con me a proposito dei Beatles, dicendo che era troppo comodo far uscire Sgt. Pepper's nel 1967 perché lui ci era già arrivato prima. Lui comunque era anche un musicista eccezionale e totalmente autodidatta, poco prima che morisse gli ho fatto provare la chitarra elettrica perché non ne aveva mai suonata una, rimase estasiato".
Per la particolarità narrativa di questo disco, abbiamo chiesto ad Alek di raccontarci Ravot traccia per traccia, così da entrare ancora di più dentro la singolare storia del protagonista. Assieme ai brani del disco, c'è tutta la parte artistica visiva, realizzata insieme al graphic designer Marco Meloni (Johnny Ryall) e al fotografo Francesco Caredda. I video che trovate all'interno di questo articolo sono un ulteriore elemento di appoggio per immedesimarsi nel dramma che ha sconvolto la vita di Ravot.
1.YOLK
Yolk è la traccia d’apertura del disco ed è stato il primo pezzo che ho scritto della tracklist. L’ho pensata come una sequenza di più prospettive del luogo in cui è successo il fatto: la banchina di un porto su cui stanno alcuni bambini, la superficie increspata del mare; il tutto visto da sott’acqua, indefinito e fuori fuoco. La prima parte segue la cadenza di un coro solenne sul quale entrano dei synth più aperti. Rappresenta l’inizio di tutto, l’evento di cronaca da cui sono partito per la scrittura del disco.
2. DINGHY
Questo pezzo è nato dal ritrovamento di alcuni filmati in super8 girati in spiaggia. Le atmosfere giocose della traccia accompagnano il gioco dei bambini sulla riva. Mentre sceglievo il materiale ha catturato subito la mia attenzione l’immagine di un bambino fermo, inquadrato di spalle, davanti al mare. Mi è sembrata una bella immagine per il concept dell’album visto che è proprio il mare che porterà l’elemento che distruggerà questa spensieratezza infantile. Le onde esplodono con lo stesso suono dei fuochi d’artificio.
3. WOM
In Wom si parte dal campionamento di un coro che diventa sempre più invadente fino a sfociare in un’atmosfera cupa che contrasta con la traccia precedente. Attraverso questo avvicendamento ho cercato di tratteggiare i movimenti emotivi ambigui del sopravvissuto. In corso d’opera mi sono accorto che alcuni temi ritornavano nelle varie tracce in forme diverse, nello stesso modo in cui la mente del sopravvissuto rimugina e insiste sui suoi pensieri.
4. MOTHERLAND
Questo è un momento di dilatazione del disco in cui alcuni synth si intrecciano senza un beat portante, ma con alcune voci femminili in lontananza. Sono partito dal ricampionamento di un arpeggio di synth in cui la velocità oscilla per tutta la durata del pezzo. Motherland rappresenta il rapporto disturbato con le donne del bambino ormai diventato adulto.
5. SPOONS
La narrazione si sospende per lasciare respiro allo spazio emotivo di R. Una cucina in penombra, pochi oggetti visibili: dei cucchiai, un portacenere pieno di mozziconi, qualche stoviglia. Un ambiente chiuso e ristretto in cui si confina a suonare. Queste sono le suggestioni a cui sono arrivato durante la mia ricerca sul “personaggio” della vicenda.
6. TORPEDO
La prospettiva di un corpo in corsa sotto il pelo dell’acqua. Il movimento della sabbia e delle alghe con le onde diventano la grana sporca di una pellicola. Torpedo è la corsa del siluro vagante che ucciderà i bambini sul molo. Sono partito da un loop ossessivo in 3/4 per descriverne la corsa, i synth entrano a ondate su tutta la parte centrale in un crescendo di tensione che termina con un’esplosione metaforica.
7. SIEL
Le atmosfere malinconiche di questo pezzo mi sono servite per descrivere il trauma lasciato dall’esplosione. Ho saputo che R. viveva con la paura di essere dimenticato dai suoi cari ma parallelamente continuava a isolarsi chiudendosi in casa. Siel condensa questa opposizione di desideri.
8. LEGS
Questo intermezzo è frutto della stessa sessione di Yolk. La voce che si sente è quella di un matto che grida parole senza senso mentre un bambino affacciato al balcone lo guarda e ride. “Parla, parla, parla!”
9. FLARE
Come in Motherland, ho usato un arpeggio di synth che varia velocità a creare un crescendo. Ho campionato un traccia vocale di Matilde Davoli per risuonarla nelle aperture dei cori. Durante le registrazioni del materiale video, ho lasciato la camera sott’acqua rivolta verso il sole. I movimenti dei raggi solari dentro l’acqua mi hanno suggerito le dinamiche del pezzo.
10. BLO
Questa è una delle tracce più ritmate del disco, mi serviva per anticipare l’ultimo pezzo. Mi sono lasciato andare su sonorità hip hop, mischiandole con le string machine presenti nelle altre tracce del disco.
11. LET ME TAKE A LAST DIVE
Questo pezzo l’ho scritto al piano quando vivevo a Torino. Negli anni ho provato a farlo suonare da altri musicisti e la versione finale è un condensato di tutte le sessioni. Ciò che più mi piace di questa traccia è il campionamento della tromba, che in tutto il disco sembra un lamento e qui si svela sul finale diventando un motivetto surf. Così come nella copertina l’esplosione diventa un fuoco d’artificio, nella mente di R. La follia diventa il modo di superare il trauma.
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L'articolo Alek Hidell, la tragica bellezza di un siluro dimenticato di Vittorio Comand è apparso su Rockit.it il 2021-04-21 10:00:00
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