Il primo ascolto di Fottuti per sempre, la canzone che Lo Stato Sociale ha pubblicato insieme a Vasco Brondi, mi ha lasciato senza parole e ho dovuto ascoltarla di nuovo per poterla digerire. Proprio come quel boccone, quell'ovosodo che non va ne su né giù nel film generazionale di Paolo Virzì, il testo ti fa lo sgambetto mentre scrolli anche la musica, perché adesso si fa così talmente tutto è veloce. Ti fa male a vari livelli, perché tu, come i ragazzi della band, come Vasco, questo percorso al rialzo l'hai visto nascere, ti ci sei scontrato, ci sei stato dentro e l'hai nuotato a dorso per farti bello nelle foto di Instagram e poi ci sei mezzo affogato, hai posato il cocktail e hai sgonfiato il salvagente a forma di fenicottero rosa per renderti conto di come sia stato possibile passare dall'essere contro all'essere dentro, al non capirci più un cazzo.
Prima di parlarne a fondo mi viene in mente una dichiarazione di Tommaso Paradiso, che potrebbe essere il volto del libro sull'ascesa e il declino di quello che è stata chiamata per qualche anno "l'indie italiano", che rispondendo a Coez spazientito dai numeri che non tornano più, dal poco successo di una musica che solo qualche mese prima stava diventando tormentone, disse semplicemente una cosa tipo "Prima andavamo di moda, oggi no". Una riduzione ai minimi termini di un concetto che potrebbe essere analizzato in mille modi e che porterebbe sempre allo stesso risultato.
Fottuti per sempre è una canzone autobiografica, per più di metà parla direttamente della stori de Lo Stato Sociale mentre alla fine, la parte di Vasco Brondi fa i conti con il sentire di una generazione di ex giovani (o ex pazzi) che vengono assolti nell'ultima frase: "Ma avevamo ragione". Verrebbe subito da scomodare Fabrizio De André della Canzone del maggio (Anche se voi vi credete assolti, siete lo stesso coinvolti), ma i regaz lo sanno benissimo e parlano proprio, esattamente di quello, nel più umano dei confronti.
Canta Lodo, riprendendosi il ruolo che gli è più congeniale - se non leader quantomeno portavoce - e narra la storia per com'è stata, dalla canzone Cromosomi in cui LSS si dichiara fuori dalle mode e dalle classifiche a Sanremo, un posto in cui quando ci vai la prima volta da outsider deflagri, già la seconda fai parte dell'arredamento. Parla del sogno di riempire un palasport e della realtà ben meno onirica che fa il gioco delle banche, della poltrona di giudice di X Factor e della paura del gossip. Manca la parte in cui la band si stava per sciogliere, ma si intuisce lo stesso, perché quando arriva il ciclone dell'hype non è facile restare attaccati alle radici e questo contribuisce al rimpianto - quasi - postumo. Così non è andata e Lo Stato Sociale è sempre qui a raccontarcelo.
Fottuti per sempre, famosi per gioco
non è vero che la musica ti salverà
manca una consonante per indovinare
il nome della nostra band e vincere l’Eredità
non credere a niente quando tutto è una moda
spendi tutti i soldi e fotti la celebrità
non c’è niente di vero a a parte le canzoni
che scrivi a sedici anni sopra ai cessi di un bar
così stupido e bambino da crederci davvero
Mentre l'ascolti che fai? Ne sei toccato, ti commuovi e ti arrabbi perché anche tu sei parte dell'ingranaggio, sei stato giovane e rivoluzionario, sei passato dal biglietto del club all'accredito del palasport e ti sembrava di essere arrivato, ma poi quando torni in un club e guardi l'intensità dei ragazzini e delle ragazzine che suonano come se la musica dovesse salvare le loro vite, ti senti di appartenere a quel luogo, pure se hai passato i quaranta e preferisci stare un po' lontano dalle casse, bere una birra in meno e sant'iddio smetterla di guardare le tipe che, vuoi non vuoi, ai concerti nei club sono sempre le più belle.
Che sei un boomer, un boomerang, una cosa che di fatto torna indietro al "forse ho passato gli ultimi anni a spingere l'acceleratore verso una nuova fruizione, un futuro in cui la musica è a portata di mano di tutti e tutte, quasi gratis, quasi dovendo ascoltare tutte le uscite anche quelle che non m piacciono nel tentativo di capirle, di farle mie, di farmele andare bene fino a non capire nemmeno più il perché". Ricordate quando c'erano quei dibattiti sui siti tipo Vice in cui gl'intellettuali del tempo ritenevano ogni tipo di nostalgia un fatto reazionario, destrorso e che il sol dell'avvenire si poteva vedere solo guardando avanti? In teoria funzionava perfettamente, ma poi da quella nostalgia canagliona ci siamo passati tutti, pure quelli più intransigenti. Forse perché, nel gioco di cos'è di destra e cos'è di sinistra, non cambiare mai idea è la cosa più reazionaria di tutte.
L'indie italiano è morto da tempo e come diceva Giovanni Lindo Ferretti - che è sempre un nome spendibile dopo che si è parlato di politica - "Intanto Paolo VI non c'è più, è morto Berlinguer, qualcuno ha l'Aids, qualcuno il pre, qualcuno è post senza essere mai stato niente". Se sostituiamo i nomi con alcuni più recenti, l'Hiv col Covid, siamo sempre lì. Il mondo alternativo non riesce a essere più alternativo perché come fai a essere più outsider di un qualsiasi ragazzino di 16 anni che viene da un ghetto, non sa un cazzo di musica ma vomita versi su una base, butta il risultato sui social o su YouTube e senza contratto, senza appoggi, sponsor o producer famosi intercetta perfettamente la noia, la rabbia, la furia e lo sdegno del suo pubblico che ha 2 o 3 anni meno di lui?
Puoi solo fare un passo laterale, lasciare che tutto vada dove deve andare e intanto guardare da dove sei venuto, quali erano le tue radici, cosa hai barattato per arrivare fino a qui e quanto ti è convenuto. Puoi essere sincero con te stesso e dire che, a vederlo oggi, non è vero che la musica ti salverà, ma cazzo se ti ha salvato tempo fa. E poi, esattamente come chiosa Vasco Brondi mentre recita l'elogio funebre del mondo indie, alternativo, del mondo per come lo conoscevamo da ragazzi, puoi ricordarti dove sei partito e riconoscere i tuoi Santi, edulcorando o idealizzando un bel po' di aspetti ma in una retrospettiva ci sta, per respirare un po' di quel teen spirit che oggi non sai neanche più dove trovarlo. L'assoluzione finale la daranno o meno gli ascoltatori, noi possiamo solo dire che Fottuti per sempre è una canzone importante, destinata a far parlare, a restare, ad essere ascoltata più di una volta.
Eravamo giovani, ingenui, arrabbiati
allegri e disperati
credevamo che i soldi fossero il male
odiavamo chi sventola le manette
chi ha sempre qualcuno da condannare
eravamo dalla parte di chi non ha niente
non importa l’appartenenza sociale
l’identità sessuale
avevamo letto da qualche parte
“Un uomo è ricco in proporzione al numero di cose
di cui può fare a meno”
ma anche che il sistema schiaccia chi non ha denaro
e si serve di chi è povero di pensiero
credevamo di poter parlare di tutto senza qualificarci
e senza inginocchiarci davanti al progresso
le idee non sono discoteche, non fanno selezione alla porta d’ingresso
credevamo che ci si salva solo insieme
che la felicità è sovversiva quando si connette XX
che la libertà di lamentarsi di qualsiasi cosa
non avesse niente a che fare con la libertà
che essere diversi fosse un diritto
non una scusa per attaccare chi non ti ha capito
volevamo cambiare tutto non riempire un altro vuoto di mercato
andavamo a un concerto sconvolti come un rito sciamano
e alla fine dormivamo alla stazione
pensavamo che la vita sulla terra
non dipendesse da come andavano i sistemi economici e politici
ma dal brillare del sole
eravamo giovani, giovani o pazzi
ma avevamo ragione---
L'articolo Anche la nostra generazione ha perso di Simone Stefanini è apparso su Rockit.it il 2023-01-13 11:13:00
COMMENTI (4)
Te la prendi coi giudici di x-factor e poi vai a fare il giudice di x-factor, ora piagnucoli ma vai in mona
@Ghiacciolo non è arrivato a me, ma è possibile, la sensibilità è personale. Tuttavia non è la canzone ma il titolo e l'impostazione dell'articolo ad essere marcatamente generazionale, prova a farci caso.
Un saluto!
@giorgiam la canzone non parla dello stress per il successo. Parla del crescere, diventare grandi e vivere lontano dagli ideali che ti stavano a cuore -che non vuol dire che non ti stiano più a cuore adesso, ma che semplicemente la vita ti porta ad essere simbolo di altri.
Non ho la presunzione di dire se questa cosa sia generazionale, ma a me che ho raggiunto la maggiore età ascoltando quell'indie lì e che adesso ho 30 anni, qualcosa è arrivato. Non il gossip, o XFactor, o avere successo, ma crescere e fare i conti con se stessi
Questa fa il paio con "Contro il mondo", bene? Mica tanto.
Scrivo questo perché Brondi e Bianconi sono autori che apprezzo ma mi chiedo a chi possano essere indirizzate canzoni del genere. Canzoni di successo inappagante, smidollato, poltrone tv e parquet a distesa. L'autore dell'articolo parla di "Fottuti per sempre" come di una canzone potenzialme generazionale ma come si fa a dire che il sentimento di una generazione in una congiuntura economica e politica discendente sia la vergogna per l'imborghesimento e magari per l'arricchimento personale? Ma di chi stiamo parlando? Questo sentimento, certamente ricevibile se frutto di una analisi onesta e autobiografica degli autori, è quanto di più anti-generazionale ed elitario si possa immaginare. Il paragone con "Svegliami" (e l'incauto inciampo HIV-Covid) è onestamente irricevibile. La narrativa di Ferretti è davvero collettiva e storicamente radicata, "Svegliami" la capisco io e la può capire mio padre, ma chi è disposto a mettersi nei panni dei nuovi cantautori stressati dal successo? Fuori da Rockit, si intende.