Quando esce un qualche nuovo artista, si tende sempre a paragonarlo a qualcosa che esiste già, per dargli una forma e catalogarlo, spesso a sproposito. Claudia Maccechini, in arte Claudym, classe 1993, di Milano è una cantante ma anche un'illustratrice di miniature legate alle icone della cultura pop, tanto minuscole quanto perfette (basta vedere il suo Instagram).
Dal 2018 a oggi ha pubblicato quattro pezzi in inglese (One, Keep Myself From You, Scream, Recovery), prima di passare definitivamente alla lingua italiana con la canzone La parte peggiore di me, uscita nel giorno di San Valentino 2020. Claudym è brava e ha ancora tutto da dimostrare, questa nuova strada in italiano può riservare un sacco di sorprese, anche senza scomodare paragoni tanto telefonati quanto riduttivi.
Carta d’identità: chi sei, da dove vieni, qual è il tuo percorso nella musica
Claudia Maccechini, in arte Claudym, classe 1993, di Milano. Ho sempre amato la musica ma mi sono concessa la possibilità di provare a seguire seriamente questa passione solo qualche anno fa, quando mi sentivo davvero pronta. Ho studiato canto e un pochino di piano per poter comporre i miei pezzi. In genere però parto sempre dalla mia voce e da una melodia che ho chiara in testa, poi successivamente penso alle note e lavoro sull'arrangiamento assieme ad altri professionisti.
Hai iniziato in inglese e sei passata all’italiano. Ti ispira la musica del nostro paese? Chi ascolti?
Mi sono sempre sentita più vicina alle sonorità inglesi. Al di là di alcuni pilastri, come Battiato e De Gregori, non ho mai ascoltato tanto la musica italiana perché la sentivo poco incline ai generi musicali che più mi piacciono; facevo fatica a trovare un mio riferimento. Negli ultimi anni mi sono dovuta ricredere: è un periodo di grande creatività e sperimentazione per la musica italiana e molti artisti di oggi stanno dando prova di una maggiore flessibilità della nostra lingua, che si presta bene alle sonorità internazionali, in modo più naturale rispetto a qualche anno fa. Per questo motivo mi piace molto Venerus, riesce a mischiare più stili in modo spontaneo e la sua musica parla anche all’estero.
Da qualche parte ti hanno già ribattezzato la Billie Eilish di casa nostra. Come te lo senti addosso questo paragone?
E’ un paragone molto grande e sicuramente mi fa piacere. Musicalmente parlando mi è sempre piaciuto il contrasto tra una vocalità apparentemente delicata e una produzione più spinta. Lei e Finneas sono riusciti ad incastrare queste due cose perfettamente dandomi un riferimento musicale concreto, che prima non riuscivo a trovare nel panorama pop e che sicuramente mi ha aiutata a sviluppare la mia musica. Così come però hanno fatto tanti altri artisti. Quindi sì, un'influenza c’è, ma credo nella forza dell’onestà e nell’unicità. Di Billie Eilish ce n'è solo una, sono sicura che col tempo riuscirò a mostrare tutte le altre contaminazioni musicali che mi hanno portata ad essere quella che sono.
Sei un’illustratrice che ama fare le miniature. Come interagisce questa arte con la musica nella tua vita?
Sono due strade che in qualche modo interagiscono tra di loro anche senza incontrarsi, non so bene come spiegarlo: in genere racconto in una ciò che non riesco a fare nell'altra, o sfogo le lunghe attese che ci sono nel percorso musicale (io faccio un po’ fatica a stare ferma) nel disegno e viceversa. Attualmente sto usando l'arte per raccontare con l'immagine ciò che lascio in sospeso nel testo, svelando così il reale significato della canzone, oppure per fini promozionali o, ancora, per il videoclip realizzando lo storyboard.
Tu fai pop, seppure molto personale. Cosa manca al pop italiano per poter competere con quello internazionale?
Il pop italiano è un genere forse ancora troppo legato agli schemi del passato, che lasciano poco spazio alla sperimentazione. Allo stesso tempo però le sonorità del pop internazionale di oggi non si prestano molto alla nostra lingua: si rischia di creare un testo poco naturale, che sembra la traduzione di quello inglese, o troppo banale, ed è quindi difficile trovare la giusta direzione. E’ ancora un mondo in fase di elaborazione, a differenza del rap e dell’indie, bisogna ancora trovare la giusta chiave.
I classici progetti per il futuro?
Penso sempre al futuro prossimo, che è più concreto, e guardo a quello lontano prefissandomi gli obiettivi più grandi possibili. Quelli di adesso sono il video, i live e i nuovi singoli. Sono in continua sfida con me stessa e passo dopo passo vorrei poter alzare sempre di più l'asticella e vedere dove posso arrivare.
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L'articolo Claudym è la Billie Eilish italiana? di Simone Stefanini è apparso su Rockit.it il 2020-02-21 16:02:00
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