È un po' come se – invece che rimanercene sempre a casa – l'Italia avesse vinto prima in Brasile, poi in Russia e infine in Qatar. Tre volte di fila campioni del mondo. Ma se con il pallone, visti i precedenti recenti, non siamo nemmeno legittimati a sperare, c'è una competizione in cui il "three-peat" lo abbiamo fatto davvero. Che ci crediate o no, è la poesia.
Se siete tra quelli che non ci credono, ecco la fonte suprema: Wikipedia. In caso la vostra malfidenza non abbia limiti, favoriamo la conferma accademica. È quella di Eleonora Fisco, titolare di un dottorato di ricerca all'Università Dell'Aquila sulla spoken word poetry e sul poetry slam italiano. Grazie a lei questa galassia – rumorosa, dai confini instabili, contaminatissima – ha trovato una sua istituzionalizzazione, un passaggio fondamentale per storicizzare un fenomeno che di storia in questi anni ne ha accumulata parecchio, anche a questa estrema periferia dell'impero.
"Effettivamente è la prima volta che in Italia viene finanziato uno studio su questo oggetto di ricerca. Sto lavorando in cotutela con l’Università di Losanna, dove insegna la prima accademica che si è occupata della scena slam francese. Parte del mio progetto ha come obiettivo un tentativo di canonizzazione della poesia performativa strettamente contemporanea", spiega Eleonora, siciliana classe 1997, che è anche poeta e performer ed è stata due volte finalista nazionale LIPS di poetry slam nel 2019 e nel 2022. La sua figura testimonia il fermento che si respira in questo ambito. Come quella di Alessandro Minnucci, che si occupa di studiare la poesia performativa italiana all’Università di Chicago, città in cui il poetry slam è nato.
Il poetry slam è dunque prossimo a uscire dai circuiti di appassionati e conquistare un pubblico più largo? E quali sono esattamente i rapporti con la spoken music (che di recente ha avuto un prestigioso riconoscimento, con la vittoria del Premio Parodi andato a Osso Sacro, quintetto del Sannio guidato dal poeta Vittorio Zollo)? Insomma, abbiamo parecchie domande, e l'interlocutore giusto cui porle.
Anzitutto Eleonora, com'è possibile che l'Italia abbia vinto la Coppa del Mondo per tre anni di fila? Come funziona la competizione?
Spieghiamola bene. Esistono a oggi due campionati mondiali di poetry slam. Il primo, più longevo, ha luogo ogni anno a Parigi nel mese di maggio e raccoglie circa venti campioni/e di diverse scene nazionali. Questo è stato il campionato in cui si sono distinti gli italiani Giuliano Logos nel 2021, Lorenzo Maragoni nel 2022 e Filippo Capobianco nel 2023. La competizione è strutturata con delle semifinali che danno accesso alla finalissima, ciascun poeta performa nella sua lingua con una traduzione in inglese e in francese proiettata alle sue spalle. La giuria è composta da cinque membri del pubblico scelti casualmente, ma con l’intenzione di coinvolgere quanto più possibile dei giurati di diverse nazionalità. Ho assistito personalmente solo alle ultime finali mondiali di Parigi e sono convinta che a premiare Filippo e in generale gli italiani siano soprattutto la presenza scenica energica, dinamica e consapevole e la varietà dei pezzi di repertorio. La scena italiana è in continua espansione, si organizzano tra i 300 e i 500 slam l’anno validi per il torneo nazionale, più tutta una serie di altri spettacoli e format poetici. I protagonisti e le protagoniste della scena si incontrano in occasione di eventi e residenze, c’è un grande scambio.
E la coppa "scissionista"?
Il secondo campionato della WPSO Organization è attivo da appena due anni, ma ha avuto l’ambizione di coinvolgere 40 Stati da tutti e cinque i continenti. La sede delle finali viene cambiata di anno in anno per garantire una maggiore rappresentatività di tutte le scene mondiali e scongiurare il rischio di un eurocentrismo che probabilmente in passato ha avuto un peso. Le finali appena concluse hanno visto trionfare a Rio de Janeiro la campionessa colombiana Lady La Profeta.
Ci dai una tua definizione di slam poetry?
Credo che sia importante fare una distinzione preliminare e non sempre automatica tra poetry slam e slam poetry. Il primo è un format per uno spettacolo che prevede una competizione di poesia performativa a punti con una giuria popolare: l’idea è che tutti/e possono essere poeti/e per una sera e tutti/e possono giudicare la poesia, che può avere qualsiasi forma (dalla metrica chiusa al beatbox per intenderci) purché rispetti la regola dei tre minuti. Per slam poetry si indende invece una poetica, un certo modo di fare poesia che è più popolare all’interno nel format, sia nel senso che è più praticato sia che riscuote più successo. C’è un grande dibattito internazionale sulla presunta esistenza della slam poetry, nel mio saggio La risposta estetica nel poetry slam. Frame analysis e fenomenologia della performance, edito da Mille Gru, ho cercato proprio di mettere in luce quali sono gli elementi che ci fanno riconoscere la slam poetry come modo o come genere, dalla forma dei tre minuti alle strategie di coinvolgimento del pubblico.
Slam poetry e spoken word sono la stessa cosa?
La spoken word poetry è la “poesia parlata” che troviamo negli spettacoli di poesia performativa al di fuori della competizione e nei lavori, anche con musica, di artisti/e conosciuti/e come Kae Tempest. Succede spesso che i pezzi di repertorio degli slammer diventino parte di uno spettacolo di spoken word e allora slam poetry e spoken word sono estremamente vicine. È il caso, per esempio, di Stand Up Poetry di Lorenzo Maragoni. Ci sono però anche lavori e format italiani di spoken word che non nascono da pezzi per il poetry slam. Da alcuni anni io stessa organizzo per il mio progetto EKPHRASIS delle residenze artistiche che consistono nella composizione di performance poetiche a partire dalla suggestione di murales o opere d’arte site specific. Nella restituzione finale una guida accompagna il pubblico in un percorso tra le opere, che invece che dai soliti pannelli o didascalie esplicative sono corredate di una performance poetica dell’autore/autrice in carne ed ossa.
Che doti bisogna avere per eccellere in questo genere?
Per partecipare a un poetry slam in teoria non servirebbe nessuna dote, solo il desiderio di condividere almeno tre testi e la disponibilità ad essere giudicati da cinque persone sconosciute estratte a sorte tra il pubblico. Ciò nonostante, a me sembra che si stia andando verso una progressiva professionalizzazione dell’attività di poeta performativo, che richiede competenze nella gestione della voce e nella capacità di stare sul palco oltre che abilità di scrittura. Sono sempre più numerosi gli attori che prendono parte al movimento portando in scena skills perfezionate in anni di Accademia teatrale.
Slam poetry e rap hanno un legame di parentela?
Il legame col rap è evidente soprattutto nella dimensione della battle, che però nelle due discipline funziona in maniera diversa, e nella ricerca del ritmo/flow. Giuliano Logos, campione mondiale di poetry slam 2021, ha un passato da rapper, così come Gabriele Ratano, vice-campione in carica, e spoken word artist come Wissal Houbabi, che da pochi giorni ha pubblicato per Einaudi un’introduzione al femminismo hip hop dal titolo Attitudine, che è in cima alla lista delle mie prossime letture.
E col teatro?
Per quanto riguarda il teatro tradizionale – che prevede ancora la quarta parete –, si può individuare una differenza fondamentale nella ricezione del pubblico per la distinzione concettuale tra attore sul palco e personaggio, che nel frame teatrale è automatica, mentre nel poetry slam poeta e io lirico sono quasi sempre associati.
Quante persone praticano slam poetry in italia?
Sarebbe estremamente interessante avere dei dati quantitativi, ma non ce li abbiamo (ancora! Statistici fatevi avanti). Mi sembra che i poeti e le poete più attive e note siano circa una trentina. Il pubblico è molto vasto perché gli eventi sono tanti e negli ultimissimi anni c’è stata anche un’espansione social (numerosissimi i follower di @sonoibi su IG e Ticktok) e televisiva (Simone Savogin e Lorenzo Maragoni hanno partecipato a Italia’s Got Talent e SlamFactory ha condotto un torneo trasmesso sul canale 63 di Zelig e ora disponibile su Amazon Prime). Troviamo anche un pubblico pagante in teatri e club come La Claque di Genova, il Cinema Fulgor di felliniana memoria o il Teatro degli Atti a Rimini.
Esiste un mercato?
Non so se si può dire che esista un vero e proprio mercato, perché i soldi che girano nel mondo della poesia sono molto pochi e altrettanto pochi sono gli artisti che riescono a camparci senza avere un doppio lavoro. In Germania la situazione è invece molto diversa, sono previsti gettoni di presenza, sponsor, fondi.
Qual è l'identikit del poeta tipo?
Mi sembra si possano individuare due “generazioni” (mi uccideranno per questo): la prima raccoglie artisti/e che hanno oggi tra i 50 e i 35 anni, che hanno cominciato quando è nata la LIPS nel 2013 e ora continuano a performare o hanno più un ruolo di organizzatori di eventi e di conduzione di laboratori. La seconda è popolata da giovanissimi tra i 20 e i 30/35 che hanno iniziato durante o poco dopo la pandemia. I background sono diversissimi: si va dalla studentessa di lettere al programmatore, dall’insegnante all’attore, dal fisico all’ingegnere.
Quali sono le capitali italiane del poetry slam?
In quasi tutte le principali città italiane è presente almeno un collettivo che organizza poetry slam ed eventi di spoken word poetry. I poli più attivi sono Roma, Milano, Firenze, Trento e Bologna.
E in Europa?
In Europa le scene anglofona e germanofona sono molto grandi e abbastanza istituzionalizzate: ad Amburgo e a Vienna esistono per esempio due gruppi (non singoli studiosi!) di ricerca che si occupano solo di studiare la spoken word poetry. Le scene europee sono però molto diverse tra loro: in alcune, come quella belga o della Svizzera francese che sto frequentando adesso, si preferisce il format del microfono aperto a quello della competizione.
Quanto ci vorrà per il salto di qualità del poetry slam italiano? In caso avvenga, c'è il rischio "sputtanamento" del movimento?
Non credo che stiamo ancora aspettando un salto di qualità: mi sembra ci siano già delle ricerche artistiche interessantissime e molto coltivate. Quello che serve, forse, è uno scatto di popolarità. Da quando vivo a Losanna e racconto di cosa mi occupo, non c’è persona che non abbia idea di che cosa parlo quando cito poetry slam e spoken word. Ho l’impressione però che anche in Italia, spesso conservatrice e più lenta a recepire i cambiamenti culturali, siamo sulla strada giusta. Sul “problema” dello sputtanamento il rischio di un’omologazione progressiva del linguaggio c’è, ma ho fiducia nel dialogo della comunità LIPS e in esperienze di ricerca come quelle di Residenza Poietica a Torino o della scena di spoken music del Premio Dubito.
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L'articolo Campioni del Mondo! Campioni del Mondo! Campioni del Mondo di Poetry Slam! di Dario Falcini è apparso su Rockit.it il 2023-10-26 10:24:00
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