Bottomless, parte seconda.
Dopo l'interesse suscitato due anni fa con l'omonimo album edito per la pescarese Spikerot Records (la stessa di Hobos e Zippo, per intenderci), gli apolidi bissano ora la loro capacità di catalizzare l'attenzione di media e pubblico. Il piacere di spendere inchiostro per The Banishing (Dying Victims, 2023) è indiscutibile. Teso e in battaglia. Rimbalza tra stampa nostrana e quella estera, a suon di recensioni positive e interviste più o meno audaci. I Bottomless si stan facendo strada nell'interesse dei più. Gusti personali a parte, ovviamente. Che è giusto che ci siano e sono legittimi e insindacabili - ma dovrebbero essere anche ragionevoli e, se si può, obbiettivi. Proviamo quindi a guardarci in volto: quante band d'inclinazione “doom” sono state in grado di solleticare il gusto comune in maniera così naturale negli ultimi anni?
Voglio dire dagli Electric Wizard, quante? O se la volete prendere più larga dai Mastodon, quante? O se la volete prendere larghissima da quando gli Arctic Monkeys usavano nelle interviste le parole Josh e Homme come intercalare e Nick O'Malley si faceva fotografare con la maglietta dei Sabbath nel 2009: quante? Poche, pochissime, si fatica a trovarle, e di sicuro non provenienti dall'Italia. Poi aggiungiamo a questo mio azzardo, dato che mentre scrivo viene notizia delle prime date autunnali insieme ai Tenebra: quante band di pura estrazione doom sapreste dirmi che all'annuncio di concerti non destino oramai solo ansia di presenzialismo (devo fare i nomi?) ma sincera curiosità e voglia di partecipazione corale? Proviamo allora a considerare alcuni aspetti del piccolo caso Bottomless.
La formazione.
Intesa non come nascita ma proprio come line-up del gruppo. I Bottomless ne sono una esaltazione. L'intero disco riverbera di “power-trio”. Dando un'inusuale dinamicità a un genere, il doom, che nasce come opprimente. Ma è una glorificazione a suo modo sobria, e legittima. “Tutto sommato gli elementi di un trio rock sono gli stessi di un quartetto: voce, chitarra, basso e batteria”, dice schiettamente in una recente intervista a Stefano Cerati Giorgio Trombino (voce e chitarra). Ma il grado di carica emozionale di una traccia d'apertura come Let Them Burn non può non aver il suo rilievo nell'analisi complessiva. Perché spesso si è detto e si è letto: “Si, i Bottomless ma se pensi ai Black Sabbath...”, ma intanto, eliminando un recente presente per il quartetto di Birmingham saturo di Tv, regali d'Inghilterra e sponsor sportivi che li allontana sideralmente dai nostri, il basso di Sara Bianchin e la batteria di David Lucido hanno un tiro a sé stante che, incassato l'appunto, al netto di una serena ammissione d'affetto e amore, non mostrano poi affinità così marcate e/o imbarazzanti.
Nei Bottomless l'assenza poi di un chitarrista a sé sembra essere l'archetipo di un ricongiungimento all'anima di chi canta. Quasi un omicidio-suicidio dell'idea stessa di leader carismatico e chitarrista tenebroso – o forse una crasi? – per dar vita a qualcos'altro. Sono un trio come lo erano i Cream, che ha più slancio di un quartetto, che adora sperimentare l'idea di ragionare come tale (in Guardians Of Silence sembrano almeno cinque, come gli Psychotic Waltz) e ha la ben poco sottile percezione di non essere comune e quindi ben accetto (“Ci piace l'idea di essere dei banditi dalla realtà” o “The Banishing è un disco per disadattati!”). Non c'è uno scontro aggressivo in tutto ciò, ma una colta narrazione di chi ha un lodevole background musicale e indubbie capacità compositive, dalle quali rinasce una storia nuova, reale e sorprendentemente contemporanea.
Il doom.
“Il pezzo più ricco, con più sfumature e variazioni è senz'altro Guardians of Silence. Penso sia una completa rappresentazione sonora e lirica del punto in cui si trovano i Bottomless nel 2023”. Per restare nello sport più antico dal mondo, quello del “sì ma però”, si arriva sempre a un punto in cui qualcuno boccia un gruppo come i Bottomless come ennesima band di un genere morto (se non lo è questo, verrebbe da ironizzare) qual è il doom. Anche qui: sul serio? Forse sarebbe il caso allora di definirlo più hard-doom, volendo fare i filologi di precisione. “Sarebbe la definizione perfetta" mi viene dietro Giorgio. "Ed essendo anche Beatlesiani accaniti, calzerebbe a pennello un rimando all'iconografia tombale nella musica dagli anni Sessanta a oggi”. Sarebbe perciò tempo di far i conti in generale con i paragoni e le discendenze dal doom metal, un abbinamento di cui, lo abbiamo letto varie volte in altri articoli, la band nutre un rapporto di odio e amore, e ne farebbe volentieri a meno a favore di un'analisi più completa di quella che è la propria proposta musicale. E non soltanto per quel naturale desiderio di originalità nutrito da qualsiasi artista, ma anche perché mai come negli 8 brani di The Banishing la percezione di quel dato genere appare più nell'umore generale che nei precisi rimandi.
Tanto che, nell'eterna lotta tra bene e male, ovvero tra Ozzy e Dio, probabilmente vincerebbe Gillan. Il doom quindi inquadrato come genere di enormi band chitarristiche, dai Blue Cheer agli Amenra, passando per Mountain e Manilla Road, i Celeste e i Trouble, Henry Rollins e i Kyuss, i Black Widow e i Candlemass, i Boris e i Soundgarden, più che un eterno genere di nicchia e nulla più, di nero vestito e anche un po' sfigato.“Parliamo di magia, morte, dannazione. Il piglio è cupo ma non bisognerebbe avere limiti e alcuni pezzi storici dei Sabbath come War Pigs, Hand of Doom o Spiral Architect lo dimostrano appieno”. Sarebbe quindi bello leggere righe sui Bottomless scevre dai soliti termini (sulfureo, tellurico, demoniaco, cimiteriale, iommiano come se Iommi sia l'unico chitarrista doom al mondo da sessant'anni) che abbiamo già letto e leggeremo ancora. Perché i Bottomless si rifanno a quei suoni in quanto oramai patrimonio condiviso. Agiscono in maniera spontanea, inevitabile. Come hanno fatto persino i Cake o Charles Bradley senza creare scompiglio.
Il futuro.
Mentre scrivo, giunge a sorpresa la notizia che Sara ha lasciato i Bottomless per la mole di lavoro coi Messa, di cui è da sempre la talentuosa cantante. “Gli impegni di Sara coi Messa non le consentono di avere un altro gruppo al momento" mi dice Giorgio "in via del tutto amichevole abbiamo deciso di non suonare più insieme. La nuova bassista, Laura Nardelli (ex Ponte del Diavolo e attualmente negli Askesis) è una forza della natura e non vediamo l'ora di salire sul palco insieme per la prima volta al Bronson di Ravenna il 20 ottobre”. Quindi, se da un lato abbiamo delle date annunciate, dall'altro un inevitabile cambio di formazione e neanche dei più semplici, essendo Sara una “butleriana” convinta come se ne vedono pochissime in giro di questi tempi e, inutile fare finta di non vederlo, pura estetica wizardiana.
In prospettiva, cosa riusciamo a vedere da qua? Fare pronostici in situazioni del genere è sempre il migliore modo per ricevere sonore pernacchie da qua a sei mesi per aver scritto così invece di cosà, ma tanto vale sbilanciarsi su quanto archiviato fin'ora. E immaginare che i nostri continueranno la promozione di un album atomico (“Con una prima fan d'eccezione!”, assicura Sara), cambiando leggermente pelle, forse ibridandosi ancora, dopo una prima ballata acustica (Drawn Into Yesterday), magari con un maggiore utilizzo del piano, dato che Giorgio è anche un pianista. Restano comunque chiacchiere davanti alla consapevolezza che se il 2023 finisse oggi, non avrei dubbio alcuno nell'eleggere The Banishing miglior album dell'anno e probabilmente confermerò la stessa opinione inserendolo ai primi posti della decina di fine anno.
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L'articolo I Bottomless han fatto il botto di giorgiomoltisanti è apparso su Rockit.it il 2023-09-21 12:24:00
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