Quando ho saputo dell’imminente uscita per Minimum Fax di Siamo noi a fare ricca la terra, libro sul cantautore bolognese Claudio Lolli scritto da Marco Rovelli, mi è subito scattata la spia rossa della curiosità. Un po’ perché, sospesi tra l’anniversario di Rino Gaetano e i giusti ricordi/omaggi ai tanti, tantissimi artisti che hanno contrassegnato il nostro cantautorato, il nome di Claudio Lolli è uno di quelli meno citati e un po’ perché Lolli, più di ogni altro, è stato un artista di contatto: di contatto con l’altra umanità (“gli zingari felici”), con la poesia e letteratura (è stato un cantautore dotto senza voler dimostrare niente nessuno) e, soprattutto, con una vita dolorosa.
Siamo noi a fare ricca la terra va esattamente in questa direzione: dal punto di vista del genere è quello che potremmo definire come una biografia romanzata nella quale, attraverso una spina dorsale di episodi davvero successi, si presenta sia la persona Claudio Lolli, sia l’artista. Senza soluzione di continuità vediamo così scorrere più di sessant'anni di storia italiana e di storia personale fino alla sua scomparsa nel 2018, avvenuta un anno dopo la pubblicazione del suo ultimo, pazzesco, disco, Il grande freddo (quila nostra recensione).
Proprio questa continua dialettica tra il dentro della storia personale di Lolli e il fuori rappresentato dagli sconvolgimenti sociali e politici dell’Italia è il tratto distintivo del libro. Una cosa che personalmente ho molto apprezzato e che purtroppo sempre meno si tende a fare, almeno per gli artisti italiani, è una ricognizione puntuale e precisa ma mai didascalica, della carriera musicale di Lolli anche e soprattutto attraverso i suoi lavori.
Perché quando si parla di un artista, e sicuramente Claudio Lolli lo è stato, non si può prescindere da quanto ci ha lasciato. Beh, Lolli nelle parole di Rovelli ci ha sempre lasciato tantissimo anche se, spesso e malvolentieri, specie i suoi primi dischi, nati un po’ per caso, un po’ per fortuna, non erano certamente degli esempi di ottime produzioni.
Nella ribollente Bologna degli anni Settanta infatti Lolli, dopo aver trascorso una vita piuttosto tranquilla ma costantemente contrassegnata dalla “febbre dello scrivere”, si mette a suonare e a comporre canzoni come naturale prosecuzione dei temi che scriveva a scuola. Grazie a un chitarrino comprato all’Upim di Bologna (e che Rovelli, con un bel tocco di classe, “anima” e fa raccontare allo strumento un pezzo di storia del cantautore) può ogni tanto accompagnare l’amico Guccini nelle infinite serate, poi nottate e quindi mattine in osteria, tra fiumi di Lambrusco e profluvi di canzoni, dialettali o meno.
Lolli, nella fase iniziale della sua vita almeno, non pare mai davvero convinto di fare il cantante da grande. Sì certo ogni tanto suona, magari occupa un palchetto improvvisato in qualche cantina/localino bolognese ma nulla di serio. Eppure, in modo naturale e mai sistemico (come si sarebbe detto in quegli anni) ecco che Lolli non solo cresce come persona ma sboccia anche la sua vena cantautorale.
In Siamo noi a fare ricca la terra si coglie bene questa evoluzione vissuta con i tempi e la grazia di un fiore tropicale che sboccia: Rovelli che di Lolli, è bene ricordarlo, è stato amico e sodale, regala pagine deliziose a questa fase.
Ma stavo dimenticando un aspetto importante, solo accennato nell’episodio del chitarrino dell’Upim. Se state pensando alla classica “biografia d’artista”, con il cantante o pittore di turno sempre al centro della scena, beh vi state sbagliando di grosso. Infatti Siamo noi a far ricca la terra nel più puro spirito degli anni Settanta, quegli anni che Erri De Luca ha spesso definito comeanni di rame per le continue connessioni scaturite tra persona e persona, è un romanzo corale.
Come si legge nella scheda di presentazione “Il volume di Rovelli è un coro di voci umane e di oggetti parlanti dalla quale emerge il ritratto di un uomo dolce e schivo, feroce e pacato, alieno ai facili conformismi come dai ribellismi d’accatto, e il ritratto di un’intera generazione, dei suoi sogni e delle sue sconfitte”.
Ecco allora mi sto avvicinando alla conclusione di questa piccola disamina su un libro che, avrete capito anche voi, è molto importante. Proprio l’aspetto di collettivo letterario e di testimonianze rende speciale Siamo noi a far ricca la terra perché dimostra, una volta di più, come se al talento individuale si accompagna anche un humus sociale particolarmente fertile, la miscela è esplosiva.
Esplosiva come sono stati quegli anni, a Bologna più che altrove, che definire rivoluzionari è poco. Eppure Lolli, nonostante sia stato senza dubbio un cantautore di sinistra, nei suoi testi e nelle sue composizioni ha sempre dato una versione non solo pacifica e pacifista della lotta contro il potere borghese, ma anche dotta e letteraria. Rovelli a più riprese rintraccia le letture e le (micro)citazioni che l’amico aveva lasciato nelle sue canzoni, simbolo e sintomo di un gioco non soltanto letteraria ma anche identitario: Claudio Lolli “era” le sue canzoni e le sue canzoni “erano” Claudio Lolli, le persone che incontrava, le letture che faceva.
In una stagione nella quale, a volte, i discografici si fidavano “annusando l’aria” di questo o quell’artista, che magari falliva dal punto di vista economica fino a cinque album ma che poi sbancava, Claudio Lolli è stato uno degli alfieri più puri, una personalità generosa e dotta, riservata eppure contraddistinta da un’incredibile bontà.
Dopo un anno e più chiusi in casa, in questi giorni nei quali si può tornare in piazza, una cosa e buona giusta da fare, oltre a prendersi un gelato e vedere quell’amico che non si incontra da tempo, e ascoltare una canzone all’aria aperto di Claudio Lolli: se lui è stato un fiore in musica, allora anche voi potrete sbocciare ascoltandolo.
---
L'articolo Siamo noi a fare ricca la terra: la vita fiorita e dolorosa di Claudio Lolli di Mattia Nesto è apparso su Rockit.it il 2021-06-18 16:59:00
COMMENTI