"Forse ci siamo invecchiati male"! Questo il pensiero uscito dal mio Gulliver (va là, alla Kubrick) al termine dell'usuale excursus per le varie classifiche di fine anno sui giornali musicali rimasti in giro. Che il rock sia vivo e lotti insieme a noi lo so bene da me (e qui sotto ci sono le scalpitanti prove...), ma a leggere in giro, apparentemente, sembrerebbe più consolidabile la teoria secondo cui sia morto chissà da quanto e i Maneskin gli unici a farsene cruccio, visti i pressoché illusori posizionamenti dal fondo alla cima delle varie liste.
Tuttavia, al netto dello strapotere consolidato del pop e del rap, sebbene ormai raramente i nomi noti aggiungono opere significative a canoni che hanno subito solo palesi cali qualitativi, a colpire maggiormente è il generale sentore di “stocazzismo” diffuso. Ossia, nelle poche posizioni occupate da artisti nostrani c'è tutto un crepitare di ambient-electronic-avant-minimal-synth-experimental figlia, nel migliore dei casi, del successo di Incani ma spesso simile al Verdone di Sono Pazzo di Iris Blond, quel Romeo wannabe di Brian Eno senza ½ grammo di Brian Eno. Ma c'è veramente bisogno di fare questa roba per nobilitarsi e dimostrarsi (artisti) adulti?
Da contorno: rocker sempre più innocui, soundtrackisti non così ispirati e ben tre riflessioni sui nuovi Anni Venti. Eppure. Di segnali il rock ce ne ha dati anche nel 2023. Rock basato sulla violenza degli strumenti e la potente amplificazione, come emanazione delle parole di John Sinclair (“Il rock è la grande forza liberatrice della nostra epoca”), in una veduta che per fortuna non collima con questo guazzo di snobismo per quarantenni imbolsiti che parte della critica individua come unico degno di interesse.
Marthe – Further In Evil (Southern Lord)
DOVE: South of Bologna
PERCHÉ: Al netto dei parallelismi con Bathory, Marthe suona come si definisce: one woman band, antifascist, feminist, misanthropic. Non uno sgangherato progetto black metal di Marziona Silvani (già Horror Vacui), ma un act blackened a dosaggio macro di doom, con riff enormi come un rullo compressione. Già un culto, al pari di Thorr's Hammer e Melissa.
Øjne – Sogno #3 (To Loose La Track)
DOVE: Milano da urlare
PERCHÉ: Le influenze degli Øjne, e ci tengono a precisarlo di continuo, trascendono qualsivoglia percepibile confine spaziotemporale screamo con una tale fluidità che cercare di determinare l'esatta formula discografica contenuta nel background appare inutile e fuorviante. Resta un album suonato ad alto volume, con testi enormi e botte emotive devastanti.
Noverte – Con uno sguardo solo (Dischi Decenti)
DOVE: Fuori sede a Bologna
PERCHÉ: I Noverte non se li aspettava nessuno e invece sfondano i muri, decompongono il loro suono, lo caricano d'affetto per lo screamo dissonante e di math-rock in potenza, per deformare il tutto col post-hardcore. Una volta spazzato via lo sporco e aperto il coperchio di latta, vi troverete tra le mani uno degli album più emo/skramz più belli da anni.
Slug Gore – Extraterrestrial Gastropod Mollusc (Autoproduzione)
DOVE: L'internet
PERCHÉ: Se siete tra quelli che i La Sad sono “da sfigati” è giusto che sappiate che siete già out (fuori moda). Ora lo sport è dare addosso ai ravennati Slug Gore. Loro, autori di un grindcore rosa shocking e cazzone, con un seguito che altri nemmeno in trent'anni, continueranno a divertirsi e a suonare... ma volete mettere il brivido della polemica?
Quercia – Dove si muore davvero (Autoproduzione)
DOVE: Iglesias, non Julio
PERCHÉ: Il legame tra emo e isolazionismo da decenni è un classico del genere nato a Washington per mano di Ian MacKaye. Tutto poi sta a come lo si fa emergere: la pertinenza dei Quercia ne è la forma migliore, rendendoli capaci di dialogare tra simili nonostante l'indipendenza discografica, la distanza geografica e la complessità artistica.
Carlame – Sabotage (Professional Punkers)
DOVE: Sapessi com'è strano incontrarsi al CIM di Milano
PERCHÉ: Un disco che scardina tutte le sicurezze che ci si poteva esser fatti su Carlame e della sua idea stessa di punk. Un disco ispiratissimo, brevissimo, a suo modo minimale ma variegato al tempo stesso, che fa sorridere nella sua estrema tragicità per poi commuovere con un battito di ciglia. Tutto unito alla voce storta e alle parole smangiucchiate del suo autore.
Lorenzo Stecconi – Ambula Ab Intra (Subsound Records)
DOVE: Ostia Male
PERCHÉ: Un disco di quelli che funzionano meglio sotto la pioggia. Associato con troppa celerità al carrozzone drone/ambient, il fattore dominante - e avvincente - si rintraccia invece nel dedalo di contaminazioni fra le quali il chitarrista (dei Lento e ora dei Traum) compie slalom di entusiasmanti improvvisazioni alla ricerca di un suo suono intimo e personale.
Winter Dust – Unisono (Shove Records)
DOVE: Nel mid-west di Padova
PERCHÉ: I padovani hanno raggiunto un grado di consapevolezza invidiabile. Tra i primi dischi di cui ci siamo innamorati, Unisono, arriva a fine anno senza aver perso un briciolo di fascino. Cantato per la prima volta in italiano, l'emo sinusoidale di post screziato si tinge delle acrobazie liberatorie che solo una piena padronanza linguistica può dare.
The Hurricanes – Ghostwriting (autoproduzione)
DOVE: Cagliari come luogo dell'anima
PERCHÉ: Loro con modestia lo definiscono “punk rock tunes for nostalgic kids”. In realtà i sardi creano un originale concept, introspettivo ed essenziale, che si collega ai Rancid più raw e crunchy, più Lars che Tim, più Let's Go che ...And Out, e alla fine stai a vedere che l'aneddotica di Cagliari risulta pure più interessante e avvincente di quella di Berkeley?
Fvzz Popvli – III (Retrovox Records)
DOVE: Super fuzz to the Circo Massimo
PERCHÉ: Se su una vecchia maglietta di Dirt Magazine appariva la scritta: “O stai con gli Stooges o sei il nemico”, il power trio romano non solo sta con gli Stooges ma anche con i Dead Boys, gli Hawkwind, i Blue Cheer, i Fu Manchu, Ty Segall e tutti quegli altri con una concezione del garage e del punk e della jam amabilmente psichedelica e fuori dalle righe.
Suburban Noise – Somewhere Between Now and Forever (Overdrive/Shove)
DOVE: Lecce fa surf
PERCHÉ: Uscito terribilmente a cavallo tra 2022 e 2023, il pre-order venne aperto il 27 dicembre, il disco dei Suburban Noise non ha ottenuto quella considerazione e attenzione che meritava a pieno titolo sia l'anno scorso che questo. Nati come crew di skater appassionati di punk scoperto nei video di tricks anni '90, tornano da maestri per insegnare agli altri “come si fa”.
Selflore – L'immagine che ho di me (Non Ti Seguo Records e altre)
DOVE: Milano con la neve
PERCHÉ: Tra i pregi dei Selflore annoterei le liriche comprensibili anche senza testo davanti. Non che sia indispensabile ma fa piacere trovarsi ogni tanto un cantante che canta senza ammazzare la propria lingua madre. Ciò contribuisce ad amplificare il post-hardcore ed emogaze in una perfetta dualità tra potenza di suono e sciogliersi nella melodia del canto.
Neraneve – Neraneve (autoproduzione)
DOVE: Frosinone non è mai stata così bella
PERCHÉ: Il terzetto frusinate pesca brani shoegaze dal passato della nostra memoria e li reinventa unendoli alla nugaze, al dream pop e persino a certo gothic per come lo si poteva intendere nei This Mortal Coil o in certe idee di Rozz Williams post-Christian Death. Tutto incasellato a perfezione in un EP dove c'è misura sia nella pienezza che nella sottrazione.
AlGot – Ough (Kosmica Dischi e altre)
DOVE: Roma Ah-Um
PERCHÉ: Un quintetto che giunge al suo disco numero tre (se contiamo il Math Demo) dando il meglio di sé; fondendo assieme l'art punk, alternative/post/free e math rock con mano felicissima; riuscendo ad amalgamare queste idee e ispirazioni in uno stile distintivo. Con una registrazione poi di studio quasi live che rende l'esperienza dal vivo impeccabile.
Bottomless – The Banishing (Dying Victims)
DOVE: A nord-est di Birmingham
PERCHÉ: Ultimo disco con Sara dei Messa al basso per questo terzetto italianissimo ma “molto poco italiano” (sempre per citare l'amato Boris): il doom proposto è infatti di ottima fattura e ampio spettro, un tripudio di riff e ritmi rallentati da ascoltare a tutto volume che colpisce per la capacità di mischiare le carte senza fare leva sui soli(ti) classici del genere.
Jaguero – Jaguero (Epidemic Records)
DOVE: Noi ragazzi dello zoo di Vicenza
PERCHÉ: Quartetto composto da membri di Slander, Regarde e La Fortuna, i Jaguero sono una di quelle band incollocabili a livello di genere, ma che riuscendo a mescolare bene influenze davvero distanti e a convincere una fetta piuttosto trasversale di pubblico che non comprende soltanto punk, si confermano un esperimento che sta riuscendo davvero bene.
San Leo – Aves Raras (Bronson Recordings)
DOVE: Rimini termonucleare
PERCHÉ: Il duo San Leo formato da inserirefloppino (batteria) e m tabe (chitarra) torna con il loro quinto album, mentre il resto del mondo resta fermo ai Bud Spencer Blues Explosion. E Dio solo sa il perché. Aves Raras respira quella primale potenza psichedelica e febbrile di ricerca kraut. C'è chi lo chiama mantra-core ma il risultato resta incredibilmente rock.
Still No One – This Is Fuel (autoproduzione)
DOVE: Castelfranco Bay
PERCHÉ: Altra autoproduzione dal tiro enorme che ci spiega ancora una volta il perché del famoso adagio “Era meglio il demo!”. I quattro Still No One posano, per loro stessa ammissione, le radici nella solidità di quel melodic skatepunk d'area 90's losangelina. A fare la differenza sono le finiture, ora più melodiche ora più hardcore, per un debutto dinamico e brillante.
LineOut – Andromeda (No Reason)
DOVE: Fuori dagli schemi
PERCHÉ: In una Milano fashionista sempre ossessionata dal come stare sul pezzo, come suonare e sembrare per monetizzare (anche quando non sembra) i Lineout appaiono outsider a tutti gli effetti. Andromeda è un'unica traccia di 52 minuti che scardina dall'interno qualsiasi postulato punk scritto fin'ora, a partire dal concetto di brevità. E siamo solo all'inizio.
Madbeat – La ballata dei bicchieri vuoti (Motorcity Produzioni)
DOVE: TOHC 3.0
PERCHÉ: Da dieci anni a questa parte i Madbeat fanno parte della nuova scuola HC torinese come i più anzianotti Bull Brigade e, come questi, oltre a essere dichiaratamente antifascisti e legati alle esperienze working class e calcistiche, hanno deciso di mescolare il punk Oi con linee marcate di indie '00 più intimista e malinconico. Produce Fabio Valente.
Vonneumann – Johnniac (Ammiratore Omonimo)
DOVE: La Sapienza
PERCHÉ: Ogni disco dei romani Vanneumann è un concentrato di nozioni, idee e informazioni che bisognerebbe ringraziarli solo per il bagaglio culturale che ogni volta condividono con noi mezze seghe che parlano sempre e solo di musica. Al di là d ciò, Johnniac è un altro disco fenomenale di post-rock alla Tortoise che lega math rock e improvvisazione.
Fever – Cupio dissolvi (Flamingo Records)
DOVE: Genova la superba, Imperia la matta
PERCHÉ: Un anno fa se mi avessero detto che il gruppo maggiormente recettore dei nuovi modi di sentire il punk che hanno negli High Vis o Syndrome 81 i capisaldi, ma che in realtà non disdegna roba più pesa alla Poison Ruin sarebbe arrivata da Imperia, per un'etichetta con un fenicottero rosa sul logo, sarei rimasto F4 (basito). Oggi invece ne sono grato.
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L'articolo L’anti classifica dei migliori dischi del 2023 di giorgiomoltisanti è apparso su Rockit.it il 2023-12-22 11:41:00
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