“Sostanzialmente la fotografia non fa altro che rappresentare la percezione che una persona ha del mondo”
Luigi Ghirri
Una delle ricerche più importanti per chi inizia a fotografare è sviluppare la propria visione, cioè il modo di rapportarsi con il mondo che lo circonda. Questa forse è una delle ricerche essenziali per chi intraprende un percorso visivo.
La scelta del soggetto, l’approccio ad esso, l’utilizzo della luce, le caratteristiche compositive delle proprie immagini parlano del modo che abbiamo di relazionarci con il mondo. Essere consapevoli di quello che si vuole rappresentare e comunicare è un passo iniziale e allo stesso tempo essenziale nella ricerca di questo percorso.
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HOW TO / INTERVISTATI
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A cosa si fa riferimento quando si parla della visione di un fotografo? E quanto è importante sviluppare la propria identità fotografica?
Posso solo dire come la vedo io. E questo vale per tutte le risposte... non ho mai creduto a una verità assoluta. Tantomeno in fotografia, dove la verità non esiste. Il che non significa che qualsiasi cosa, o immagine, abbia valore. Dunque... la visione riguarda l'immagine restituita, quella che costituisce il patrimonio espressivo di un fotografo, e che si definisce ulteriormente col tempo. Se vogliamo, è la capacità di condensare anche nella singola immagine alcuni elementi che l'autore ritiene cardine e che diventano riconoscibili. Non è un escamotage manieristico, né può essere la forzatura di un software: è proprio il modo che l'autore ha di vedere il mondo e di condividerlo attraverso la propria fotografia. La matrice spesso è avvertibile già dalle prime immagini e ha a che fare con il gesto fotografico liberato dalla gabbia grammaticale. Il che significa che la grammatica va però conosciuta: solo a quel punto, senza sforzo, la usi. Ed è assolutamente coincidente con la propria identità fotografica. Che è tutto, perché è la tua cifra espressiva. Come dicevo, la matrice spesso è avvertibile già dalle prime battute, ma col tempo si affina. E per ciò che mi riguarda ha coinciso con una ricerca sempre più tesa alla sottrazione. E alla semplicità.
Che cosa deve tenere in conto nello sviluppo del proprio linguaggio un fotografo che inizia il suo percorso visivo?
Che la fotografia è una cosa, le fotografie un'altra. Deve cioè avere in primis un'idea di fotografia che lo riguarda, che lo stimola... come un parametro ideale al quale riferirsi. Le fotografie sono il prodotto del rapporto tra l'uso del mezzo, qualsiasi esso sia, e questa idea estetica alla quale riferirsi. Che è soggettiva e ha una dialettica: è anche un percorso di affinamento complesso. Non complicato... complesso. Cioè di diversi elementi convergenti che devono trovare equilibrio e forma. Una faccenda molto personale insomma... In assoluto e categoricamente deve inoltre rifuggire dalle facili tentazioni del trend. Che è sempre un fatto momentaneo, temporaneo, breve. E una volta passato, che fai?
In che misura la composizione aiuta a tradurre la propria visione?
La composizione è indubbiamente uno degli elementi di cui dicevo prima. Ed è fondamentale perché parte integrante della propria visione. Non c'è obbligo, non sono un purista a oltranza, ma è buona regola abituarsi a crearla direttamente attraverso la fotocamera, più che attraverso la ricerca di crop più o meno virtuosi: l'immagine si forma innanzitutto nella nostra testa, e la fotocamera è lo strumento che la asseconda. Poi, ripeto, ognuno faccia come crede, ma se cominci davvero a pensare fotograficamente, tutto ti risulterà immediatamente più chiaro. Una riflessione individuale sul proprio lavoro è sicuramente molto importante per la crescita di un fotografo.
Che consigli ci puoi dare a riguardo?
Non ho grandi consigli... credo sia importante sviluppare un forte senso critico nei confronti del PROPRIO lavoro, attraverso anche il confronto con ciò che di degno altri producono. Evitare di essere subordinati alla logica di like e follower: la questione mediatica è una cosa, il linguaggio fotografico è altro... non sempre le cose coincidono. Verificare il rapporto che dicevo prima, tra l'idea che si ha di fotografia e quanto le nostre fotografie lo rappresentino. Analizzare il lavoro di altri fotografi ci aiuta ad educare lo sguardo.
Puoi darci delle linee guida che ci aiutino ad interpretare il contenuto del lavoro di un fotografo?
Un po' quello che dicevo prima. E un po' è anche un fatto epidermico immediato: senti che ciò che stai guardando ti piace proprio. A volte senza alcuna spiegazione... anzi, spesso. Mentre quando non ti piace, di cose ne rilevi subito diverse. Ecco... forse può essere di grande aiuto l'analisi di ciò che non ti piace di una certa fotografia. E attraverso questo percorso definire quali possono essere i tuoi parametri generali. Ma fatto questo scarto, credo che uno dei parametri sia il rigore. Ci sono fotografi che non amo perché corrispondono a una fotografia che non mi appartiene, ma ne riconosco il rigore espressivo. Un rapporto onesto con ciò che stanno rappresentando. Una totale assenza di speculazione mediatica. Interpretare vuol dire calarsi fortemente in ciò che si guarda, quasi liberi da pregiudizio: e io sono uno che esercita il pregiudizio. Col tempo ho imparato che ha una sua dialettica... prima dico “no!”, questo subito. Poi mi fermo e torno indietro e allora proprio mi mischio a ciò che vedo. Qualche volta è capitato che mi ricredessi. Raramente ma è successo.
Sei d’accordo con il fatto che una persona che vuole iniziare ad approfondire il campo della fotografia oggi debba avere più che mai una formazione trasversale?
Assolutamente! La fotografia è sintesi di una trasversalità. Ci consigli qualche libro sempre su questo argomento?
"L'opera d'arte nell'epoca della sua riproducibilità tecnica", Walter Benjamin - Einaudi,
"La camera chiara", Roland Barthes - Einaudi,
"Arte e fotografia", Heinrich Schwarz - Bollati Boringhieri,
"Lezioni di fotografia", Luigi Ghirri - Quodlibet,
"Forse in una fotografia", Claudio Marra - CLUEB
E poi, ma anzi prima:
"L'avventura di un fotografo", da Gli amori difficili, Italo Calvino - Oscar Mondadori,
Breve racconto che contiene tutti gli elementi del rapporto fotografo-fotografia.
"Viaggio al termine della notte", Louis-Ferdinand Céline - Corbaccio,
Romanzo corposo, allucinato, stravolto e visionario... un esempio di cosa significa mettere al centro il linguaggio e usarlo a proprio piacimento. L'operazione che ogni fotografo dovrebbe fare. Mica facile.
"I promessi sposi", Alessandro Manzoni.
Va benissimo una qualsiasi edizione scolastica. Un capolavoro drammatico, nel senso teatrale del termine. Ciò che sembra mancare alla fotografia italiana contemporanea. Un po' una provocazione la mia, ma è un manuale di struttura narrativa che usa il linguaggio per formare immagini. Profondamente italiane.
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A cura di ALL ACCESS PHOTO
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L'articolo ALL ACCESS PHOTO / HOW TO / 08 PERCORSI VISIVI di ALL ACCESS PHOTO è apparso su Rockit.it il 2014-07-16 10:50:33
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