Nel 1971, poco prima degli attacchi da parte degli ex-compagni di strada, troppo “compagni” per stargli ancora a fianco, Rocchi sforna prima il 45 giri "Cerchi/Grazie", un gioiellino in stile Tyrannosaurus Rex (quando Marc Bolan era fricchettone e non aveva ancora scoperto il glam rock) e poi il suo capolavoro, un disco che lascia un segno indelebile nella storia del rock italiano: Volo magico n.1 mostra quale eventuale splendida strada avrebbe potuto prendere il rock italiano, che tra cantautori impegnati e band sempre più cerebralmente progressive viveva gli stessi fasti che lo avrebbero condotto alla morte: cioè al suo rinnegamento totale, alla sua cancellazione dalla memoria da parte della new wave degli anni '80.
La possibile via italiana alla psichedelia, che ripartirà faticosamente dieci anni dopo sull’onda del revival di Barrett trascurando quanto s’era fatto in Italia nei '70, passa di qui, dai quattro brani quattro di questo dischetto davvero magico. Volo magico n.1, la title track, è una summa della cultura psichedelica del tempo. Vive delle lunghe cavalcate Pink Floyd di Careful with that axe Eugene e dell’intero Ummagumma, incrocia i CSN&Y tra India e blues nel lungo duello chitarristico di Alberto Camerini (poi con Finardi e infine solista) e Ricky Belloni (che finirà nei New Trolls), sfiora i Beatles di Sgt. Pepper per la continua variazione timbrica. È un brano in sé semplice, ma che costringe ad ascoltarlo, impedendo di fare altro se non seguirlo. Si impone. Una qualità rarissima, oggi come allora. E poi c’è il (fortissimo) misticismo indiano del testo.
Mente, cuore, mani, occhi, braccia, bocca, gambe, nome
C’è sempre tempo per cantare, il cielo, l’acqua, un corpo, tutti
Poi puoi andare dove vuoi, poi puoi essere come vuoi,
Poi puoi stare con chi vuoi, poi puoi prendere o lasciare, poi puoi scegliere di dare.
Pane, suono, aria voci, amici, roba, far l’amore
C’è sempre tempo per cantare, te, le stelle, il fumo, tutto.
Poi puoi andare dove vuoi,
poi puoi essere come vuoi,
poi puoi stare con chi vuoi,
poi puoi prendere o lasciare,
poi puoi scegliere di dare.
om hari om…
Il pezzo successivo, La realtà non esiste, è semplicemente un gioiello, un capolavoro voce e piano dove le note sono gocce d’acqua cristallina, che aprono cerchi nell’animo, con tanto di accordone finale alla A Day in the Life, e che Rocchi riesce pure a presentare in tv. I brividi li dà anche oggi. Chissà allora.
Giusto amore prelude già al Finardi di Oggi ho imparato a volare (1976), anche se qui è tutto è molto più acido, improvvisato com’è il brano in diretta. Si registra mentre Rosa Fumetto, spogliarellista siciliana star del locale parigino di burlesque “Crazy Horse” e una dei sex symbol dell’epoca, balla, appena tornata dall’Afghanistan, probabilmente con qualche magico dono per tutti… "Tutto quello che ho da dire" è scritto di getto, in un’ora, mentre il resto della band – o meglio, della family, come diceva Rocchi – è a farsi una pizza.
È in questo miscuglio che ha abitato la possibile via italiana alla psichedelia: Rocchi dà una versione così personale delle sue influenze da riscriverle completamente, con una forza che sbreccia anche l’impenetrabile tradizionale indifferenza latina alle nuances acide. "Volo magico n. 1" schizza al 23° posto in Hit Parade e nel complesso vende più di Guccini, King Crimson, Rod Stewart.
Potrebbe imporsi come una star, Rocchi. L’Ariston fa quello che vuole lui: sempre nel 1972 gli pubblica prima lo sperimentale Vado in India che sbalordisce la jazzista d’avanguardia Carla Bley, e poi La norma del cielo.
Volo magico n.2, con le canzoni escluse dal primo capitolo, che raggiunge il 22° posto e come vendite complessive lascia dietro la PFM di Photos of Ghosts, Gentle Giant, di nuovo Guccini, i New Trolls, anche se lui non può promuovere il disco dal vivo, prima perché è in India, poi perché, quando torna, fila dritto in ospedale a curarsi un’epatite presa a Goa.
E invece. Invece. Prima la band lo abbandona. Poi lui fa uscire dischi sempre più improvvisati e sperimentali (come l’estremo ed elettronico Suoni di frontiera, 1976; ma ci sono anche i più accessibili Essenza, 1973, e Il miele dei pianeti, le isole, le api, 1974), registra con Franco Battiato, Trilok Gurtu e Demetrio Stratos.
Alla prima edizione del Premio Tenco, nel 1974, riempie il palco di candele accese, e si presenta con una chitarra, la sua compagna e il suo cagnolino che gironzola tra microfoni ed amplificatori, creando un’atmosfera surreale che colpisce enormemente il pubblico. Puntualmente, in un’anticipazione di quello che capiterà a De Gregori, Venditti e Dalla, viene contestato dagli autoriduttori autonomi. Lo ha ricordato di recente sulla sua pagina Facebook Enrico Ruggeri:
Avevo 17 anni. Teatro PierLombardo. Ho assistito al “processo a Claudio Rocchi”. I compagni duri e puri lo aggredirono perché era vestito di bianco e perché nelle sue canzoni non parlava del “proletariato in lotta”. Gli fecero vuotare le tasche. Aveva 5000 lire. Lui rimase tranquillo. Queste cose non le racconta nessuno.
Due anni dopo, nel 1976, all’Ippodromo di Ravenna, alla Festa nazionale della FGCI (i giovani del Partito Comunista), sbalordisce tutti facendo ascoltare il battito del cuore di suo figlio non ancora nato, in loop. Scelte così, si capisce, premiano l’arte ma deprimono il mercato.
Quando nel 1977 torna alla forma canzone (con A fuoco), dopo anni di viaggi su e giù per l’India, è un uomo in crisi, che non si riconosce più negli anni di piombo che sono divenuti i '70, così lontani dal suo mistico sogno d’amore universale. Nel 1979 il buon Non ce n’è per nessuno è il suo addio al rock: inaspettatamente entra negli Hare Krishna, assieme all’amico Paolo Tofani, chitarrista degli Area, che lo ha aiutato nel disco. E qui, l’incredibile. Tre dischi per la setta indiana, di cui nel 1980 il secondo, Un gusto superiore, venduto per strada e porta a porta, fattura due milioni di copie (Battiato con La voce del padrone ne venderà un milione, tanto per capirsi).
Due milioni di cui Rocchi non vede nemmeno un soldo perché cede tutto alla sua “chiesa”.
Su questo successo c’è poco da eccepire: il disco è pieno di brani davvero forti. La title track mostra l’influenza del reggae. Ma anche O sei parte del problema o sei parte della soluzione è una grande canzone, con una bella prova canora di Rocchi. Divenuto monaco, se ne va in Nepal, dove fonda la prima radio del paese, e musicalmente se ne sta in silenzio per quasi 15 anni.
Esce quindi dagli Hare Krishna nel 1993, senza rinnegare nulla del misticismo passato in cui vive tuttora immerso, e riprendendo confidenza con l’ispirazione musicale, sempre più a fuoco. Sempre positivo, ottimista, pieno di vita e di progetti artistici (splendido il minialbum del 2011 in collaborazione con gli alfieri della psichedelia anni '80 Effervescent Elephants) e multimediali: il suo sito ufficiale, bellissimo in sé e on line da circa 15 anni, era un monumento alla vita, alle opere, alla creatività di Rocchi. In quegli anni stava anche lavorando a vdb 23, un nuovo progetto con Gianni Maroccolo e Franco Battiato. Una brutta malattia, che lui ci ha raccontato con tutta la serenità del mondo sulla propria pagina Facebook nel suo ultimo post del 25 maggio 2013, ce lo ha portato via. A 62 anni. Un pezzo di me, della mia educazione spirituale, se ne va con lui. Ma io non ci credo. La realtà non esiste.
---
L'articolo La storia di Claudio Rocchi, il pazzo divo dell'underground italiano di Renzo Stefanel è apparso su Rockit.it il 2013-06-26 08:55:00
COMMENTI (11)
@reluigi E Walzer, nun me stai attento, però: rockit.it/claudio-rocchi-re…
Still waiting for part two
certo, la tua è è una bellissima testimonianza!
@lucia.guidorizzi hai ragionissima: spero sia chiaro dal pezzo che la penso come te.
La storia vera di un eroe discreto ed appartato che non strombazzava al mondo le sue verità, ma operava il cambiamento.
ben documentato, ben scritto. bravo.
@reluigi Quando avrete condiviso e fatto lievitare i like come si deve, credo, visto che è già pronta.
A quando la parte 2?
un bel ricordo di Claudio e tanti ricordi miei Grazie
@effepunto Grazie a te! Ho sempre adorato Claudio.