Le cortesi spie che abbiamo all'Ariston mi hanno consegnato in tempo la scaletta della terza serata, quella dei duetti del giovedì sera e voi m'insegnate che dopo due fuori orari consecutivi di 5 ore, l'essere umano ha bisogno di relax, quindi sono uscito a bere. La tecnologia mi ha aiutato (o perseguitato, vedetela come volete), dunque mi sono portato Sanremo via smartphone anche nel tempio del peccato e sono tornato a casa talmente in forma che ho dimenticato il cane in macchina. Per recuperarlo mi sono perso parte del monologo di Benigni, ma mi è sembrato lo stesso insostenibile. Ho notato una cosa: Roberto Benigni ha un po' schifato Amadeus, probabilmente non ritenendolo all'altezza dei mostri sacri del passato tipo Baudo o la Carrà, e non ha fatto nessuna gag né cercato complicità. Questa mossa un po' snob mi ha fatto morire d'affetto per Ama, che è così poco adatto al ruolo da aver fatto il giro e creato il Festival più seguito da duecento anni a questa parte. Occhio però, seguito non vuol dire bello.
Con questa premessa parto con la cronaca della serata che, vista l'assenza di Fiorello, sembrava scorrere spedita e invece anche stavolta è finita in piena notte e ci ha lasciato vinti ancora una volta. Serata cover dei fantasmi dei Sanremo passati con l'aggiunta del duetto, che in alcuni casi si è rivelato letale. Parte Zarrillo insieme a Fausto Leali con Deborah, senza infamia e senza lode, sembrava un intermezzo a Domenica In, segue Junior Cally coi Viito che fanno Vado al massimo di Vasco (che salutiamo, oggi è il suo compleanno). Ci sono delle basi da rispettare, se si fa questo mestiere, tipo: se sei i Viito, Vasco Rossi in pubblico non lo devi fare. Una versione caricata quasi a livello caricaturale, e che vuoi fare a gara a chi è più maledetto tra Vasco nell'82 e i Viito? Per cortesia.
Masini e Arisa fanno Vacanze romane dei Matia Bazar ma siamo sempre in quell'intermezzo domenicale con Mara Venier, mentre Riki e Ana Mena (L'edera, Nilla Pizzi, Sanremo 1756) ma neanche a cento euro per la comparsata in discoteca a Ischiano Scalo. Un po' di respiro gentilmente concesso da Gualazzi con Simona Molinari, nella loro seppur leziosa E se domani jazzata, per ripombare nel grande boh di Anastasio con la PFM. Fanno Spalle al muro di Renato Zero, l'intenzione è lodevole ma l'esecuzione un po' sballonzolante, in più c'è quella cosa del parlare dei cazzi propri nelle canzoni altrui che mi crea un bel fastidio. Quanto cazzo è sempre arrabbiato Anastasio? Neanche la canzone sugli anziani lo placa e un po' mi dispiace, potrebbe essere più godibile se non si prendesse sempre così sul serio.
Il trio formato da Levante, Francesca Michielin e Maria Antonietta esegue Si può dare di più di Tozzi, Morandi & Ruggeri, uno degli inni di Sanremo e dico la verità, pensavo peggio. Quando ho letto cosa avrebbero cantato l'ho battezzata scelta suicida, invece diciamo due o tre tagli emo e niente di più. A volte non si prendono con le voci ma capisco l'intenzione. Alberto Urso ipnotizza con la fissità del suo sguardo Ornella Vanoni, che un po' si perde ne La voce del silenzio, e questo più che zia Mara è il momento Milly Carlucci. Elodie sale sul palco col pianista Aeham Ahmad, quello che suonava tra le macerie in Siria e vuoi l'alcol, vuoi la canzone Adesso tu che m'ha sempre fatto volare, un po' mi sono commosso, nonostante la cantante faccia un po' il compitino. Mi piace Elodie, si sta facendo il culo per togliersi di dosso il fantasma di Amici e non è facile per niente.
Amo Rancore che fa Luce di Elisa insieme a La rappresentante di lista e stavolta le barre ci stanno benone col pezzo, in più Veronica Lucchesi alla voce è una garanzia. Bravi anche i Pinguini Tattici Nucleari che usano il loro spazio per fare una gag alla Elio negli anni d'oro. Il cantante enfatizza un po' troppo ogni sillaba, ma il medley di Papaveri e papere, Nessuno mi può giudicare, Gianna, Sarà perché ti amo, Una musica può fare, Salirò, Sono solo parole e Rolls Royce fa svegliare il pubblico dall'intorpidimento delle membra, dalla sonnolenza dello spirito, giusto in tempo per ricascare nell'incubo nero pece di Nigiotti e Cristicchi che fanno Ti regalerò una rosa. Quella canzone non la sopporto, non sopporto chi l'ha scritta, chi la canta e chi la vota. Caso chiuso.
Discorso a parte lo merita Giordana Angi che, a parte risultare sempre sofferente per motivi a me oscuri, spesso viene paragonata a Mia Martini e allora decide di cantare proprio lei, prendendosi dei rischi (la sua versione è senza dubbio deboluccia), ma ricordandomi che canzone meravigliosa fosse La nevicata del '56. Sono assolutamente pronto per un rant, che piove addosso a Le vibrazioni, che insieme ai Canova decidono a tavolino di smosciare quel manifesto melò-core viscerale che è Un'emozione da poco cantata da Anna Oxa vestita come un punk londinese. Due band rock che dimostrano quanto il rock senza la droga non possa esistere, e infatti loro mi sembrano quelli che tolgono il grasso dal prosciutto. Assolutamente inconsistenti, senz'anima.
Diodato e Nina Zilli creano un musical su 24000 baci di Celentano e l'idea che i ballerini sollevino lui invece di lei mi piace assai, per il resto ampiamente sufficiente senza miracoli. Poi il miracolo avvine davvero: entrano Tosca e la cantante spagnola Silvia Perez Cruz per cantare Piazza grande di Dalla e senza effetti speciali, mosse studiate, trovate ad effetto incantano per la bellezza della loro versione, delle loro voci che si fondono alla perfezione, per quegli occhi, quella naturalezza e pure quel divertimento che devi avere mentre canti, altrimenti non senti niente e puoi pure cambiare mestiere. Non è vero che la classe o ce l'hai o non ce l'hai, ci devi lavorare sopra una vita.
Rita Pavone e il maestro Minghi (che ricordiamo come autore delle musiche di Fantaghirò) rifanno la di lui 1950, molto bella in originale e parcchio meno in questa versione. Poi le bombe, riservate tutte per il finale e la prima deflagra forte. Abbiamo capito, e l'ha capito bene anche lui, che tutto ciò che fa Achille Lauro a questo Festival diventa titolo da prima pagina, e allora lui si traveste da David Bowie e canta Gli uomini non cambiano di Mia Martini senza cambiare soggetto, lasciando la protagonista femminile e lasciandoci sbigottiti per quanto la borgata romana e la voce poco intonata si sposino perfettamente con la canzone, che poi la bravissima Annalisa apre perfettamente, facendomi partire uno chapeau da casa. Lauro è furbo, non so neanche quanto sia sincero in quello che fa, ma lo fa maledettamente bene. Gesù, è lo stesso che strillava su Thoiry e ora canta melodico l'intoccabile, creando una performance politica e piena di significato.
Discorso a parte per Morgan con lo sperdutissimo Bugo, che interpretano Canzone per te di Sergio Endrigo, e si capisce che quella roba lì piace a uno solo dei due, che infatti si prende la scena, suona, stona, dirige e fa il Morgan, lasciando il socio a non sapere letteralmente che fare, a canticchiarla tipo quando sei in macchina nel traffico. Non so se questa disperazione che m'investe come un'onda sia per la figura di merda fatta o per il rispetto che comunque ho per loro, nonostante tutto. Siamo quasi alla fine, l'ora è tarda, ma entra Irene Grandi e porta con sé Bobo Rondelli, il cantautore livornese che dalle mie parti è un'icona al pari del Colosseo a Roma. Cantano La musica è finita con una classe da spellarsi le mani dafli applausi, e vedere Bobo su quel palco è un sogno.
Ci pensa Piero Pelù a risvegliare tutti con Cuore matto del povero Little Tony, e la fa in versione ruock, alla sua maniera, senza fingere, alla fine per lui la musica è questo. È sincero, intonato e porta sempre a casa la serata, gli voglio un po' di bene anche se le occasioni d'imbarazzo con lui non mancano mai. Paolo Jannacci con Francesco Mandelli cantano Se me lo dicevi prima, un pezzo di Enzo Jannacci e si rinnova quella pratica antipatica del figlio che rifà il padre defunto. Bravi, ma troppo facile così.
Ho letto sui social molti incazzati che giudicano Elettra Lamborghini e Myss Keta per le doti canore, senza capire che a mettersi in ridicolo non erano le due queen ma loro stessi. Ci sono situazioni in cui quel tipo di giudizio va sospeso per forza, ed entra in ballo il divertimento, che in musica esiste sempre, grazie a dio. Le due giocano, fingono un limone, cantano Non succederà più di Claudia Mori, che è una canzone apparentemente leggera con sottotesto girl power. È chiaro, stonano che nemmeno il campanone di Rovereto, ma era davvero quello il punto con loro sul palco? Un po' di leggerezza, qualche pailette ogni tanto ce la possiamo pure concedere.
Conclude la serata Gabbani che è già la mattina dopo, si traveste da astronauta per cantare L'italiano di Toto Cutugno e sembra voler mettere le mani sull'Eurovision, ma il suo essere fieramente cerchiobottista me lo farebbe rimanere antipatico anche se mi prestasse 600 euro. Cos'è successo in più ieri sera? Ah, due ragazze che stavolta sembravano proprio vallette d'altri tempi e una aveva il fidanzato (Cristiano Ronaldo) in prima fila, Benigni che ha letto due libri soli nella vita e già che c'era li ha imparati a memoria, la Mika geniale, il tipo che vorrebbe essere Ed Sheeran e allora rilancia al ribasso, Tiziano Ferro che non riesce a brillare neanche stavolta e il grande assente Fiorello, che regala meno spettacolo ma almeno ci fa andare a letto prima di colazione. È venerdì, la stanchezza si fa sentire da tutte le parti e il pensiero che ci sono altre due serate mi devasta. Spero solo nella rissa Ferro-Fiorello e attendo il vincitore dei giovani con la stessa trepidazione con cui vedo passare i numeri in coda alla posta. Servono il 15, sono il 102.
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L'articolo Sanremo 2020, tra santi, miracolati e vilipendi di cadavere di Simone Stefanini è apparso su Rockit.it il 2020-02-07 11:06:00
COMMENTI (2)
Sanremo ha sensibilità solo per gli editoriali del giorno dopo. Come sempre applausi a scena aperta.
"...Ti regalerò una rosa. Quella canzone non la sopporto, non sopporto chi l'ha scritta, chi la canta e chi la vota. Caso chiuso." E CON QUESTO SEI IL MIO NUOVO ANIMALE GUIDA. Tutto perfetto per me, a voi studio.