Fenomenologia delle canzoni di Natale (se vi sentite assolti, siete lo stesso coinvolti)

Perché in Italia non esiste il costume delle canzoni natalizie? È vero che nell’Ottocento eravamo i migliori al mondo, ma adesso come siamo messi?

18/12/2018 - 17:01 Scritto da Mattia Nesto

Puntuale come ogni anno da secoli e secoli arriva il Natale. E si sa come l’atmosfera natalizia possa provocare l’orticaria a molte, moltissime persone. Una delle cause principali è rappresentata dalle cosiddette “canzoni di Natale”, quelle spesso mefitiche arie che impestano le vie cittadine, sparate a tutta forza dagli altoparlanti neppure fossimo a Pyongyang. Ma quando nasce questa moda delle canzoni natalizie?
La “colpa” di tutto ciò è di, nientepopomenodimenoche, Johann Sebastian Bach. Il grande artista originario della Turingia compose infatti nel 1734 il Weihnachtsoratorium, "l’Oratorio di Natale", una serie di sei cantate da eseguire per il periodo di festa.

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Bach partì da alcuni canti popolari all’epoca molto diffusi a Lipsia dando letteralmente "il la" a questa tradizione. Spesso e volentieri una tradizione a tinte fosche e piene di retorica. Ma gli italiani, in questa storia, c’entrano qualcosa?

Apparentemente la canzone italiana ha poco a che fare con le canzoni di Natale, se si escludono naturalmente le arie a tematica religiosa. Il “canto di Natale pop” è infatti un’invenzione americana, ma c’è stato un periodo in cui il bel canto della Penisola dominava anche il settore natalizio. Questo periodo d’oro va collocato grosso modo nell’Ottocento, quando nelle capitali di questa corrente (la ribollente Napoli dei Borboni e la cattolicissima Bergamo) vennero composte superhit quali “Tu scendi dalle stelle” o “Astro del ciel”. 

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Queste composizioni divennero così popolari da arrivare a creare una vera e propria usanza ricorrente nel nostro paese. L’Italia si stava componendo tra Garibaldi e Cavour, e in quegli stessi anni gli italiani stavano scoprendo quella che oggi chiameremmo la “magia del Natale”. Per fortuna poi arrivò Caruso a far cambiare quell'aria, è il caso di dirlo, un po' “vischiosa”.

Ma è nel mondo anglosassone, soprattutto nordamericano, che bisogna rintracciare l’origine e il diffondersi della “canzone pop di Natale”. Non è difficile immaginare una casa americana negli anni '50 nel momento in cui qualcuno faceva girare la manopola della radio transistor per ascoltare la soave voce di Dean Martin intonare “Let It Snow! Let It Snow! Let It Snow!”

In realtà l’autore del brano è il celebre Sammy Cahn, il compositore è il britannico Jule Styne e la prima versione, del 1945, è stata cantata da Vaugh Monroe. Comunque stiano le cose, questa è una delle canzoni più cantate e stra-abusate dell’intera serie natalizia: da Frank Sinatra a Michael Bublé, da Mina a Bill Crosby praticamente tutti, almeno una volta, l’hanno intonata.

È impossibile non citare anche “Somethin’ Stupid”, classico esempio di “markettone padre-figlia” reso popolare da Frank e Nancy Sinatra. I Sinatra incisero questa canzone nel 1967 e fu subito un successo interplanetario (anche se non tutti si ricordano che, qualche anno prima, comparve per la prima volta in un oscuro album di Marvin Gaye che non ebbe alcun successo). Anche questa canzone è stata ri-cantata mille volte, e una delle versioni più famose è quella del 2001 interpretata da Robbie Williams e Nicole Kidman: peccato che il video abbia un’ambientazione anni ’60 talmente farlocca che a confronto il catalogo di Postal Market era un diorama della vita in Italia negli anni ’80. 

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Altro must natalizio dei nostri giorni è ovviamente “Last Christmas”: la canzone degli Wham! ha segnato senza dubbio un salto di qualità, e dopo i furori dell’America perbenista anni ’50 e ’60 da quel momento anche il synth pop ebbe modo di flirtare con le canzoni di Natale. Si potrebbe proseguire a lungo su questa scia: dalla tamarissima “All I Want For Christmas” di Mariah Carey del 1994 passando per il divertissement dei The Darkness in “Christmas Time” fino alle recentissime canzoni di Natale dei The Killers che, dopo ormai dieci anni di uscite regolari, sono talmente scontate che l’unico interesse che rimane vivo è quello per il maglione che indosserà Brandon Flowers.  

Ma perché in Italia non esiste il costume delle canzoni natalizie? È vero che nell’Ottocento eravamo i migliori al mondo, ma adesso come siamo messi? A conti fatti, siamo ridotti a pezzi.
Nonostante gli sforzi di artisti e produttori discografici, il classico disco di cover natalizie che negli Stati Uniti funziona sempre e comunque (praticamente Michael Bublé vive solo di quello) in Italia non ha mai sfondato, e se si esclude la consueta “canzone di Natale” di Radio Deejay non c’è quella serialità a tema che oltreoceano domina le classifiche nel mese di dicembre.

Nel 2008 ci ha provato Irene Grandi a rinverdire il campionario delle classiche canzoni natalizie, proponendo “Bianco Natale” e altre hit similari in versione attualizzata nel disco "Canzoni per Natale". Il risultato è stato recepito in modo piuttosto tiepido e certamente non ha riscosso un gran successo. Di certo non ha contribuito alla buona riuscita dell’operazione il videoclip, tipico esempio di storytelling alla buona e tremendamente obsoleto. 

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Ma ci sono delle eccezioni, e anche parecchio luminose. Tanto per dire, una canzone che negli anni è diventata un vero e proprio classico delle festività è “Canzone per Natale” di Morgan. L’ultima traccia di “Canzoni dell’appartamento” è infatti un esempio di cosa significhi rimasticare il concetto di Christmas song attualizzandolo e rendendolo perfettamente aderente con la realtà che si descrive. Si dice che da quando Marco Castoldi l’ha composta, le visite al Museo di Storia Naturale di Milano nel mese di dicembre siano triplicate. Potenza del cantautorato!

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Forse in Italia non si riuscirà mai a scrivere una grande canzone di Natale semplicemente perché non è una nostra invenzione, ma la soluzione probabilmente è quella di andare a scovare le composizioni con un punto di vista di “outsider”, quelle che tentano di raccontare l’altra faccia della festività, le sue contraddizioni, i suoi punti oscuri e i suoi numerosissimi tempi morti.

Ecco perché per me una delle più belle canzoni su questo periodo dell'anno è “La Vigilia di Natale” di Brunori Sas, ovvero una canzone che sostanzialmente canta “l’odio, il genuino odio per il Natale di questi anni”, un inno alla nostalgia di feste perdute “alla luce di un’altra stella / alla luce di un’altra età”.

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L’unico modo per scrivere una canzone italiana di Natale (e qui trovate ben 10 esempi sul tema) sembra essere quello che va a “decostruire” il concetto, pugnalandolo al cuore. Insomma, quando vedrete Babbo Natale sanguinante al suolo allora ce l’avrete fatta, avrete scoperto il vero spirito di Natale.  

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L'articolo Fenomenologia delle canzoni di Natale (se vi sentite assolti, siete lo stesso coinvolti) di Mattia Nesto è apparso su Rockit.it il 2018-12-18 17:01:00

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