Questo weekend, da venerdì a domenica, saremo a Pesaro, per la quarta edizione del Festival del Turismo Musicale organizzato da Butik. Succederanno un sacco di cose nell'attuale Capitale Italiana della Cultura, il programma lo trovate qua. Rockit, in particolare, curerà due appuntamenti. Le visite guidate ai luoghi che hanno fatto la storia musicale di Pesaro assieme al leggendario Vittorio "Ruben Camillas" Ondedei, che si terrà domenica pomeriggio e per cui ci si può prenotare qua.
E due talk al Circolo Mengaroni sabato 19 ottobre, tra le 12 e le 16 (con brunch e dj set in mezzo). Se quello del pomeriggio - dalle 14.30 circa - sarà dedicato al Mar Adriatico e a come ha influenzato gli artisti locali (super ospiti Colombre e Maria Antonietta con Leonardo D'Elia di Black Marmalade Records), alle 12 circa si terrà un esperimento estremo: riavvolgere il nastro e in un'ora di tempo ripercorrere tutta la storia della musica alternativa pesarese, che nel giro di meno di trent'anni ha prodotto alcune tra le migliori scene metal e punk da un lato e poi post punk e shoegaze italiane.
Una tavola rotonda (ma senza cavalieri) con alcuni dei protagonisti delle grandi ondate '80 e '90 e primi 2000 della musica pesarese. Questi i nomi di chi interverrà, ma ogni testimonianza è ben accetta per ricostruire questi anni incendiari e la loro eredità: Stefano Tombari, Bagni Elsa - Sprinzi - PopGruppo; Roberto Baioni, Circolo Mengaroni - Container47 - Skhuravy; Giuliano Antinori, Grà - Aerodynamics - Fangoso Lagoons - A Number Two - Plastic; Ricky Siano, Pulmanx; Leonardo Antinori, Gastone - Rellas - Oberdan; Gianluca Tartaglia - G.A.M.S. Bolivar (e molto altro).
C'è un altro gruppo che è stato fondamentale, e seminale per tutta la scena. I Cani sono stati una delle formazioni più significative della prima "buttata" dell'hardcore punk italiano. Si sono formati nel 1982 in città e si sciolsero nel 1985. Tra loro, sin dall'inizio c'era Mauro Copes, nato nel 1964 a Milano, trasferito a Pesaro a 5 anni per "problemi familiari". Dopo aver militato con dedizione nella scena musicale pesarese fino a settembre 1986, ha vissuto a Londra fino al 1991, continuando la sua passione musicale. Ha scritto Fuori dal freddo, romanzo pubblicato nel 2009 e i racconti Garriti dall’inferno. La sua testimonianza racconta un mondo antico eppure vivissimo nella memoria di molti. Ripercorriamo con lui la storia dei Cani, per prepararci al Festival del Turismo Musicale.
Avevo 13 anni e me la spassavo con Beatles, Stones e similaria varia. Quando la RAI mandò in onda, su quella che allora si chiamava rete due, il primo programma veramente di rottura con il tutto modo di fare televisione visto fin ad allora. Lì si vedevano "Skattisti" compiere, con quella specie di tavola su quattro ruote, le peripezie più strabilianti che io potessi mai immaginare. Rock stars comportarsi nei modi più bizzarri. Ma quella sera non c’erano skattisti, Rock stars o locali proibiti dove i gay scandalizzavano l’intero Paese. Quella sera su Odeon TV c’era un servizio su uno strano fenomeno che era esploso a Londra, chiamato Punk rock.
Vedere ragazze con i make up più eccessivi e tagli dai colori sgargianti e variegati, pogare insieme ragazzi dai capelli sparati in aria e jeans scoloriti, rigidamente a tubo. T Shirt bianche stracciate, con i nomi dei nuovi gruppi, che terrorizzavano tutti i benpensanti made in UK, scritti con pennarelli indelebili che pogavano sputando alle telecamere. Davanti a giornalisti increduli, e non poco spaventati dal clima che erano costretti a respirare; fu una vera e propria folgorazione. Poi i Pistols and company fare una musica nuova, urbana, e dai testi provocatori e profondi. In certi casi rumorosa e distruttiva. In altri, maledetta e lenta.
Come i Beatles e il Rock in genere, mi avevano letteralmente salvato la vita; i Pistols and company, nel giro di qualche anno me la stravolsero. Ma come Jordan aveva detto alla fine del party: il punk era stato un orgasmo, e, come un orgasmo era durato una stagione. Così finito il party, io mi appartai, con una ragazza di Cattolica. Il rapporto durò tre anni, e nell’ 81, una volta libero, conobbi Adamo Sanchini, futuro bassista dei Cani. Cominciai a prendere lezioni di chitarra, presto raggiunto da Adamo. La prima chitarra elettrica me la regalò mio fratello. Era un’EKO anni sessanta, in finta madre perla, con una miriade di pulsanti. Chitarra che allora costava cinquantamila lire, e che adesso vale una piccola fortuna. Venduta dal Nello, liutaio e personaggio famosissimo tra tutti i musicisti della città. Io naturalmente questo non lo sapevo. Così visto che con quella chitarra non si poteva distorcere, in quanto il suono che ne usciva, se gli mettevi un distorsore, era impossibile da sopportare. La vendetti qualche tempo dopo, per comprare un’altra Eko, imitazione Fender stratocaster, che potevo finalmente distorcere.
Nel frattempo, dopo aver lasciato il mio primo gruppo Ultracore (Wasted Glory), con il cantante (Franz), questo almeno era il nome con cui lo conoscevamo. Intellettuale e incazzatissimo (Simone Bennati), di Milano Marittima. Bassista tredicenne e skinhead, morto qualche anno fa. E poi un pesarese: Giovanni Freni, detto Plastik, alla batteria. Purtroppo morto suicida nel 2014; e per un breve periodo primo batterista dei futuri Cani. Cervia per un anno divenne la nostra città adottiva, e questo ci andava più che bene a tutti e due. Nel frattempo avevo conosciuto Roberto Russo, futuro chitarrista dei Cani, e qualche altro personaggio più interessante, musicalmente e spiritualmente sulla mia stessa lunghezza d’onda. C’era Silverio Seguiti, detto Silver, notissimo personaggio, allora, nella Pesaro alternativa, che lui stesso aveva aiutato a crescere, con i suoi programmi a Radio Veronica, e i numerosi spettacoli e concerti, che organizzava o semplicemente presentava come nel caso dei Gaz Nevada e i Death SS al vecchio palazzetto. Poi la Stefania di cui non ricordo il cognome, bassista.
A quei tempi nei tre D Stress suonavano sia Plastik, che Roberto Russo. Poi Paolo Catena (in arte Paul Chain, dei Death SS, ndr), che avevo conosciuto già nel ’77, in quanto eravamo gli unici due punk presenti in quella data a Pesaro, o, almeno, così ci eravamo tristemente convinti noi due. E ancora Paolo Coppa: chitarrista di una moltitudine di gruppi, il quale per un breve periodo, suonò con me negli Ital Kaos, un gruppo che è esisistito per fare, se ricordo bene, tre prove e due concerti, e qualche altro Kid nostrano. Per un breve periodo io e Roberto suonammo la chitarra insieme, a casa sua. Intanto io gli facevo ascoltare qualcuno dei miei dischi e alcune cassette, soprattutto punk, in quanto lui era molto curioso a proposito. Poi mi chiese di cantare con lui in un gruppo che non doveva essere propriamente punk, ma soprattutto folle.
Intanto però, si faceva sempre più prendere dall’hardcore, anche grazie ad Adamo che era quello con la collezione di dischi più corposa. Così, andato via Giovanni, trovammo un batterista di Fano: Mirko Uguccioni, detto ATM. Dopo qualche prova registrammo subito un demo, (Flash di sangue), con l’attrezzatura di Catena che condivideva la stessa sala prove, che se ricordo bene, sì trovava a Vismara. Tutto quello che ricordo di quel tape, è che nonostante fossero dei pezzi prevalentemente lenti, il suono che ne usciva era Pura Follia. Ebbe una tiratura di poche copie, (25 o 50). Penso che nessuno dei Cani sappia dire in che mani finirono le copie, in quanto il circuito Hardcore Italiano, andava estendendo i suoi tentacoli lungo tutta la penisola proprio in quel periodo. Ma penso che delle copie furono mandate ai Punx del Gran Ducato HardCore. Il resto delle copie deve essere stato distribuito prevalentemente tra le conoscenze dell’epoca.
Comunque il nostro nome cominciò a girare, e presto fummo contattati da un locale di San Marino, chiamato Il Macello. Lì tenemmo il nostro primo concerto. Il luogo era tipo cantina, e come gruppi di apertura, chiamammo un paio di bands da Ancona, che avevamo conosciuto di recente. Noi suonammo, penso, tutto Guai a voi, più altri pezzi che non ricordo. Il posto era gremito sia di Punx, che di curiosi e curiose di cui alcune ebbero delle strane e reazioni. Una in particolare, si dimenava, in modo totalmente scoordinato, piangendo e urlando allo stesso tempo. Ho diverse foto di quella serata in cui si riconoscono: Anna Mancini, che ai tempi aveva una relazione con me, Miriam anche lei nuova “leva”, purtroppo scomparsa anni fa. Le altre facce, non avendo le foto sottomano, (trovarle sarebbe un’impresa) non saprei dire a chi appartenevano, ma pogavano anche numerosi Punx di Ancona e zone limitrofe.
Poi nell’estate dell’83 registrammo Guai a voi, EP 7 pollici, in un piccolo studio che non ricordo in che zona si trovasse, appartenente a un ragazzo di qualche anno più grande di noi, anche lui purtroppo morto suicida qualche anno dopo. Procedemmo nel modo classico. Registrando prima basso e batteria, poi chitarra ed infine voce. Ho dei bei ricordi di quella registrazione, che durò un paio di giorni. Per fare i cori, chiamammo dei ragazzi di Fano, nostri amici e tutti devoti dell’hardcore americano. La registrazione ha i suoi limiti, dovuti al tipo di studio in cui fu registrato il disco. Ma eravamo tutti piuttosto sodisfatti. Guai a voi ci aprì quasi di colpo le porte. In breve tempo suonammo due primi di maggio consecutivi a Roma. Alla prima e seconda edizione del festival del non lavoro. Che almeno allora, si teneva a Forte Prenestino.
Dovevamo suonare per ultimi, dopo i Bloody Riot, ma Roberto e Adamo, vollero suonare prima dei Bloody, in quanto stanchi d’aspettare. Ai punx di Roma piacevamo un casino. In un giro turistico per Roma, intravedemmo un paio di volte il nome Cani scritto sui muri, scritto con la vernice spray. Questo ricordo, mi inorgoglì non poco. Anche il Gran Ducato HardCore sembrava dare di matto per Guai a Voi, e così suonammo diverse volte a Firenze e a Pisa al Victor Charly, e due volte in una grande chiesa sconsacrata. Una volta come supporter degli Inca Babies, e nella data successiva, dei Toxic Reason. Nel frattempo, era uscito Raptus, prodotto da Giulio Tedeschi per la Toast Record; album che conteneva due pezzi nostri: Nuovo Mondo e La Mia Carta, riusciti solo in parte. Lo studio era ancora più artigianale del primo e, apparteneva a Paolo Jaro, noto chitarrista Jazz Pesarese, scomparso anni fa.
Nel frattempo suonammo un po' in lungo e largo per tutta la penisola, con un nuovo batterista. Sì trattava di Eric Lumen dei Revenge, che rimase con noi fino alla fine. Non ricordo tutti i concerti, ma penso, una buona parte di loro. Suonammo persino in un paio di luoghi che, se ricordo bene, erano poco più che dei paesini. Ed in altri luoghi qua e là per la penisola. Intanto uscirono altri due album compilazione, con noi presenti. Il primo era Goot from the Boot. Un album del gran Ducato HardCore, in cui noi eravamo l’unico gruppo estraneo al Gran Ducato. I pezzi inclusi erano Quando sarai grande, a mio giudizio il miglior pezzo che registrammo, e Sabotaggio, più simile alle prime cose che facevamo. Inoltre un pezzo per una raccolta prevalentemente Oi!, prodotta, se ricordo bene, da Steno dei Nabat, che partecipò ai cori del pezzo, dal titolo: Vivi la tua Vita.
Penso che la sala di registrazione, che si trovava a Bologna e che era la sala dove, tra gli altri, registravano da anni i bambini del coro dell'Antoniano dello Zecchino d’oro, era pagata da Steno dei Nabat. In quel periodo, i rapporti tra me e Roberto si erano piuttosto deteriorati, e le discussioni sempre più frequenti. Era l’85, e le cose che c’erano nell’aria oltre ai concert, erano un tour negli Stati Uniti, insieme ad altri gruppi, più un album per la Toast record di Giulio Tedeschi, con cui ero in contatto, per definire le ultime cose. Intanto sia Roberto che Adamo avevano cominciato a lavorare, e questo portò degli inevitabili cambiamenti, più negativi che positivi.
La sala prove in cui suonavamo in quel periodo era di Catena. Ricordo che era immensa e si trovava in aperta campagna. Arrivarci con le moto e motorini era un po' un’impresa, in quanto il sentiero che portava lì, era spesso infangato; e una volta io e Adamo facemmo un bel volo, mentre Lumen si pisciava addosso dalle risate. Alla fine ridemmo anche io e Adamo, completamente infangati e fradici d’acqua. Questa è quasi la fine della storia dei tre anni in cui esistette il gruppo. Posso dire che i nuovi pezzi che provammo andavano completamente in una nuova direzione. Ci eravamo staccati dall’hardcore vero e proprio e avvicinati a gruppi proto punk, come gli Stooges e Mc5, pur mantenendo un suono molto duro ma forse meno veloce. Ricordo che si parlava anche di introdurre un saxofono nel gruppo, e di altri argomenti simili ma inusuali per noi.
Infine facemmo anche un imbarazzante video per TelePesaro, emittente allora piuttosto presente nella quotidianità pesarese. Poi arrivò l’estate e, di tacito accordo, prendemmo una pausa. L’estate passò e noi continuammo a camminare ognuno lungo la propria strada. Io di lì a poco me ne partii per Londra dove vissi per cinque anni, e poi tornai a Milano, mia città natale. Russo fondò i Boo Hoos, in cui suonava anche Adamo. Eric tornò a dedicarsi ai Revenge e al metal in genere. Fine della storia.
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L'articolo I Cani: una storia punk sulle rive dell'Adriatico di Mauro Copes è apparso su Rockit.it il 2024-10-16 15:19:00
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