Come sono le piccole realtà di provincia o le città italiane poco famose, viste dagli occhi dei musicisti che ci abitano o che ci sono cresciuti? Lo abbiamo chiesto direttamente a loro, che per una volta, invece di suonare diventano guide turistiche piuttosto particolari. Oggi Simone mi odia ci porta a Orvieto, provincia di Terni.
Qual è il luogo della tua città da visitare assolutamente?
Facile: a Orvieto c’è una delle più belle cattedrali del mondo.
In quale posto si mangia meglio?
Parliamo di una città turistica, con quasi più ristoranti che abitanti, si mangia bene in molti posti, preferisco quindi citare dei bistrot che propongono anche musica dal vivo come il Febo, o il Vincaffè, dove suoniamo spesso, mentre l’Oscar qualità-prezzo va a Le Querce ad Allerona, guardacaso a due passi dalla nostra sala prove.
Qual è la storia o leggenda metropolitana più assurda che si racconta nella tua zona?
Città etrusca e poi con una torbida storia medievale, Orvieto è piena di leggende e fantasmi, c’è un sito che interpreta, con un po’ di fantasia, il nostro famoso Pozzo di San Patrizio (o “pozzo senza fondo” per la sua struttura a doppia elica), come un varco extra-dimensionale.
Descrivi in tre parole la gente del posto.
Chiusa, testarda, talentuosa.
In quale negozio di dischi ti sei fatto una cultura musicale?
Io stesso ho avuto un negozio di dischi: il Superfuzz, anche se è durato solo un paio d’anni, diciamo che per trovare certi dischi si prendeva la macchina fino al Musica Musica di Perugia, dove compravo i miei primi dischi dei Sonic Youth.
Ma tutti qui abbiamo un ricordo della “Casa del disco” dell’Irma: una signora che teneva accanto sullo stesso scaffale Baglioni e Belle & Sebastian, Claudio Villa e Velvet Undergound, non fece una piega neanche quando un metallaro locale le chiese l’ultimo dei “Jesus Hitler Adolf Christ”! L’insegna DISCHI del suo negozio, ormai chiuso da tempo, figura sulla copertina del primo album di Diodato.
Cosa si fa il sabato sera?
Si beve, si cena, si cerca qualcuno che suona, ci si stordisce come dappertutto, ma si sta anche volentieri in casa a cucinare e tirare tardi con gli amici.
Dove si ascolta / ascoltava la musica dal vivo?
Sai che qui c’è un “Comitato Antirumore”? Si tratta di abitanti del centro storico che si oppongono energicamente alla musica dal vivo.
Per non scontentare troppo i numerosi musicisti locali l’intrattenimento si è spostato nei bar, spesso in veste acustica e ridotta. Così 5 anni fa aprivamo con un po’ di amici il “Magazzino delle idee”, per proporre esclusivamente musica inedita e di qualità (per fare qualche nome hanno suonato da noi Benvegnù, Appino, Fiori, Angelini, Sinigallia, e altre centinaia di band ganzissime). Il Magazzino attualmente è chiuso in cerca di una sede che dia meno “fastidio”, però ha aperto allo scalo il Moody, un nuovo locale bello grande che ci fa ben sperare.
Dove hanno la sala prove le band del paese?
Da diversi anni, grazie anche a un finanziamento europeo, c’è il “Mr.T”, una sala prove pubblica, mentre uno dei primi a mettere a disposizione il suo bunker interrato fu Whisky. Benzinaio di giorno, cantautore di notte, tutti abbiamo mosso I primi passi nel suo garage, perchè dopo 10 prove ti registrava gratis e poi perchè è un personaggione che spesso ti lasciava anche una boccia di rosso omaggio vicino al mixer.
Noi da qualche mese abbiamo fatto il grande passo affittando una stanza tutta per noi in un capannone in periferia, quella vicina alla trattoria di cui sopra.
Quale band è diventata punto di riferimento per gruppi locali?
Abbiamo vissuto tutte le fasi: quella Doors, quella Guns’n’Roses, dei Marlene, quella duratura dei Nirvana, poi punk, nu-metal e post-rock, ora riconosco dai calzoni anche qualche timido appassionato di hip hop.
Molto radicato è il folk quello da ballare, c’è anche un festival che cresce ogni anno e d’estate la fa da padrone in molte rassegne.
Se parliamo di band locali i primi a fare musica propria, anche molto avanti per il tempo (parliamo dei primi anni ’90), furono i Niumonia. In molti abbiamo continuato a suonare cercando di raggiungere il loro suono e anche tutto quel casino che combinavano sul palco. Poi mi tocca di parlare ancora di me stesso, visto che negli anni ho sfornato un sacco di dischi tra Il pianto di Rachel cattiva, Petramante e Simone mi odia. È venuta un’intervista molto autoreferenziale, ma sono uno che non è mai emigrato dalla provincia, sperando di costruire qualcosa di bello qui, come un Maometto qualsiasi che aspetta la montagna, o perlomeno una cacchio di frana.
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L'articolo Baci dalla provincia: Simone mi odia racconta Orvieto di Chiara Longo è apparso su Rockit.it il 2015-06-25 12:26:00
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