CBCR 2024: il futuro della musica italiana in 15 nomi

È arrivato quel giorno: ecco gli artisti su cui puntiamo per riempire di musica bellissima i prossimi 12 mesi. Rap, rock, pop e soul: ce n'è per tutti i gusti, e il prossimo 13 gennaio i CBCR torneranno live a Milano per una serata imperdibile

Tutte le grafica a cura di Luca Dal Ben e Stefano "Fiz" Bottura
Tutte le grafica a cura di Luca Dal Ben e Stefano "Fiz" Bottura

“Lascia dormire il futuro come merita.
Se lo si sveglia prima del tempo, si ottiene un presente assonnato”.

Questa frase viene attribuita a Franz Kafka e si moltiplica in rete come un replicante buono per ogni occasione. Risulta perfetta per quello che per noi è, da anni, il giorno più importante dell’anno: la pubblicazione dei CBCR, i nuovi artisti che siamo convinti saranno i protagonisti del nostro e del vostro 2024.

Li trovate qua sotto, chi conosce il format sa che – senza fare i chiaroveggenti, ma senza fare gli ipocriti – in passato è capitato di prenderne più d’uno. Calcutta, Tananai, Laila Al Habash, Ariete, Blanco, thasup: sono solo alcuni dei nomi che – ben prima che tv, radio e grande pubblico si accorgessero di loro – hanno fatto parte nel tempo di questa lista di grandi talenti e grandi auspici.

Solo che nel frattempo tutto è diventato più complicato. Ogni anno lo è un po’ di più. I prospetti più interessanti firmano con le major che sono ancora dei ragazzini, prima di avere la patente spesso godono già di una popolarità estrema (e a 25 anni sono già in crisi d’identità…). Il mercato, soprattutto in determinati generi, è saturo e tende a proporre la copia della copia. Non è facile muoversi in questo terreno scivoloso. Il talento, però, prescinde dalle mode e soprattutto dalle numeriche. E poi c’è il “fuoco sacro” di un artista, che non è una cosa su cui si possa lavorare con a&r o produttori.

Siamo convinti che le cose stiano cambiando, che si sia arrivati a un punto di frattura dopo anni di doping e parossismo discografico. Che quell’underground cooptato dal mainstream ormai 7-8 anni si stia ricoagulando, sebbene inevitabilmente secondo logiche e rituali molto diversi rispetto a quelli degli anni ’90 e primi 2000 (per fortuna). Da qui si riparte, per un 2024 in cui si va alla guerra delle idee, l’unica che vorremmo si combattesse.

Allora è tempo di svegliarli i nostri CBCR 2024, che il futuro ha riposato abbastanza. Tra i 16 nomi di ragazze, ragazzi e collettivi artistici magari non troveremo quello che farà il botto, i prossimi concorrenti di Sanremo o i reginetti dello streaming, ma siamo sicuri che se il futuro della musica italiana avrà tutti i sapori che compongono questa lista, avremo di che divertirci.

Vi auguriamo buona lettura e vi invitiamo tutti a sentire i nostri CBCR dal vivo il prossimo 13 gennaio all’Arci Bellezza di Milano, in una lunga serata di musica che inizierà nel tardo pomeriggio e finirà che è già un altro giorno. È la notte dei CBCR, evento che ha il sostegno del MiC e di SIAE, nell’ambito del programma “Per Chi Crea” – lo scorso febbraio è andata così: qua e qua trovate foto e video dell’evento –: a questo link ci sono già i biglietti (vi chiediamo un atto di fiducia, lo sappiamo, ma ci sono pochi posti e grande richiesta: conviene affrettarsi!), a breve annunceremo line up e orari precisi.

Lamante

 

“Ho perso la verginità in un palazzo popolare, all’ultimo piano, sgretolato come il cuore”. Con questo spiazzante verso, cantilenato come se fosse una sorta di inquietante filastrocca, Giorgia Pietribiasi si presentava al mondo. L’ultimo piano è il primo di una manciata di singoli pubblicati nel corso del 2023, tessere spezzate di quel mosaico complicatissimo che è la sua vita, sempre che d'una sola vita si possa parlare. Canzoni dove amore e dolore si trovano a scambiarsi di posto, a confondersi l’uno nell’altro, al punto che lo stesso nome d’arte di Giorgia, 24 anni, racchiude questa ambiguità: Lamante. La sua musica, coprodotta con Taketo Gohara, non è da meno: il suo cantautorato – già portato sul palco dell'Arena di Verona – è un vortice che trova il proprio impeto nel contrasto tra dolce e selvaggio, tra tribale e urbano, tra disperato e sognante. E basterà poco perché ci finiate dentro.

Tony Boy

Antonio Hueber aka Tony Boy è un CBCR ad honorem da tempi non sospetti: ecco una sua chiacchierata di tre anni fa, quando lo incontravamo per farci raccontare il suo primo album, Going Hard, seguito a breve distanza da Going Hard 2. Da allora l'ascesa è stata costante e ora quei titoli sanno di promessa finora mantenuta: Tony ne ha macinati di chilometri partendo dalla sua città, Padova, fino a diventare una delle next big thing (e potremmo tranquillamente togliere next) più caldi della scena rap e trap. Scena in cui si è fatto notare – assieme ai soci Nerissima Serpe, Kid Yugi e Artie 5ive – grazie alle sue barre cupe e introspettive e alla capacità di passare da banger a pezzi più sentimentali. Merito anche dell’intesa vincente col suo producer Wairaki, con lui dal giorno 1. E con cui ora si gode un panorama dall’alto sul rap game, senza smettere di salire per raggiungere la vetta.

Centomilacarie

Chi c’era, ricorda. Chi non c’era – mannaggia a lui –, può andare su YouTube e tuffarsi nella sua esibizione di Il sorriso di mia madre. Lui, il suono delle tastiere, il vento tra gli alberi della Collinetta e la gente come sequestrata dalla sua voce piena di graffi. Era il suo esordio live assoluto e pochi già conoscevano la sua musica, eppure a MI AMI 2022 Centomilacarie dimostrava di essere fatto di una pasta differente. Oggi non abbiamo più alcun dubbio che i prossimi 12 mesi saranno quelli della consacrazione definitiva di Simone, che è nato nel 2004 e i vent’anni non li ha ancora compiuti. Troppo talento, troppa urgenza nella sua scrittura e nel suo modo di cantare, perché tutto questo possa passare inosservato. La musica, d’altra parte, è la sua compagna da quando ha 5 anni quando, cosa abbastanza insolita per l’età, ha iniziato suonando il violino, per poi passare alla chitarra e al piano. E a XXXTENTACION, la sua prima vera crush assieme a Michael Jackson. Maciste Dischi lo nota, e noi con loro. Ha fuori quattro singoli, ne arriveranno altri. E, fidatevi, lo noterete anche voi.

EMMA

Nuova Europa potrebbe sembrare il nome di un neonato movimento politico revanscista, e invece è uno dei collettivi più potenti e allo stesso tempo sfuggenti del sottobosco musicale milanese. Ne fanno parte Luchino Luce, xx.buio, Juck e altri di cui abbiamo avuto di parlarvi in passato, ma in particolare uno di loro ci ha colpito parecchio. Si chiama Alessandro Muscogiuri, ma si fa chiamare Emma – anzi, EMMA, da non confondersi con la collega che fa Marrone di cognome –, che è l’alter ego in cui condensare i movimenti contorti delle sue emozioni più nere e farle esplodere in una cometa sonora. Lo si sente bene in Era e Era la fine, i dischi con cui ha aperto e chiuso il 2023: canzoni maltrattate, abusate e corrotte da un’elettronica spiritata tra dubstep, hyperpop e drum ‘n’ bass, per lasciare che il male e il dolore rimangano lì, nella musica, mentre noi cerchiamo nell’altro un senso di umanità perduto.

Lauryyn

La scena jazz pugliese è uno spazio niente male dove muovere i primi passi, qualsiasi sia la direzione che si vuole poi prendere. È da qua che è sbucata fuori la leccese classe 2000 Aurora De Gregorio, in arte Lauryyn (omaggio a Lauryn Hill?). È da qua che speriamo di vederla prendere una strada che porti sempre più lontano. Intanto abbiamo un ep di 6 tracce, Intro, che dà già una bella dimostrazione del talento che ci troviamo di fronte: raffinato neosoul venato di elettronica che prende per mano la malinconia, così da esorcizzarla con la potenza inaspettata della voce di Lauryyn. Chiamiamolo pop, se vogliamo farla facile, ma con addosso un’eleganza sorprendente. Se questa è appena l’introduzione, allora non resta che aspettare e godersi ciò che arriverà.

Clode

Appena 20 anni ma le idee molto chiare, così come i suoi ascolti. Clode ha un suono molto ricercato e ambizioso, tra synth, immaginario deep e quella voglia di unire le sperimentazioni di Flume, l’elettronica di Cosmo, la solennità di James Blake e l’apparente freddo e distacco dei testi. C’è qualcosa di molto complicato nella ricerca della sintesi di tutte queste sfumature, eppure a lei riesce tutto così naturale. E una cosa è certa: il suo è uno sguardo profondo (e sofferto) verso il mondo, capace di mettere in discussione tutte le nostre certezze. Antipatica (Virgin Music Italy) è il suo brano d’esordio che grazie a una melodia cantata a bocca stretta, ti tiene incollato sulla sedia. Afferrate i braccioli e mettete tutto in discussione con lei in questa danza sincopata. 

Faccianuvola

Il punto di partenza è la Valtellina, posto da cui negli ultimi anni ha iniziato a farsi sempre più rumoroso un interessante brusio che si nascondeva nel sottosuolo. Sopra le teste dei conterranei Ricche le mura e Merli Armisa svolazza Alessandro, che da qualche tempo ha preso il nome di Faccianuvola. Il ragazzo sembra pronto allo stesso decollo del missile di Pop X, con cui condivide la passione per l’autotune e per lasciar galoppare i bpm quando la situazione lo richiede. Il suo però è un animo da ultimo dei romantici, e questo rende il suo volo più simile a quello di un aquilone, più che allo scoppio un razzo della Nasa. Eppure, tanto potrebbe bastargli per raggiungere le stelle.

18k

“Il mondo è un pezzo di terra, pezzo di merda”. È qualche giorno che riflettiamo sulla citazione che chiude Pezzo di terra, l’ultimo pezzo di 18k, pubblicato proprio pochi giorni prima che ponessimo l’alloro dei CBCR sui suoi capelli punk77ini. Non è affatto immediato riuscire a entrare nella testa di questo ragazzo classe 1997, che è nato a Faenza ma vive a Brisighella. Così a occhio non dev’essere un posto dove si campa male, affatto, eppure per Filippo “la luce è artificiale, quindi sto nelle mie tenebre”. La sua musica è dritta e incazzata, malinconica e allucinata come spesso è la provincia italiana, che lui affronta da un punto di vista nuovo rispetto a tanti illustri colleghi. La sua prospettiva è un mix di rap – la sua prima passione – e trap di seconda generazione, metal, skate punk e gore (a cominciare da un’estetica molto curata), fino a screamo e grindcore. Pezzo dopo pezzo – prima dell’ultima release era stata la volta di XXL, sempre per Emi Records Italy/Universal Music Italia e prodotta da 85Prod, mentre risalgono a inizio anno le 22 tracce del suo disco d’esordio Grotto inferno – 18k sta uscendo dalla caverna. Noi siamo lì ad attenderlo.

Coca Puma

Quando Costanza sale sul palco ha sempre un cappello da pescatore ben calato sugli occhi, non sappiamo se sia per timidezza o perché l’unica cosa che vuole guardare siano il bianco e nero della sua tastiera. C’è però uno scintillio strano che riusciamo a intuire nelle sue pupille, qualcosa che pulsa lentamente invece di correre via. È la romana Coca Puma, che dopo un’esperienza all’interno della band neo soul dei Quiver ha deciso di provare a dedicarsi al suo progetto solista. E ci sta riuscendo mica male, come dimostra chi l'ha vista in apertura all'ultimo DR. MARTENS FEST presented by MI AMI: una volta messa la testa dentro la morbidezza del suo pop che mescola soul e r&b, dove non riesce a non fare capolino la sua formazione jazzistica, lasciarsi catturare è inevitabile. Di lei – che fa parte del roster della padovana Dischi Sotterranei – non c’è ancora niente da ascoltare, ma abbiate fede: arriverà presto e ve ne accorgerete subito. Anche se avete lo sguardo coperto.

I Finnegans

“Produciamo musica arrabbiata per gente infastidita”. Ce ne deve essere parecchia in quella Brianza da dove fanno rumore per “esorcizzare l’apatia”. Sono in giro già da alcuni anni, ma sono ancora giovanissimi. E carichissimi, come può testimoniare chiunque abbia assistito a un loro live. Nascono come power duo, ma hanno ormai la dimensione del collettivo e sul palco paiono un piccolo esercito con le loro chitarre effettate, le drum machine, i riverberi, il basso a martello e i sintetizzatori “pieni di densa nebbia”. Tutti assieme danno vita a “un’atmosfera post punk fatiscente”, veloce e istintiva, angosciante come le città di notte, desolata e creativa come ogni periferia. Entusiasti macinatori di chilometri in furgone, integerrimi scambisti di date e animatori dell’underground, sono stati adottati dalla fiorente scena hardcore lombarda. Sfornano nuova musica con grande zelo e senza badare alle pose, come dimostrano i tre album – I Finnegans, Brianzacore e Non sono come tu mi vuoi – che arricchiscono una discografia che già flirta con il local culto. Ma noi non siamo gelosi e non vediamo l’ora che la loro energia sia patrimonio di tutto questo Paese a forma di stivale.

Santamarea

Quando le persone si avvicinano alla musica, la loro forza e particolarità, dovrebbe essere quella di lasciarti immaginare qualcosa, magari un luogo. Nei Santamarea c’è tutto questo, grazie a questo vortice teatrale ma soprattutto cantautorale, non puoi che sentire il brusio della vucciria di Palermo contaminato dall’energia degli strumenti elettrici. Un sapore di mare nelle spiagge più nascoste dell’isola ma con uno sguardo alla metropoli, come qualcosa in grado di rapirti e travolgerti (lo hanno fatto all'ultima edizione di Musicultura, dove hanno vinto); non sappiamo se saranno i futuri pirati della musica, ma questo è un progetto indirizzato nell’emisfero alternative pop, tra un profano senso del sacro e un gioviale divertimento.

Paolo Alneon

Paolo Alneon, 24enne romano con una breve parentesi nel rap, ora cantore di un futuro sfocato e inafferrabile. La sua musica è fatta di bagliori elettronici intermittenti e ipersaturati, dei fasci di luce che illuminano la vera realtà delle cose che ci circondano appena per qualche secondo, prima di lasciarle scomparire di nuovo nel buio. È in questo senso di disorientamento costante, dove più ci avviciniamo a una risposta e più andiamo a sbattere contro gli ostacoli sul nostro percorso, che il fascino del suono di Paolo colpisce. Le sue canzoni fosforescenti, come suggerisce il moniker, si reggono sulle trame larghe di un (anti)pop disilluso, consapevole di quanto è fragile la condizione umana, ma non per questo immune alla sua bellezza.

Funky Lemonade

Non è il solito racconto della band di provincia che, dopo centinaia di concerti, riesce ad arrivare al grande pubblico, o almeno non solo. Funky Lemonade ora è una vera e propria carovana di persone che riempie centri sociali e club del Nord a colpi di groove e musica funk. Suoni che hanno portato in giro il loro album Per Ridere – uscito a marzo – in varie città ottenendo una grande risposta da pubblico e critica. Noi abbiamo seguito il loro percorso negli ultimi anni perché hanno vinto la prima edizione di Palchi Belli, contest che organizziamo assieme a Ostello Bello e Tuborg, e soprattutto vengono dalla nostra community di RockitPRO. Siamo rimasti colpiti dal modo in cui coinvolgono le persone sopra e sotto al palco, grazie a una vera e propria etica diy. Rappresentano chilometri in furgone, divertimento, sudore, sale prove e tutto quello che necessitano è salire sul palco, voi potete scommetterci, vi divertirete.

Soap

Il nome d’arte sa di coccole e pulito, e in effetti di freschezza ce n’è quanta ne si vuole. Il nome di battesimo potrebbe far pensare a una diva del cinema di un tempo, e un certo gusto retrò ti avvolge quasi subito ascoltando la sua voce. Ma Sophie Ottone aka soap con la sua musica si spinge molto più in là. Nata a Roma nel 2005 e cresciuta a Latina, non pare particolarmente preoccupata dei paragoni che inevitabilmente la accompagnano per questioni geografiche e generazionali. Ha iniziato a suonare la chitarra che era ancora una bambina, mentre consumava bloc notes per appuntare i testi delle sue prime canzoni. Poco più di un anno fa ha iniziato a pubblicarli e non ci è voluto molto tempo perché qualcuno si accorgesse di lei. Soprattutto grazie a via del corso e poi da macchina argento, due singoli intrisi di malinconia e voglia di esprimersi, densi di etica ed estetica gen Z. Canta (in italiano e in francese) di amori adolescenziali, speranze, inquietudini, delusioni e voglia di rinascere ogni giorno. Un’etichetta che di teen star ne capisce parecchio, Sugar, l’ha messa sotto contratto. Ora tocca a voi perdervi nei suoi 18 anni.

Thoé

Quando pensiamo alla musica r&b italiana ci vengono subito in mente gli anni '90. Ma l’emiliano Thoé, classe 2001, un passato nei cori gospel della sua Reggio, vuole distaccarsi nel modo più netto da quel mondo lì, o per lo meno ambisce a molto di più: vuole cercare di portare un nuovo r&b con vista internazionale e sapore nostalgico in questo Paese. Tra i suoi riferimenti Etta James, Charles Brown e Aretha Franklin. E allora perché non vedere questo ragazzo, che ha fatto uscire i suoi primi brani per Island Records/Universal Music Italia, come il pioniere di una nuova generazione di soul musica contaminata, qualcosa che dalle nostre parti non si è mai visto. Difficile da comprendere, abbastanza semplice però da stuzzicare l’anima, grazie a produzioni ipnotiche e quel richiamo gospel che lo rende a tratti irresistibile. C’è più gusto a essere curiosi, tenete le orecchie aperte.

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L'articolo CBCR 2024: il futuro della musica italiana in 15 nomi di D. Falcini, T. F. Cremonini, V. Comand è apparso su Rockit.it il 2023-12-13 11:00:00

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