Cognome: Raimondi Nome: Pietro Matricola: 948409
Metodi e tecniche della comunicazione - Appello del’8 maggio 2020
Nota: per svolgere l’elaborato è possibile consultare i libri preparati per l’esame e altri materiali; la valutazione terrà conto della modalità in cui viene presentata la linea argomentativa, e del modo in cui vengono utilizzate e organizzate le conoscenze maturate per la preparazione dell’esame. Per lo svolgimento dell’elaborato riempire non più di due facciate (il compito non potrà essere più lungo di due pagine – oltre a questa dell’intestazione).
Traccia elaborato: sulla base di quello che hai studiato per l’esame, individua un testo qualunque fruito recentemente tra gli ambiti studiati (arte, musica, cinema o teatro) e discutilo utilizzando gli strumenti che ritieni più adeguati tra quelli illustrati nel programma d’esame (es.: i linguaggi e i codici di un’opera artistica contemporanea, una canzone, una band o un/a cantante, un film, uno spettacolo teatrale)
I Cani – FBYC (s f o r t u n a)
I Cani, il progetto personale del cantautore e produttore romano Niccolò Contessa (1986), è probabilmente il punto più significativo all’interno di quel fenomeno musicale che ora viene comunemente definito "indie italiano". Con i propri dischi e i lavori da produttore, la figura di Contessa ha contribuito a traghettare la parola "indie" dalla nicchia di appassionati dell’alternative rock anni ’90 all’attuale contesto, dove si trova sulla bocca di un pubblico esponenzialmente più vasto e con un atteggiamento, un costume, molto più vicino a quello tradizionalmente legato alla canzone pop italiana.
La sua voce, i suoi interessi, il suo gusto musicale, hanno innanzitutto tracciato le linee dell’auto-narrazione di una vera e propria sottocultura: il primo e il secondo disco, Il sorprendente album d’esordio de I Cani (2011) e Glamour (2013) raccolgono canzoni che parlano di gente che ascolta determinate canzoni. Nei primi due album de I Cani si è riconosciuta, con più consapevolezza e auto-ironia, una fetta di giovani italiani già precedentemente accomunata dai propri ascolti (ad esempio, nel brano Velleità del 2010 c’è un esplicito riferimento al cantautore Vasco Brondi, noto sin dal 2008 come Le Luci della Centrale Elettrica).
La poetica di Contessa è stata fin dal primo momento in un rapporto metanarrativo circolare con la sottocultura rappresentata da buona parte dei suoi ascoltatori. I Cani ha cantato le frustrazioni e le ipocrisie di un certa generazione di studenti, andando a generare una consapevolezza collettiva (per quanto si tratti di una limitata collettività) che ha poi fornito nuovo materiale ai lavori di Contessa.
Sono gli stessi ragazzi, universitari, frequentatori di piccoli concerti, descritti in Il sorprendente album d’esordio de i Cani che hanno incoronato nel 2016 il successo nazionale di Calcutta con Mainstream (2015), il disco definitivamente responsabile del declino del rock alternativo come autoproclamata controcultura e del successo del modello alternative pop di massa. Guarda caso, la fortunata svolta sonora di Calcutta aveva come artefice proprio Niccolò Contessa, produttore del disco.
Ma come si costruisce un impianto metanarrativo così profondamente incardinato nella poetica di un artista, tanto da accelerare i processi di auto-rappresentazione di una comunità in crescita? Chiaramente gli strumenti sono molti: concorrono scelte musicali, scelte riguardanti i suoni e gli arrangiamenti, scelte discografiche (pure nel mondo delle indipendenti, affidarsi a una piccola etichetta rispetto a un’altra fa un’enorme differenza identitaria), scelte estetiche-visive, e oggi più che mai scelte di comunicazione (I Cani è passato dall’essere uno dei primi progetti nati sul Facebook italiano all’essere riconoscibile proprio per non essere presente sui social).
Non è insignificante, inoltre, una piccola componente "stocastica", per cui due dischi molto simili, per una manciata di mesi di distanza, possono capitare in due diversissimi zeitgeist. Tra gli infiniti fattori che collegano una poetica a un metaracconto, concentrandoci sull’aspetto testuale, possiamo identificare alcuni strumenti utilizzatissimi. Tra tutti, il cosiddetto indie italiano ricorre molto spesso al citazionismo. A volte è utilizzato per inserirsi facilmente in un certo immaginario culturale (vedi il citazionismo nell’opera dei Baustelle, dal 2000 tra i fondatori dell’estetica "indie pop"), altre volte si fa ricorso alla citazione nell’ottica del detournement, per spogliare una frase fatta dal suo significato riconosciuto e donarle una nuova evocatività (vedi gran parte del punk italiano, sopra a tutti i CCCP Fedeli alla linea).
Nelle canzoni di Contessa il citazionismo e il collage culturale sono tecniche a cui si ricorre sia come contenitore che come contenuto del messaggio, in pieno gusto postmoderno. È icastico da questo punto di vista il brano FBYC (s f o r t u n a) contenuto nell’album Glamour del 2013. Il titolo della canzone è già una citazione. FBYC è l’acronimo di Fine Before You Came, nome di una delle band punk hardcore italiane ad oggi attive con maggior seguito, mentre Sfortuna è il titolo di un disco del 2009, ad opera dei suddetti Fine Before You Came.
L’intera canzone è quindi un tributo a un album del punk italiano contemporaneo. La strumentale è quasi esattamente divisa a metà tra un uso rumoroso e distorto dei sintetizzatori che genera un effetto noise tipico del punk nelle sue declinazioni più sperimentali, e un ricorso straniante a stilemi sonori del pop radiofonico, nel dettaglio il piano elettrico processato con compressori e riverberi e il doppio clap sul levare, il battito di mani.
Il testo racconta i pensieri e i gesti di un fan dei Fine Before You Came che è al contempo autore di canzoni, per via di molteplici accenni autobiografici che sovrappongono spesso l’io allo stesso Niccolò Contessa. Fin dal verso di attacco si può capire la direzione di questa meta-canzone: “Ho paura di tutto / soprattutto dei cani”, impossibile non pensare che il cantante stia parlando del proprio progetto musicale, pure con un margine di ambiguità.
Poco dopo, arriva il primo riferimento esplicito alla dimensione ascoltatore del soggetto: “In ufficio mi vesto da adulto e ascolto Sfortuna / scriverò ancora a Jacopo di spedirmi magliette e abbracci”. Vestirsi da adulto in ufficio non è solo un’immagine che decostruisce l’idea-rockstar, ma anche una citazione del brano Fede dei Fine Before You Came (“Io non mi son mai vestito da adulto”); Jacopo è il nome proprio del cantante dei Fine Before You Came, che di mestiere serigrafa magliette per il merchandising di molta musica italiana.
Ma è il ritornello della canzone il punto più interessante nella prospettiva del citazionismo: all’apice di violenza della strumentale, Contessa non fa altro che ripetere: “Maledetta sfortuna”. Chiaramente sta citando il brano VIXI dei FBYC: “ho chiamato i miei insuccessi sfortuna / maledetta sfortuna”. In VIXI l’effetto poetico della frase è quello di smascherare un certo fatalismo per assumersi esplicitamente la responsabilità emotiva del fallimento, ma la frase suona famigliare innanzitutto perché è ripetuta nella celeberrima Dilllo a Luna di Vasco Rossi, del 1988.
Anche lì si cercava di smascherare il fatalismo, ma era una tragica storia d’amore, dove si implorava schiettezza all’amata. Inutile dire che è dovuta soprattutto a Vasco l’iconicità dell’espressione. La frase, nella citazione dei Fine Before You Came, svolge il ruolo di un detournement, venendo cantata in un contesto molto più estremo, sia come suoni che come testo, rispetto al brano di Rossi; nella citazione de I Cani, invece, lo scopo è inserirsi nel solco culturale dei FBYC, e si ottiene solo collateralmente l’effetto di rientrare nella tradizione di Dillo alla luna.
Il brano de I Cani, dopo una serie di altri riferimenti all’esperienza di cantante indipendente, con la sua mitologia e la sua ipocrisia (“E poi temo il successo / ma non quanto l’insuccesso / forse è per questo che passo / la vita a dire che non m’interessa”), ripete il ritornello-doppia citazione e si abbandona in una lunga coda dalle tinte noise che cerca di ricreare l’esperienza di un ascoltatore dei Fine Before You Came, almeno finché il rumore non sfuma in un pianoforte spensierato, inizia un hand-clapping esageratamente radiofonico e la voce ripete un altro mantra: “Vorrei stare sempre così, avere cose pratiche in testa / i soldi per mangiare, i dischi, i videogiochi e basta”. È l’anti-manifesto programmatico di un inquieto creativo che non si sente nelle condizioni di gestire il successo ottenuto, augurandosi una vita da artigiano dell’intrattenimento, fatta di pochi pensieri, dischi e videogiochi.
Forse, nella triade citazionistica di “maledetta sfortuna”, oltre a un percorso poetico che accumula significati e densità espressiva, si può rintracciare un piccolo sunto degli ultimi 50 anni di rock italiano. La combattività esistenziale che ha cristallizzato il concetto di rockstar italiana nella figura di Vasco Rossi è stata in qualche modo ereditata da band come i Fine Before You Came, che tuttavia hanno scelto di rifiutare per quanto possibile il sistema-spettacolo, rinunciando a fare della musica un mestiere, come era tipico nella mentalità “controculturale” di chi approdava a sonorità estreme o semplicemente non-mainstream prima degli anni ’10 del secolo corrente.
Oggi invece, anche grazie a I Cani, la musica alternativa, figlia del rock, si è ritrovata nella posizione di raggiungere un pubblico vasto tramite Internet, e di riconquistare il mercato (o lasciarsene sconfiggere). Ma non è “solo rock n roll”: forse per una presunta incoerenza, forse per un’inettitudine generazionale, forse solo per una questione poetica, il ruolo di rockstar sembra più una condanna che non un mito, una “maledetta sfortuna” da condividere col pubblico.
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L'articolo Maledetta sfortuna: saggio brevissimo sul ruolo della rockstar in Italia di Pietro Raimondi è apparso su Rockit.it il 2020-11-20 13:40:00
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