È lunedì mattina. Piove, da qualche giorno pure dentro di noi. Sarà il virus o più probabilmente l'incertezza, condizione che cerchiamo di eludere per tutta l'esistenza, saranno i decreti e il nostro senso di responsabilità, che ci costringono a convivere con noi stessi per 24 ore al giorno. Un supplizio per chi non c'è almeno un po' abituato.
Sono le stesse sensazioni che forniva l'ascolto delle canzoni di Gianmaria Testa, scomparso il 30 marzo del 2016 a 57 anni. Musica fatta di una malinconia necessaria, che ti lasciava spogliato. Merito della chitarra di Gianmaria, che lui aveva imparato da autodidatta e che metteva assieme il jazz più raffinato alla tradizione del cantautorato italiano e francese, e che si fondeva in una maniera quasi mistica con la sua voce e con le sue scelte lessicali colte e contadine allo stesso tempo.
Testa era un piemontese, uno di quei casi in cui la geografia si porta dietro un modo di vivere, un mondo intero. Era nato in provincia di Cuneo da una famiglia di agricoltori e lì era diventato capostazione, attività che ha plasmato la sua sensibilità e il suo immaginario fino all'ultimo giorno.
Giovanissimo si era innamorato della cultura francese, corrisposto. Mentre il suo nome cominciava a circolare, fuori dai circuiti più popolari, Testa trovava estimatori prestigiosi nel mondo della musica jazz e persino di quella classica, del teatro d'autore e della scrittura. Ha suonato con alcuni dei più grandi musicisti contemporanei, oltralpe e non solo, ha collaborato a lungo con l'amico Erri De Luca.
Un altro rapporto speciale è stato quello con Jean-Claude Izzo, irraggiungibile giallista marsigliese, figlio di un immigrato salernitano. Nei suoi libri di lucente bellezza, Izzo cita Gianmaria, che con la sua canzone Ritals, dedicata agli italiani andati in Francia per vivere tra mille sacrifici e diffidenze, aveva dato una colonna sonora alla vita di migliaia di francesi di seconda generazione, e, in fondo, a tutti coloro che non potevano sentire del tutto loro la terra in cui avevano sempre vissuto. Testa come i Massilia Sound System o IAM, un chitarrista sopraffino e due collettivi di conscious rapper, accomunati dalla capacità di raccontare chi si vorrebbe non avesse voce.
"Gianmaria se n'è andato senza fare rumore. Restano le sue canzoni, le sue parole". Così c'era scritto sulla sua pagina Facebook il giorno che ci ha lasciati. In questo lunedì che ci cade addosso ve ne vogliamo lasciare qua alcune, ma il consiglio (con il cuore) è di ascoltarne molte di più.
Come di pioggia
Vedi titolo di questo articolo.
Ritals
Perché la migrazione è un concetto dell'anima.
Nuovo
Il ritrovamento dello stupore di vivere.
Come le onde del mare
Perché "sono le onde a impedire che i mari siano semplicemente delle enormi pozzanghere", come ha scritto David Foster Wallace.
Ps, in generale ascoltate tutto Mongolfieres, primo vero album di Gianmaria
Lampo
Un bagliore squarcia il cielo nero, a ricordarci che verrà il sereno.
Ps, dallo stesso album impossibile non menzionare Polvere di gesso.
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L'articolo Le canzoni di Gianmaria Testa ci lasciano nudi di fronte alla vita di Dario Falcini è apparso su Rockit.it il 2020-03-30 11:03:00
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