Ciao, ti va di indignarti un po' con me? Ecco, se ci fosse la frase perfetta per attaccare bottone con sconosciuti degli anni '20 del Duemila, covid permettendo, sarebbe proprio questa. Inutile nasconderci dietro un dito, in questo Paese troviamo sempre qualcosa per cui discutere, polarizzarci e tirarci allegre sassaiole per poi finire a cena tutti insieme. L'ultima colossale indignazione di massa in ordine di tempo riguarda la rielezione del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella.
Giornate intense di votazioni, schede bianche, capi di partito che s'incontrano segretamente, maratone tv solo per vedere i nomi assurdi pronunciati dagli speaker e incazzarsi con chi ci governa che, già che c'è, ci prende pure per il culo, impasse catastrofica, Salvini kingmaker che brucia in un quarto d'ora il nome della Casellati e spacca il centrodestra con Meloni pronta a prendere tutti i voti della Lega alla prossima elezione, coltellate tra Di Maio e Conte nel M5S, una tonnellata di bla bla bla e poi il genio, la proposta che sembra uscire dagli sceneggiatori di Boris: rieleggiamo Mattarella, così, di botto, senza senso.
Quel signore, già pronto per godersi la pensione è stato richiamato al suo ruolo per altri sette anni. Ne ha già 81, se non è una condanna a morte poco ci manca. Mi piace immaginarlo ripreso per la collottola mentre, come il Merlino della Spada nella roccia, se ne stava per andare alle Hawaii mandando a quel paese tutto il Paese. Di nomi istituzionali che sembravano pronti per il cambiamento se ne sono stati fatti, sembrava fosse il momento per la prima donna al Quirinale ma i partiti non hanno saputo mettersi d'accordo e siccome in Italia tutto è lottizzato, se non ci sono i giusti scambi e incastri di potere non si può neanche cambiare la legge sulle sputacchiere obbligatorie negli alberghi.
Ma che siamo matti che ci stiamo gettando in territori puramente politici, noi che parliamo di musica? Beh, un'analogia c'è: la rielezione di Amadeus a direttore artistico e presentatore del Festival di Sanremo. Anche lui come Sergione Mattarella aveva detto: due anni e poi basta. Sembrava anche una scelta assennata: ha fatto record di ascolti, due edizioni che, seppur sbrodolanti di fiorellitudine e lunghe come la verga di Aronne hanno lanciato nuovi trend e nuovi artisti, mettendo alla fine d'accordo un po' tutti, era venuto il tempo di cambiare e vedere qualcosa di nuovo. E invece.
Tanto più che il direttore artistico durante queste ultime gestioni biennali (Carlo Conti, Claudio Baglioni e Amadeus) ha accresciuto il suo potere sempre di più, fino a diventare un Imperatore Galattico, l'unico Vate e Mahatma che decide le sorti della musica italiana, di chi entra e chi esce, chi farà successo e chi sarà destinato all'oblio. Solo a questo giro Amadeus ha eliminato le Nuove Proposte, ha decretato praticamente da solo (50% lui, 50% la commissione artistica di cui lui è in ogni caso il capo) chi di Sanremo Giovani avrebbe partecipato tra i Big, che prima doveva essere uno solo e poi ha di nuovo cambiato il regolamento e ne ha fatti entrare tre. In più ha deciso per le cover straniere durante la serata dei duetti. Un potere un filino esagerato che dovrebbe far fare una riflessione anche sul ruolo stesso del Direttore, ma si sa che in Rai piacciono gli uomini forti che prendono il controllo di tutto.
Non solo, piace anche l'usato sicuro, quello garantito a rischio zero, e la "satira" di Fiorello ne è la garanzia di qualità: farsi beffe di potenti in modo trasversale essendo in realtà mai pungente e amico di tutti, fino a risultare stucchevole. Molti avevamo predetto che questo potesse essere l'anno di Alessandro Cattelan, strappato a Sky per entrare nella tv di Stato per un show (Da grande) che poi non è andato benissimo ma è stato dirottato all'Eurofestival. Forse troppo giovane, forse troppo nuovo per quelli della vecchia guardia, alla fine il suo nome non è mai stato veramente associato a Sanremo. Si sono fatti timidamente nomi della concorrenza, anch'essi usati sicurissimi, tipo Gerry Scotti, Paolo Bonolis o Alessia Marcuzzi senza però trovare maggioranze o quadre contrattuali e allora l'impasse a pochi mesi dal Festival è stato tale da dover richiamare Amadeus, il cui granitico NO non era poi così tanto granitico, per fare una terza edizione in cui ha avuto i pieni poteri.
Quindi, esattamente com'è avvenuto per la politica, anche per il Festival di Sanremo è stato richiamato il reggente del trono, così da non destabilizzare troppo il pubblico o le forze in gioco e in modo da far invecchiare adeguatamente tutti i pretendenti, neanche fossero whisky nelle botti di rovere. Per quanto la tv lo ringiovanisca, Amadeus ha 59 anni e al Festival di Sanremo serve un ricambio generazionale che guardi a 360 gradi e che si faccia meno influenzare dai numeri per non ritrovarsi semplicemente un'ammucchiata di nomi che algoritmicamente soddisferanno tutti i palati, senza guardare troppo alla proposta artistica. Ma poi mettermi a parlare di arte e Sanremo nella solita frase mi faccio pat pat da solo, cosciente del fatto che in Italia l'usato sicuro avrà sempre più valore del nuovo. E come diceva Giulio Andreotti, uno che di cose ne sapeva, a pensar male degli altri si fa peccato ma spesso ci si indovina.
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L'articolo Amadeus come Mattarella, volti di un Paese impaurito e immobile di Simone Stefanini è apparso su Rockit.it il 2022-01-31 11:17:00
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