CBCR 2025: il futuro della musica italiana passa da questi artisti

Scommesse e allo stesso tempo auspici: sono i nomi su cui puntiamo per cambiare il volto alla musica di casa nostra. Scopri chi sono e quanto spaccano, in attesa di sentirli dal vivo il 25 gennaio a Milano

Grafiche di Beatrice Arrate
Grafiche di Beatrice Arrate

Proprio non lo sappiamo che risposte potrebbe finire per suggerirci "questo vento dislessico". Eppure qualcuno dovrà pur prendersi la briga di diradare le nuvole che da tempo si accumulano sulla discografia (e non solo su quella). Da anni affidiamo – scusandoci per la responsabilità che appioppiamo loro – questo ingrato compito a un gruppo di ragazzi e ragazze, i nostri CBCR per il 2025.

Sotto questo acronimo, che sta per Cresci Bene Che Ripasso (è un po' contro lo spirito del tempo, ma ormai ci siamo affezionati), raggruppiamo i talenti emergenti che rappresentano il modo in cui la musica italiana di domani non ci dispiacerebbe fosse. Scommesse (ci abbiamo preso più volte e in maniera abbastanza clamorosa, in effetti) e auspici allo stesso tempo

Ognuno con il proprio percorso, i propri obiettivi e il proprio pubblico, questi artisti e artiste fanno generi molto diversi tra loro, ma ad accomunarli è la ricerca di un'unicità che dev'essere l'ambizione di chi fa musica, soprattutto oggi. Qua è dove ve li raccontiamo (in fondo trovate anche una playlist dedicata alla loro musica), ma quello che vi consigliamo di fare è venire a sentirli live. Sarà un'occasione unica per avere 16 live di giovani e talentuosi progetti musicali tutti in una volta sola (e ci saranno delle incredibili sorprese che annunceremo presto!), un maxi show di più di sei ore che sa di passione e futuro. LA NOTTE DEI CBCR sarà il 25 gennaio al Circolo Magnolia di Milano, qua trovate itickete vi consigliamo di fare presto perché negli scorsi anni i biglietti sono finiti subito.

Ci vediamo nel futuro

Marte

Straight Outta Monte Sant’Angelo.

La nuova “cosa grande” del rap italiano viene dal Gargano, dove fa freddo anche se vedi il mare a picco sotto il tuo collo. Si chiama Martina Totaro, in arte Marte, e ha le idee parecchio chiare: “La parità non mi basta” proclama delle sue rime, insomma non è una che gioca per il pareggio. In effetti flow così non si sentono tutti i giorni, e se è vero che lo stile non si compra lei deve averlo trovato in dono nella grotta di San Michele Arcangelo.

Dalle sue barre emerge attitudine, un grande amore per le sonorità old school di questa sacra disciplina e un sacco di tecnica mista a personalità. Tutto era iniziato, come accade sempre più spesso, sui social, poi ecco due sbalorditivi freestyle rilasciati su Instagram e su Spotify dal titolo STAY ON BARS #1 e STAY ON BARS #2. La firma con Capitol Records e il primo “vero” singolo, On & On, che sembra poter significare solo una cosa: Marte è pronta al decollo. 

Umarell

Appena 19enne, Martin Giovannella ha già pubblicato due dischi. Musicista, produttore e performer, ha esplorato gli anni ’90, il post-punk, il rap, la trap, con qualche spruzzata di grime. Ora è pronto a lanciarsi nel rock con il suo terzo album, interamente scritto, prodotto e interpretato da lui, in linea con la filosofia che guida il suo progetto: essere artigiano, artista e alchimista di molteplici elementi che lo definiscono. Sul palco si fa chiamare Umarell, un omaggio all’espressione dialettale bolognese resa celebre dallo scrittore Danilo Masotti. Il termine si riferisce in modo affettuoso e ironico agli uomini anziani, spesso pensionati, che trascorrono il tempo osservando i cantieri, curiosi e talvolta critici, con le mani dietro la schiena, intenti a dispensare suggerimenti non richiesti agli operai.

Quando si esibisce, Umarell sembra un’intera orchestra, ma in realtà è solo Martin con il suo computer. Ogni suo universo musicale ha un’identità ben definita, che richiama gli Sleaford Mods, i Sangue Misto e i Modeselektor, facendoti ballare fino alle sei del mattino. Umarell, ovvero Martin, è un progetto ambizioso, capace di adattarsi a ogni ora del giorno. Un mash-up situazionista pensato per stupire e lasciare senza parole. Venite ad ascoltarlo: non vedrete l’ora di risentirlo.

Fenoaltea

La maglia rosanero del Palermo addosso durante i set non è una posa per scimmiottare Dua Lipa, ma una rivendicazione chiara delle proprie radici. Lui è Fenoaltea, producer attivo fin da giovanissimo, che dopo anni bazzicati su Soundcloud ha cominciato a far germogliare la sua musica anche fuori dal sottosuolo. E con risultati già notevoli, visto che ha collaborato con artisti come Bnkr44, Giuse The Lizia, Centomilacarie, Machweo e Faccianuvola. 

L'obiettivo lo dichiara nella suo bio, rigorosamente in siciliano: "Ti fa ballari e ti fa chianciri", ossia, come si può intuire, "ti fa ballare e ti fa piangere". Elettronica emotiva che ha come numi tutelari Floating Points, Fred Again, Four Tet, oppure esimi colleghi della scena local come Okgiorgio. Difficile immaginare qualcosa di più contemporaneo e sul pezzo di così: Fenoaltea ci sta già facendo vedere che in quel campionato può prendersi una bella fetta, basta solo dargli una console e un palco. E chi siamo noi per negarglieli?


Tashi

Tashi Dorjee ce lo ricordiamo bene. Il nostro primo incontro con lui risale al 2022, quando lui partecipò al laboratorio Project Together del Dr. Martens Fest. Pochissimo tempo dopo è uscito Dentro lo scheletro della balena, il suo singolo di debutto, che trova la sua forza ipnotica nell'ondeggiare tra due accordi, su cui viene costruito tutto l'arrangiamento. Avremmo potuto già “battezzarlo” lì, ma per certe cose è meglio saper aspettare.

Eccoci allora al 2024, anno in cui Tashi ha pubblicato il suo primo ep Per un soffio. L'immaginario marino ci porta di nuovo a riva, ma non c'è il colombre di Buzzati a inseguirlo nel mare, non c'è Moby Dick ad alimentare un'insanabile sete di vendetta, quanto una sorta di sospensione a mezz'aria su di un soffice ambient pop che guarda al folk e all'emo, mentre la vita scorre sotto di noi. Tutto fino a un liberatorio tuffo, che ora siamo davvero convinti valga la pena di fare insieme.

 

Tanz Akademie

Chissà se qualche ascoltatore germanofono si è fatto fregare dal nome, mettendo distrattamente play a questa fantomatica "Tanz Akademie" aspettandosi qualche composizione di Čajkovskij o Saint-Saëns. In realtà il riferimento arriva dritto dritto da Suspiria di Dario Argento, mentre il suono è un decadente post punk affascinato dal jazz e dall'estetica goth, che ci butta dentro pure garage, ska art rock e uno spirito scassone da marching band.

Questi sono i Tanz Akademie, sestetto che viene da Alba e pone uno sguardo vampiresco – non a caso uno dei loro singoli si chiama proprio The Vampire – sul presente per cantarne ansie e paranoie. Memorabile il loro disco d’esordio, Hullabaloo, un campionario di mostri che passa dai film dell’orrore più angoscianti a una puntata di Scooby Doo. Chi li ha visti dal vivo non si è fatto spaventare, anzi, ne parla come di uno spettacolo imperdibile. Non abbiate paura di entrare anche voi nella loro cripta.

Dacota

Dacota, nome d’arte di Emanuela Luzi, è una che fa musica da tutta la vita. Sarà stata l’influenza del padre batterista, oppure quella voglia di suonare che nel pesarese, da dove viene lei, sembra correre nelle tubature dell’acqua. Da qualche tempo ha preso strumenti e bagagli dalla sua Fossombrone per arrivare a Milano.

A parlarcene per prima è stata Lamante, cantautrice a cui la medaglietta di CBCR ha portato ben fortuna durante l’anno. Ora il testimone passa di mano, e tocca a Dacota farci vedere quanto lontano può andare. Il suo primo ep, Chiave vergine, è già una partenza stupefacente: il suono è curatissimo, fatto di tessere sbilenche tra chitarre acustiche e sferzate elettroniche, che si incastrano tra loro lasciando giusto una fessura perché sia la voce di Emanuela, sottile e meravigliosa, e infilarcisi dentro. Dacota sulla musica ha scommesso tanto, se non proprio tutto. E allora anche noi vogliamo mettere un gettone sulla stessa puntata.


Teseghella

Viene da Roccasecca, un posto con il nome da fiction Rai con i preti commissari. Non ditelo a Teseghella, però, che al paese natale ha dedicato il suo primo Ep e pure il proprio moniker, visto che le “tesechelle” di quel borgo medievale nel frusinate.  Le cinque tracce (prodotte da okgiorgio) che componevano il suo primo lavoro hanno già fatto intuire le doti di songwriter di questo ragazzo classe 1999. Se qualcuno avesse dei dubbi può andare ad ascoltare le preziose strofe che Teseghella ha scritto per colleghi come gIANMARIA e Centomilacarie, collega di roster in quella Maciste che non ne sbaglia mezza quando si tratta di trovare le voci del nuovo pop nostrano.

Il suo racconto parte dalla quotidianità e arriva all’universale. Parole profonde, malinconiche, di un cantautore che sa essere sensibile ed emotivo, dolce e all’occorrenza amaro. Live non ha bisogno di nulla se non delle proprie canzoni per arrivare al pubblico, come sa chi lo ha ammirato all’ultimo MI AMI o in apertura ai concerti di Fulminacci e Gazzelle. Autore prolifico, la nuova musica in arrivo nel 2025 sarà la conferma di un talento che è già sbocciato. Senza alcun bisogno di urlare. 

Tare

Eccola qua, la live band più temuta da ogni responsabile della sicurezza. I Tare dalla provincia di Vicenza – un posto dove qualche anno fa deve essere piovuta qualche pioggia strana – sono una delle cose più matte ed entusiasmanti che si possa trovare su un palco oggi. Progetto hard jazz nato dalla collaborazione del batterista Leonardo Ziche con il bassista Alberto Munarini, ha presto integrato nella propria ingestibile formazione Paolo Munarini alle tastiere e Andrea Moro ala chitarra.

Il resto è succo di delirio, o, per usare una loro definizione “una tartare di drum’n’bass con maionese al dub”. Questi generi ci sono, ma ce ne sono molti altri. L’attitudine a jammare di chi è stato appena buttato fuori da un jazz club, spoken word, elettronica a paccate. L’arrangiamento è minimale, le voci parlate garantiscono l’effetto straniamento. Hanno all’attivo due ep, Tesa (2022) e Pop (2024), ma è dal vivo che danno il meglio di sé. Se sono in serata si presentano con una smerigliatrice come strumento aggiunto. Siete sicuri di essere disposti a perdervelo?


Estremo

Estremo è Enrico Botta, DJ e produttore nato a Brescia. Ha collaborato con artisti del calibro di Izi, Tedua, Vaz Tè, Irbis, Nomercy Blake e Madame, dimostrando una versatilità e una creatività che lo distinguono nel panorama musicale. In un mondo frenetico dominato da trend usa e getta, Estremo riesce a costruire, idea dopo idea, nuovi tasselli che compongono il mosaico della sua identità musicale.  

Il suo viaggio nell’elettronica è solo all’inizio, ma si presenta già come irrefrenabile. Dietro il progetto c’è tanto da scoprire, così come della persona: mentre le pareti potrebbero presto riempirsi di medaglie e trofei, Enrico guarda al mondo, dove il pubblico vuole ballare. Non si accontenta di qualche pacca sulla spalla; il suo obiettivo è scrivere melodie e tracce capaci di imprimersi nella mente e nel sudore delle persone.  

Le sue produzioni, ricche di dettagli figurativi e strutture complesse, evocano le opere di Klimt come L’Albero della Vita o il Fregio di Beethoven. Ogni elemento è frutto di una costruzione minuziosa, mentre la loro interpretazione sfida le convinzioni tradizionali — accademiche e non solo — su ciò che la musica elettronica può essere. Estremo sembra destinato a trasformare il modo in cui la viviamo e la ascoltiamo, a cominciare da un disco imminente,Era, in cui diverse voci femminili si alterneranno sui suoi suoni. 

 

Yaraki

Per molti, si sa, la musica è solo una piccola parte della vita. Per Yaraki, invece, è molto di più: una rivalsa, un mezzo per raccontarsi e per mescolare le carte in tavola. Piazza Samba, il suo ultimo EP, è un manifesto chiaro di libertà e senso di comunità. Attraverso i suoi brani, Yaraki racconta l’esperienza della periferia e invita l’ascoltatore a mettersi in gioco. La sua musica crea ogni volta nuovi orizzonti e perfeziona le sue stesse idee, dando forma a un’identità forte e ben definita.

Yaraki è una delle voci più luminose della nuova generazione, capace di affrontare il linguaggio urban con uno stile unico e personale. Proprio per questo merita attenzione: non bisogna lasciarsi sfuggire nulla del suo percorso. Perché, anche se per il mondo la musica può sembrare solo una piccola parte, non dobbiamo dimenticarci che ha il potere di salvare le persone. Magari salverà anche voi.

Chiaroscuro

Prima di essere una band, Foreverboymush, Saint Abel e Moskova Div sono tre ragazzi provenienti rispettivamente da Palermo, Rimini e Napoli che si sono conosciuti durante il lockdown, passando le ore su SoundCloud a scambiarsi musica. All'epoca erano appena 18enni, ora hanno poco più di 20 anni e un disco sulle spalle, il cui titolo avrebbe poi dato il nome alla band stessa: Chiaroscuro.

Con queste premesse potreste immaginarvi un album rap oppure hyperpop, ma la strada scelta non è per niente scontata: i tre ragazzi, a cui recentemente si è aggiunta Sarah Luz Masellis, prendono in mano gli strumenti per lanciarsi in una rivisitazione contemporanea dello shoegaze, con alcune infiltrazioni di quella PC music che si cerca di superare. All'estero lo chiamano "zoomergaze", con quell'estetica tra dreampop, ambient e grunge a raccontare la generazione di chi ha 20 anni oggi, sfilacciando l'elettronica con le dilatazioni delle chitarre elettriche e i suoni vaporosi dei synth. È qualcosa di nuovo che si sta muovendo, e non vediamo l’ora di scoprire dove porterà.


Tutto Piange

Il biglietto da visita non brilla esattamente per allegria: nome d'arte Tutto Piange, singolo d'esordioNon è divertente. E in effetti la musica della cantautrice Virginia Tepatti, questo il suo vero nome, preferisce rifugiarsi in una malinconia che però non è mai soffocante, non abbatte a terra senza permettere di rialzarsi, ma in qualche modo si fa spalla confortevole su cui appoggiarsi quando tutto all'orizzonte sembra scomparire.

Almeno questo si coglie nei primi due singoli, tra cantautorato, indie rock e folk, pubblicato per 42 Records, ossia il già citato Non è divertente e Garageband: il primo è una struggente break up song dall'anima acustica, mentre il secondo è scosso da una ritmica che anima le immagini dolorose che prendono forma nel testo. Mentre aspettiamo di scoprire qualche altro pezzetto della sua musica che promette un gran bene, Virginia ha suonato in apertura alle date di Any Other e Dente, a conferma che c'è da tenere teso l'orecchio. Non abbiate paura di star male un po'.


Matteo Alieno

"Scrivendo le nuove canzoni, mi sono un po' stufato di quello che passava il convento. Tanti della mia età si sono un po’ rotti il cazzo, ma senza rabbia. Non vogliamo più sentirci ingombranti. Vogliamo la verità, come l’hanno sempre voluta tutti; e anche io la sto cercando".

Sin dal nickname che si è assegnato – all’anagrafe lo conoscono come Matteo Pierotti –, l’obiettivo di Matteo Alieno è quello di non conformarsi a una discografia che ha adottato il modello discount. Classe 1998, è autore (anche per nomi importanti), produttore e polistrumentista. Suona da quando ha sei anni e forse già aveva quel taglio di capelli da personaggio dei fratelli Coen. Ha all’attivo un’intensa attività live e ha partecipato alla 17esima edizione di X Factor, dove ha brillato per gusto nelle scelte musicale e per gli arrangiamenti.

Matteo è letteralmente ossessionato dalle canzoni e negli ultimi tempi vive “recluso” in studio, dove è al lavoro per il nuovo album, in cui si aprirà a sonorità inedite. Prendete il cantautorato italiano, riempitelo di chitarre e mixatelo con King Krule e con tutto quello che di brit vi viene in mente. Poi tornate sulla terra e ascoltate questo marziano sbarcato a Roma. 

Camaiani

Spesso succede che il nome giusto ce l’hai lì di fronte, senza dover stare troppo a guardare in giro. Emanuele, un passato come Purple Sync, senza contare la sfilza di progetti che aveva nel circuito londinese quando viveva in UK, ha deciso che alla fine bastava il cognome: Camaiani, che a cercarlo così online rimanda prima a un calciatore di Eccellenza o a una famiglia di guelfi nobili. Nascosto in piena vista, tanto che non vorremmo rischiare di fargli un torto a metterci questo piccolo riflettore sopra. 

Il fatto è che il ragazzo ci ha conquistato, nonostante di lui al momento girino solo delle demo sparse. Produttore, autore, chitarrista per vocazione, di quelli che potrebbero passare la giornata a fare assoli devastanti su una scala blues senza mai annoiarsi, Camaiani è un musicista notevole - non a caso ha fatto già una comparsata in Obe di Mace - che evidentemente aspettava il momento giusto perché il suo progetto solista venisse fuori a dovere. E prima arriverà, prima le nostre orecchie ringrazieranno.


Prim

È il 1961: Tony Sheridan, accompagnato dai The Beat Brothers (primo nome dei Beatles), pubblica il singolo discografico My Bonnie / The Saints. Qualche mese più tardi la scuderia Ferrari, al termine di un tragico Gran Premio d’Italia segnato dalla prematura scomparsa del pilota Wolfgang von Trips — definito da Enzo Ferrari "un giovane di grande nobiltà d'animo" — conquista il suo primo mondiale costruttori. Da allora è passato molto tempo, ma i Beatles e una piccola stanza a Modena sono i luoghi in cui prende forma il “pop triste” di Prim, al secolo Irene Pignatti. 

Giovane cantautrice, Prim si è fatta notare inizialmente con brani in inglese, per poi approdare di recente all’italiano con Luna in acquario ascendente sagittario. Questo lavoro, un viaggio delicato e agrodolce che parte dalla propria terra, mira a dar vita a un nuovo pop dalle sonorità intime e originali. Le sei canzoni dell’EP compongono un puzzle di ricordi ed esperienze che, dal vivo, assumono un’intensità capace di colmare il vuoto che potrebbe emergere leggendo semplicemente i testi. In questa trama di date, frammenti di vita e rimandi storici, Prim ci accompagna con mano sicura, senza risultare didascalica. Il suo lavoro gravita in uno scenario musicale curato e innovativo, pensato per chi, come lei, sogna di uscire dalla propria stanza con una chitarra per conquistare il mondo.

 

Thaeo

La A che svetta nel centro del nome è muta, come se volesse ricordarci che spesso vale più un non detto di mille parole. Il suo vero nome è Matteo Gammino, 22 anni spesi tra la natia Cerignola, Modena e Milano. È una di quelle voci che si impone con delicatezza, con la fragilità che si intravede nel suo cantato a rubare la scena. Un piccolo miracolo, quando sembra che per farsi sentire si debba per forza fare più rumore degli altri.

È il modo di aprirsi a chi ascolta che diventa magnetico per Thaeo: melodie soffuse tra folk ed elettronica, spazi eterei che trasformano i ricordi in immagini tanto sfocate quanto vicine al cuore, schegge di vita che, anche se non sono la tua, in qualche modo lo diventano. Come il singolo di debutto Diamanti, e ancora di più l’autobiografica Cerignola campagna, gli unici due brani pubblicati finora. Presto ne arriveranno altri, per schiudere ancora di più la propria vulnerabilità e farne qualcosa di spettacolare.

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L'articolo CBCR 2025: il futuro della musica italiana passa da questi artisti di V. Comand, T. F. Cremonini, D. Falcini è apparso su Rockit.it il 2024-12-09 10:10:00

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