È uno di quei live che faresti semplicemente fatica a descrivere con un paio di immagini sfocate e aggettivi tendenziosi. E va bene che davanti ti trovi la migliore band che ci sia mai potuta cascare addosso negli ultimi vent'anni, orgoglio nazionale d'esportazione (ma in quanti di voi veramente li conoscono e lo pensano?), e va bene che la Birreria 34, uno sputo di musica e vita in mezzo alla piana di Gioia Tauro, sia un posto bellissimo, col palchetto raccolto in fondo alla sala, dove in prima fila riesci a sentire il fiato sul collo di chi è fermo al bancone a bere birra, e magari neanche lo sa della vitale importanza e fortuna che abbia avuto stasera di trovarsi qui in mezzo a vedere gratis gli Uzeda.
Quindi, ci sono tutte le premesse per dirsi presenti a un qualcosa che vada oltre il semplice rituale di un concerto qualsiasi. Un viaggio spaccaossa in auto da Cosenza, 150 km di lacrimogeni tra gli sbandati, questioni private. È un'operazione culturale maiuscola (la prima data di un lungo tour europeo), che fa poi pari e patta con l'identità e l'ardore, la genuinità non ancora scalfita dopo tutto questo rincorrersi di riconoscimenti e applausi sprecati di là dell'Oceano, di una band come gli Uzeda. Una band del popolo, come ci tengono a ribadire anche loro. Onesta, come lo sono le facce di chi sta ad aspettare che qualcosa o qualcuno gli esploda in fronte stasera.
Il concerto è tiratissimo, loro non concedono nemmeno a una pausa. Suonano i classici, dal primo periodo Touch and Go fino all'ultimo, quello di "Stella", e ci mettono in mezzo anche tre inediti, a dimostrazione di come al tempo ci si può opporre ancora con la stessa dignitosa resistenza. 50 anni a testa o forse più e non sentirli. Giovanna è una furia, ed è bellissimo di come ancora in fondo agli occhi le brilli quella luce di rabbia che a quest'età ci si autoimpone come sconsiderata. Urla, si sbraccia, chiama a raccolta ideale il popolo di quelli che rimangono col cuore in mano, sottopalco, a cucirsi le ferite. Ci sono anch'io, e non mi trattengo, e allora mi chiedo com'è che sia possibile che tutto questo rumore generi così tanto sentimento. Ed è una risposta che va probabilmente trovata nelle pieghe delle corde impazzite della chitarra di Agostino, nell'incedere testardo della sezione ritmica. In un qualcosa che si deve per forza di cose chiamare identità biologica. O ce l'hai dal principio o sei fregato caro mio. Zero pose, tutto senso di appartenenza verso quello che si suona-e-fa. Finiscono tra gli applausi ed altri due bis schiacciasassi.
Le parole stanno a secco appunto. E gli Uzeda invece sono sempre lì a guidare, da venticinque anni la rivincita del vero in questo crocicchio musicale. Immobili eppure eterni. Quelle cose che diciamo leggenda, no?
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L'articolo Uzeda - Una band del popolo di Marcello Farno è apparso su Rockit.it il 2013-03-06 00:00:00
COMMENTI (2)
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Gli Uzeda a Taurianova?! O_o
E' ammirabile che riescano ancora a mantenere la loro vera attitudine dopo tutto questo tempo... Eterni si, perchè vivi!