17 maggio 1990: l’Organizzazione Mondiale della Sanità cancella l’omosessualità dall’elenco delle malattie mentali. Dal 2004, il 17 maggio si festeggia la giornata contro l’omofobia, la bifobia e la transfobia. Ma torniamo a quel 1990: il medioevo era finito da un bel po’, l’umanità aveva assistito a una serie di rivoluzioni, proletarie e non, all’affermarsi dell’Illuminismo, alla comparsa delle avanguardie e delle loro istanze di libertà, al trionfo del darwinismo e alla comparsa della Dichiarazione Universale dei diritti dell’uomo. Tutto questo non era bastato a riconoscere i diritti agli omosessuali, considerati malati da curare, magari con l’aiuto di qualche provvidenziale seduta di elettroshock.
Sia chiaro: non è che dopo il 1990 sia diventato tutto rose e fiori per la comunità LGBTQ+. Il cammino da percorrere rimane lungo e la situazione drammatica, specie nei Paesi ad alta intensità islamica, in barba al nuovo Rinascimento evocato recentemente da un noto politico italiano in vena di battute. Ma il problema è generale, nella civile Europa come nel resto del mondo. In Italia, per dire, nel 2006 l’onorevole Alessandra Mussolini poteva uscirsene senza problemi con l’invettiva Meglio fascista che frocio, ma forse la nipote del più grande statista del XX secolo voleva solo parafrasare gli Skiantos e la loro ironica Meglio un figlio ladro che un figlio frocio. Un’altra battuta, insomma. Per tornare ai giorni nostri, è sufficiente seguire i surreali dibattiti attorno al Decreto Legge Zan, con una sinistra imbarazzata dai suoi stessi slanci idealistici, una sinistra ormai in ritirata dal terreno di battaglia dei diritti civili e pronta a incoronare, forse in nome del principio di sussidiarietà, nuovi leader tipo Fedez e Francesca Pascale.
Anche il microcosmo della musica italiana ha avuto il suo bel da fare per liberarsi dai pregiudizi legati all'omosessualità e alla queerness, dimostrandosi, però, più avanti dei giochi di palazzo e di una società civile sin troppo succube di anacronistici rigurgiti clerico/legaiol/fascisti. I musicisti e i cantanti di casa nostra hanno scritto e interpretato una quantità industriale di canzoni legate a temi queer, ne abbiamo già parlato quasi tre anni or sono, con una playlist ben più completa di quella che vi state accingendo a leggere, redatta in occasione del Pride, la giornata dell’orgoglio Queer. Oggi proponiamo un’altra playlist, questa volta per celebrare il 17 maggio, più snella e legata a una serie di brani che, in un modo o in un altro, hanno accompagnato, sotto forma di musica e parole, la storia del movimento LGBTQ+.
Ghigo - Coccinella
Arrigo Riccardo Agosti, per tutti Ghigo, è un esuberante interprete dell’allora nascente scena rock’n’roll. Ghigo ha già avuto qualche problema con la censura della Rai, ma non può ancora immaginare cosa dovrà continuare a subire. Galeotto un viaggio di piacere a Parigi sul finire degli anni ’50 dello scorso secolo, dove, una sera a teatro, assiste allo spettacolo di arte varia di Jacqueline-Charlotte Dufresnoy, ballerina, attrice e cantante transgender, meglio conosciuta come Madame Coccinelle. Ghigo ne rimane talmente folgorato da scrivere di getto Coccinella, il cui testo, semplice e protodemenziale, è al tempo stesso inequivocabile: "Amore, amore, amore / io mi sento un tuffo al cuore con te / Coccinella". Un uomo che perde la testa per una trans è troppo per la commissione censura della Rai, che esclude Coccinella dalla programmazione radio e Tv (le emittenti private non erano nemmeno pensabili all’epoca) ma nulla può contro i juke-box e il passaparola, tanto che Coccinella, uscito come singolo nel 1960, vende oltre un milione di copie. Coccinella è il primo brano italiano a infrangere il dogma dell’amore e della coppia eterosessuale, fino a quel momento ci si doveva accontentare di canzoncine carbonare diffuse negli spettacoli di cabaret o nei cafè chantant. È solo un inizio, ma senz’altro decisivo.
Umberto Bindi - Non mi dire chi sei
Umberto Bindi è un cantante e musicista genovese dotato di un talento indiscutibile. Nel 1960 entra di diritto nella storia della canzone italiana con Il nostro concerto, un brano meraviglioso e particolarmente innovativo, scritto con la complicità del paroliere Giorgio Calabrese. Il successo e la notorietà saranno immediati, ma dureranno poco. L’anno seguente, Bindi si presenta al Festival di Sanremo con Non mi dire chi sei, un’innocua canzone d’amore che però gli sarà fatale. E non certo per il suo valore artistico. Bindi si presenta sul palco dell’Ariston con una pelliccia di visone e un vistoso anello al dito: le voci sulla sua omosessualità fanno breccia tra la stampa. È l’inizio di un ostracismo che si protrarrà per anni. La carriera di Bindi, ormai relegato nel ruolo di outsider, riprende con parecchia fatica: torna a Sanremo nel 1996 assieme ai New Trolls con Letti, si spegne nel 2002 senza un soldo in tasca. Il festival dei fiori, con il tempo, si è aperto accettando in gara anche canzoni di ispirazione omosessuale. La prima a inaugurare la serie, nel 1977, è Donatella Rettore con Oh Carmela, l’ultimo in ordine di apparizione è Jo Conti, un gay cacciato da casa dai genitori per i suoi orientamenti sessuali, ospitato nell’edizione 2021 di Area Sanremo con Madre non madre.
Ivan Cattaneo - Darling
Gli anni ’70 cambiano le carte in tavola. Grazie alle battaglie per i diritti civili intraprese dai radicali di Marco Pannella, l’omosessualità non è più un tabù come nel passato: se ne comincia a parlare con meno morbosità, c’è chi ha il coraggio di fare outing e chi dalle parole passa ai fatti. Come Angelo Pezzana, che nel 1971 fonda il FUORI, acronimo di Fronte Unitario Omosessuale Rivoluzionario Italiano, mentre il mondo della canzone decide di giocare la sua parte. Nel 1973, Gian Pieretti pubblica il primo concept album sull’omosessualità, Il vestito rosa del mio amico Piero, ma la svolta è di due anni dopo, quando l’etichetta L’Ultima Spiaggia pubblica il primo LP di Ivan Cattaneo, UOAEI, dai testi piuttosto espliciti. Cattaneo è un militante omosessuale, è iscritto al FUORI e non ha problemi nell’esplicitare le proprie preferenze sessuali. Nel 1975, al Festival del proletariato giovanile di parco Lambro, organizzato dalla rivista Re Nudo, il cantautore bergamasco presenta la canzone Darling nel seguente modo: "Dedico questa canzone al mio ragazzo perché sono omosessuale". Scoppia un putiferio, i giovani presenti al Festival, più o meno tutti appartenenti all’area della sinistra extraparlamentare, sono pronti al linciaggio, Cattaneo è costretto ad abbandonare il palco, deriso, offeso e minacciato da chi avrebbe dovuto, almeno in teoria, manifestare solidarietà con la sua posizione: compagni intolleranti, compagni col paraocchi. Come Ivan Cattaneo, ci saranno altri musicisti a decidere di non nascondersi più e a cantare di amore omosessuale, come Alfredo Cohen, titolare del bellissimo Come barchette dentro un tram, o Andrea Tich, che pubblica il suo scoppiettante album di esordio, Masturbati, per la Cramps di Gianni Sassi.
Antonietta Laterza - Simona
E siamo al capitolo dell’amore saffico, anch’esso pieno di canzoni che lo hanno celebrato e, in qualche caso, portato al successo. La prima canzone italiana a trattare di omosessualità femminile è Simona, di Antonietta Laterza, tratta da Alle sorelle ritrovate, un album di canzoni femministe pubblicato nel 1975 dalla Cramps. Arpeggi di chitarra acustica, presa in carico da Nadia Gabi, e una voce un pelino sgraziata accompagnati da un testo molto dolce: "Simona / ti ricordi quante volte ci siamo stordite con i nostri sogni / e quando con le mani gelate / ci piaceva pettinare i capelli"? Dopo Antonietta Laterza, seguiranno altri pezzi dello stesso tono, da ricordare I suoi 20 anni, interpretato da Milva, Lei di Gianna Nannini, Sere d’agosto, cantata da Giuni Russo, Due donne di Paola Turci, Nella schiuma dei Verdena, Gli amori diversi del duo Grazia Di Michele e Rossana Casale, prima canzone lesbica presentata al Festival di Sanremo (era il 1993), oltre all’altra sanremese Ore ed ore, presentata da Daniela Vaglio nell’edizione del 2008.
D.Ablo - Volgayrap
Chi ha mai detto che i rapper italiani sguazzano nell’omofobia e ce l’hanno a morte con i gay? Non è vero niente: si tratta di frasi decontestualizzate, al massimo non comprese o male interpretate. E poi tutti i rapper del suolo patrio son pieni di amici gay. Peraltro, uno dei primi pezzi italiani rappati si muoveva proprio attorno al tema dell’omosessualità. Parliamo di Volgayrap, uscito nel 1989 (sarà ripubblicato, con un differente arrangiamento, nel 2002, all’interno dell’album Gay right compilation), scritto dalla meteora D.Ablo, al secolo Giancarlo Sessa, un rap dotato di un testo divertente e scanzonato: "Dai dimmi se da bimbo ti sentivi gli occhi stanchi, / se quando eri ragazzo già scuotevi troppo i fianchi, / se ti eccita un ragazzo che si spoglia dietro un vetro, / se un maschio te lo lumi più davanti o più di dietro, / se un petto tozzo e nudo ti procura un'ossessione". Altri rap a tematica gay? Pochi ma buoni: Amore di Ghemon, La mia parte intollerante firmato Caparezza. Da ricordare anche il videoclip di I love you, nel quale Ghali mostra un appassionato bacio scambiato da due uomini.
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L'articolo Piccola storia della musica LGBTQ+ in Italia di Giuseppe Catani è apparso su Rockit.it il 2021-05-17 09:48:00
COMMENTI (6)
@D.Ablo se dopo tanti anni se ne continua a parlare un motivo c'è
@giuseppecatani ...ma certo che lo so!!! ahahah ci mencherebbe; ma non credo che si riferissero a me! Io mi riferisco al che fatto che il mio brano, per motivi vari, rimase di nicchia e nel tempo pochi ne hanno parlato quando si riferivano ad artisti o brani esplicitamente lgbtq+ e, invece, tu l'hai fatto.
@D.Ablo Ti sbagli. Non sai che i Litfiba hanno inciso un album dal titolo "El d.ablo"? :-)
Lo ammetto: sono commosso! Qualcuno finalmente parla del mio "Volgayrap"... GRAZIE!
@mario.miano.39 :-)
Che servizi belli e originali, utili per imparare e superare steccati.
Complimenti Rockit per l grande giornalismo!