Prima puntata di Battiti Live su Italia Uno, decido di guardarla, di immergermi nel nazionalpopolare, che alla fine non disdegno per niente. Mi preparo fantozzianamente con birrone gelato, pizza surgelata con aggiunta di formaggio e salsiccia, divano risucchiante e via per volare sulle note della musica in tv, per tornare giovani inseguendo sogni di Fiorello e Marcuzzi al Festivalbar. This is the Rhythm of the Night, o no? No, nemmeno per idea. La location è il bellissimo Castello Aragonese di Otranto e il set, quando ripreso dall'alto, appare come la festa di fine anno in una prigione. C'è il pubblico, tutto messo diligentemente a sedere e tutto di età molto giovane, tanto che non riesco a non ridere quando un fuori forma Nek fa il medley dei suoi successi e quando parte Laura non c'è urla "Cantatela tutti!" ma nessuno la canta perché nessuno la conosce. Troppo vecchia, target sbagliato.
L'iniziativa è di Radio Norba e viene presentata come di consueto dall'ingessatissimo svizzero Alan Palmieri e da Elisabetta Gregoraci, che sfoggia un vestito importante, diciamo. Tra i due la chimica è alle stelle, nel senso che se la intendono tra di loro senza però regalare alcuna emozione al pubblico da casa e ai musicisti che ospitano, che devono anche sottostare al siparietto mal costruito delle domande dal pubblico, introdotte dall'attrice e influencer (ma cosa ho fatto di male eh?) Mariasole Pollio. Solo Annalisa regala un brivido quando risponde alla tremendissima questione "Sei da movimento lento?" con "Beh, di certo lo preferisco al movimento veloce".
Insomma, per capire meglio Battiti Live basti pensare alla gioia che sprizza la piazza del Festivalbar e ricreare il tutto in laboratorio in una puntata di Black Mirror. Il primo ospite di questa puntata è Fedez che canta tre canzoni e lì mi rendo conto di una cosa: in nessuna di esse è lui il protagonista. Mille vince per il ritornello di Orietta Berti, presente sul palco con lui, Bimbi per strada vince per la base di Children del compianto Robert Miles, Chiamami per nome per il ritornello di Francesca Michielin presente con lui sul palco. Praticamente è come quell'assunto che dice che nei Predatori dell'Arca Perduta, che Indiana Jones ci fosse o meno, il finale sarebbe stato lo stesso. Però Fedez è Indiana Jones, la gente va al cinema (o ascolta le canzoni) perché c'è il suo nome, nonostante tutto. Non riesce mai a starmi antipatico Fedez, lo reputo davvero molto intelligente, un imprenditore incredibile e un gran senso dell' humor, anche se non lo ritengo un musicista.
L'apparizione dei Boomdabash con e senza Baby K, ma anche di Takagi & Ketra con Giusy Ferreri mi ricorda che in un mondo ucronico senza il covid sarebbe un'estate normale, e mi stupisco di quanto tutti i musicisti e le cantanti soliste siano fuori target di età rispetto al pubblico. Siamo tutti sui 40 e non è age shaming, perché lo sono anch'io, solo una constatazione: i tormentoni sono l'Impero dei Boomer. Detto questo, penso anche alla SIAE di Mr.Ketra che lavora sia coi Boomdabash che con Takagi e sforna hit da classifica da anni su due fronti, poi penso alle rate della macchina che devo finire di pagare e la mia estate, signore e signori, finisce qui.
Un attimo per Irama: di che pasta è fatto? Non lo capisco, sono serio. È un ragazzo tribale venuto da un universo parallelo per salvare la Terra? Perché canta come Giorgio Vanni nelle sigle di Dragon Ball e si veste come un nemico di Ken il Guerriero? Ma chi lo sa. Eppure non è il grande mistero della serata, perché Sangiovanni e Federico Rossi sono i personaggi su cui sono inviluppato fino a diventare pulviscolo. Il primo si veste strano, ma non strano che non riesco a capirlo io, strano per gli esseri umani. Sembra un po' di vedere gli anni Duemila immaginati nella fantascienza dei tardi anni '70 da un costumista tornato da Woodstock. Le sue canzoni però si attaccano al cervello come chewing gum quindi ne comprendo il successo tra i teenager.
Federico Rossi invece era Fede del duo Benji & Fede, il biondino cantante molto carino che però non sembra a suo agio sul palco, né particolarmente a cantare. Sembra un po' lì per caso mentre canta una canzone il cui ritornello dice una cosa tipo "lo sai quanto c'ho messo per dirti che non mangio le pèsche", con l'accento nordico che da Firenze in giù non viene elaborato dai processi neurali.
Non riesco a non essere felice nonostante tutto quando vedo amici e conoscenti che suonano nel nazionalpopolare, tipo Colapesce e Dimartino nella band con Adele Any Other e Alfredo ex Yombe (che ho visto in venue piccolissime, piene di sudore e passione), e chi l'avrebbe mai detto. Felice anche per i Coma_Cose, Mara Sattei e Gazzelle, che stanno godendo il meritato successo mainstream fuori dalle ingombranti sigle appiccicate con la colla dell'indie o dell'urban. È pop, fatto bene, da consumare senza pregiudizi.
Tuttavia il risultato della puntata di Battiti Live, dopo aver subito Alessandra Amoroso, Shade, Deddy, Capo Plaza, alcuni balletti col dj in console che smanaccia che sembra una parodia di Fabio De Luigi, è per me assai impietoso. Purtroppo, nella natura umana c'è quel glitch che ti fa fermare per strada quando c'è un incidente per guardare che succede, e dunque non è escluso che guardi anche le prossime puntate, per avere il polso della situazione. Certo, la musica in tv avrebbe bisogno di host che ne sappiano, che conoscano linguaggio e stile, per non ridurre tutto a un programma prefabbricato in cui un musicista vale l'altro e non c'è un briciolo di approfondimento neanche quando si parla di messaggi. Andatevi a rivedere il siparietto tra Sangiovanni e i presentatori che lo lodano per il messaggio che porta alle nuove generazioni e lui che dice "eh ci tenevo", ma nessuno capisce davvero di cosa parlino, a parte del fatto che alla tipa lui le comprerebbe tutta Malibu perché è la sua Lady dal momento che entra in punta di piedi.
Una serata non semplice ma necessaria, come quando ti fai gli esami di coscienza (o anche quelli del sangue) per capire cos'hai che non va. In questo caso, non è come il Festivalbar, io non ho più quell'età, il pubblico è meno naif e più sgamato, non essendo un torneo calcistico non c'è la possibilità di stare tutti abbracciati a cantare le canzoni. D'altro canto però, che siano o meno di mio gradimento, quasi tutti gli artisti ospiti sono italiani e questo la dice lunga sul nostro mercato, che ha sempre meno bisogno dell'ospitone straniero per fare audience. Poi cala la notte, la musica è finita, gli amici se ne vanno, francamente va bene così.
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L'articolo Battiti Live è il Festivalbar in una puntata di Black Mirror di Simone Stefanini è apparso su Rockit.it il 2021-07-14 10:16:00
COMMENTI (2)
Mi hai fatto pisciare sotto ! Grazie
2 refusi nel sommario piuttosto gravi e c'è gente che non lavora.