Se state leggendo questo articolo, c’è una buona possibilità che siate anche voi di quelli che “Where is my mind” è (spoiler) palazzi che crollano sotto le bombe del vostro alter ego schizzato, che “The End” è una foresta in fiamme e rumore di elicotteri, che quella “Love will tear us apart” in Donnie Darko vi sembra faccia parte della sceneggiatura e che a vedere i super eroi al cinema ci andate solo se nel trailer avete sentito Nine Inch Nails o gli AC/DC.
Insomma, probabilmente siete parte di quella schiera di ascoltatori e spettatori per cui la canzone giusta al momento giusto può cambiare la faccia ad un intero film. Del resto i brani come quelli citati prima, pur nascendo e vivendo in maniera indipendente dal grande schermo, sono entrati a pieno diritto nella storia delle colonne sonore accanto a temi come quello di Star Wars o Indiana Jones, e la storia della musica è costellata di artisti che grazie al cinema hanno raggiunto una certa popolarità. Pixies, Dropkick Murphys, addirittura Nine Inch Nails in un film Disney: nel cinema a stelle strisce fioccano ormai da tempo anche gruppi rock, indie e di fasce alternative varie.
E in Italia? Nel paese dei maestri delle colonne sonore, sono molti i registi che si sono affidati ad artisti dalle più disparate provenienze, utilizzando pezzi del loro repertorio oppure commissionando brani inediti o musiche originali. Anche qui, dai musicarelli in poi gli esempi sono infiniti, ma la lista si restringe se consideriamo quella che in mancanza di una definizione migliore chiameremo musica alternativa. Una lista che se esistesse davvero non ci sarebbe bisogno di consultare per immaginare che il periodo di massimo idillio fra cinema e musica alternativa italiana è quello che va dalla prima metà dei ‘90 all’inizio degli anni ‘00. Sono in effetti gli anni in cui la scena musicale alternativa è all’apice creativo e al suo livello di espansione massima, e riceve anche un’attenzione mediatica non indifferente.
Anche per il cinema si crea un circolo virtuoso: da un lato la cinematografia di quegli anni, soprattutto quella indipendente, completa il proprio ritratto di certi spicchi di realtà italiana con le sonorità che possono rappresentarli meglio; dall’altro lato un intero subcontinente della musica italiana ottiene una sorta di consacrazione ulteriore a quella dei palchi e dei negozi di dischi, quella del grande schermo, che ne aumenta l’esposizione mediatica e la rilevanza agli occhi di una parte di pubblico.
Per dirne una, l’impatto sulla cultura italiana della triade CCCP/CSI/PGR si può misurare anche dalla loro presenza nelle pellicole di quegli anni - non solo delle loro canzoni, ma anche dei loro volti. Ed è piuttosto nota anche l’importanza che il momento cinematografico assumeva nell’economia artistica di molti musicisti: esordi, lanci di singoli, collaborazioni inedite, il tutto spesso affidato ad un’uscita per il grande schermo. Avremmo difficoltà ad immaginarcelo oggi, anche perché entro la metà degli anni zero la bolla si era già sgonfiata: la scena alternativa italiana si è avvitata su sé stessa, sui suoi nomi migliori, e al netto di un certo numero di rilevanti eccezioni inizia un periodo più pigro per la musica ma probabilmente anche per il cinema, sicuramente per quei punti di contatto fra i due mondi.
Da qualche anno a questa parte, però, per il cinema italiano si sta forse aprendo un periodo di nuova giovinezza, o almeno di buona salute. I grandi registi e il loro tratto inconfondibile, il cinema di genere riqualificato e lanciato verso nuovi territori, gli esordi promettenti e i successi ai concorsi internazionali: nelle ultime stagioni cinematografiche sono fioccati prodotti di qualità, di quelli che addirittura a volte riescono a mettere d’accordo gli inconciliabili pubblico e critica, e spesso il rapporto con l’elemento musicale ha giocato un ruolo particolare.
(Alessandro Borghi in Suburra. Foto di Emanuela Scarpa)
La Roma corrotta di Sollima affogata nei synth degli M83 in “Suburra” (discorso analogo con i Mokadelic in “Gomorra-La serie” sul piccolo schermo), Mark Kozelek (Sun Kil Moon) e Ratatat al fianco di David Lang e Igor Stravinsky in “Youth” di Sorrentino (che comunque la bandiera della cura dell’aspetto musicale la porta alta da sempre), il personalissimo utilizzo del pop italiano anni ‘80 in “Lo chiamavano Jeeg Robot”. E in più iniziano ad arrivare al cinema anche alcuni nomi appartenenti a generazioni musicali recenti o recentissime; certo, c’è da vedere quanto si tratti più che altro di avere “il tormentone” nel trailer e quanto invece si tratta di una qualche affinità nel modo di osservare e raccontare. Nel film dei The Pills, per esempio, si verificano entrambe le situazioni, la prima con “Gaetano” di Calcutta e la seconda con “Questo nostro grande amore” de I Cani. Sarebbe interessante (e anche necessario) vedere questo sentiero battuto anche da altri registi e musicisti, avere finalmente una cinematografia che racconti di noi, di qui e di oggi (in senso lato) anche utilizzando la musica che qui e oggi nasce o sta nascendo.
Seppure in posizione diversa, in questo quadro si inserisce anche il successo di quello che alcuni chiamano “new italian sound”, l'immaginario musicale che deriva dalla tradizione dei grandi autori di colonne sonore italiani e che pertanto trova il suo complemento naturale proprio nella settima arte. Nella lista qui sotto troverete i Calibro 35, ma avrei potuto citare anche i Sacri Cuori, che hanno curato le musiche di “Zoran, il mio nipote scemo” di Matteo Oleotto, i Ronin e la soundtrack del film documentario “Vogliamo anche le rose”, oppure la colonna sonora di “Amore Tossico” rifatta dai La Batteria, a breve in uscita assieme alla versione originale delle musiche composte da Detto Mariano per il film di Caligari. Anche qua, c’è solo da sperare che la tendenza attecchisca.
“Paz!” (Renato De Maria, 2002) con Skiantos, Gaznevada, Area, PGR, Üstmamò, Riccardo Sinigallia, Tiromancino
“Paz!” è diventato per molti un film di culto, e per quelli di una certa generazione (tipo la mia) anche la porta di ingresso al mondo della controcultura italiana. Non solo perché è ispirato ad Andrea Pazienza e al suo universo di storie (attraverso i personaggi di Penthotal, Fiabeschi e Zanardi e l'ecosistema in cui nascono, ovvero la Bologna delle occupazioni e del movimento studentesco del 1977) ma anche perché vanta una colonna sonora che sottolinea l’importanza di un certo tipo di suono in quegli anni e luoghi di fermento culturale. E lo sottolinea inserendo nella colonna sonora gruppi che di quella storia erano già stati colonna sonora in tempo reale, come Gaznevada, Area e Skiantos, ma anche affiancando loro una serie di gruppi che sarebbero nati negli anni successivi come discendenti diretti di quel brodo incandescente di idee, spesso nella stessa area della capitale emiliana; parliamo di Üstmamò con Ferretti, Polina, Shandon, P.G.R., ma anche Sinigallia e Tiromancino, con almeno qualche chicca di valore: i Tiromancino che rifanno “Com’è profondo il mare” con un’icona di Bologna, Lucio Dalla in persona, Riccardo Sinigallia al suo esordio in proprio con due brani del suo primo disco in anteprima, Ferretti e compagni fotografati con “Settanta” al momento della trasformazione in P.G.R., che sarebbe stata sancita proprio in quei mesi con l’uscita del disco omonimo. Ferretti è in effetti una delle figure chiave del film: due volte nella soundtrack, attore in un memorabile cameo al DAMS occupato, e voce dalla radio nel bagno di Zanardi che spara “Io sto bene” 8 anni prima di “Affinità-divergenze..”. In barba, un po’ come tutto il film, a ogni consecutio temporale.
“Sud” (Gabriele Salvatores, 1993) con 99 Posse, Bisca, Assalti Frontali
In “Sud" Salvatores fotografa un disagio sociale e politico che è trasversale, ma da un punto di vista ben caratterizzato nella sua dimensione geografica; lo fa scegliendo di dare alla sua fotografia quel suono figlio dell’incrocio fra neapolitan power, rap e raggamuffin che, da luoghi come l’Officina 99 a Napoli, nell’epoca d’oro della posse gridava proprio quel disagio in quei territori. Così, nella soundtrack vincitrice del Nastro d’Argento 1994 per la miglior colonna sonora, troviamo cose come la title-track degli Assalti Frontali e “Sotto attacco dell’idiozia” di Bisca e 99 Posse, che sono presenti anche con “Curre curre guagliò”. Se il brano è diventato quasi un inno anche al di fuori dei confini partenopei e del movimento antagonista, forse parte del merito va al suo inserimento nella colonna sonora di “Sud”, che lo fece arrivare anche ad ascoltatori distanti dalle esperienze di lotta ed occupazione di cui parla. Fino a finire, vent’anni dopo, nei libri di scuola.
“Jack Frusciante è uscito dal gruppo” (Enza Negroni, 1996) con Umberto Palazzo e il Santo Niente, Marlene Kuntz, C.S.I.
Gli indizi per la colonna sonora di un eventuale adattamento cinematografico di “Jack Frusciante è uscito dal gruppo” sono abbondantemente contenuti già fra le pagine del romanzo di Enrico Brizzi, uscito nel 1994 e presto assurto al rango di imperdibile cult formativo per gli adolescenti italiani, un po’ giovane Holden ma con più chitarre. Parliamo dei Red Hot Chili Peppers, citati già in copertina, di Faith no More, Pogues, Cure, Sex Pistols, Clash, Led Zeppelin, Smiths, Police, Pixies ma anche Vasco, Battisti e i Diaframma con “Libra”, tutti pezzi fondamentali della storia di Alex. Ma nell’adattamento portato al cinema da Enza Negroni nel 1996, il discorso musicale viene ampliato ed aggiornato da Umberto Palazzo, che ne cura la colonna sonora. Quindi, oltre a quello che già suggeriva il libro e a qualche classico senza tempo degli adolescenti di ogni dove (vedi alla voce Joy Division), ci sono una serie di indovinate aggiunte italiane: Umberto Palazzo e il Santo Niente, ma anche Marlene Kuntz e C.S.I. Senza entrare nel merito della riuscita dell'adattamento cinematografico, della quale si è discusso molto in contesti più adatti di questo, c’è da dire che “Jack Frusciante è uscito dal gruppo” ha almeno il merito di rappresentare, con la sua colonna sonora, un ritratto efficace dell’educazione sonica di un ragazzo della cosiddetta Generazione X.
“Tutti giù per terra” (Davide Ferrario, 1997) con C.S.I., Marlene Kuntz, Africa Unite, Umberto Palazzo e il Santo Niente, Discipliantha, Üstmamò
Se dovessimo scegliere un film che rappresenti il suono della musica alternativa italiana sul finire del secolo, “Tutti giù per terra” di Davide Ferrario sarebbe un ottimo candidato. Questo perché il film con Valerio Mastandrea, tratto dall’omonimo romanzo di Giuseppe Culicchia, è accompagnato non solo da brani di Marlene Kuntz, Africa Unite, Umberto Palazzo e il Santo Niente, Üstmamò , CCCP e Disciplinatha, ma anche da musiche originali dei C.S.I., fra cui spicca la bellissima canzone che prende il titolo dal film. Il Consorzio Suonatori Indipendenti e gli Üstmamò sono anche protagonisti di un cameo all’interno del film, nel ruolo della commissione d’esame che non vorresti ritrovarti dall’altro lato della cattedra.
“Santa Maradona” (Marco Ponti, 2002) con Motel Connection, Subsonica
Magari viene spontaneo collegarlo al mitico pezzo dei Mano Negra che gli dà il titolo e che accompagna le peripezie sul campo del Pibe de oro. Però in realtà la colonna sonora della storia di Andrea e Bart, diventati per molti il simbolo di una generazione precaria e insicura sul suo ruolo nella società, è 100% made in Torino come tutto il film di Marco Ponti con Stefano Accorsi, Libero De Rienzo, Anita Caprioli e Mandala Tayde. Gli autori, infatti, sono Samuel dei Subsonica, Pierfunk (anche lui ex subsonico) e Dj Pisti, che proprio con la colonna sonora di sm esordiscono come Motel Connection. Samuel lo ritroviamo poi nei titoli di coda con i Subsonica, che approfittarono del film per rilasciare il primo singolo di “Amorematico”, che sarebbe uscito l’anno dopo. La canzone era “Nuvole Rapide", destinata ad essere uno dei brani di maggior successo del gruppo.
Vallanzasca - Gli angeli del Male/SAID/Sogni di gloria con Calibro 35
Il passaggio dalle colonne sonore anni ’60 e ’70 alla musica inedita e ispirata in maniera credibile a quel mondo non è facile, ma una volta fatto quello, il salto alle colonne sonore originali per il cinema è quasi obbligato, soprattutto se il tuo gruppo si chiama Calibro 35 e ha riportato in auge un modo perlopiù dimenticato di fare musica strumentale. La formazione milanese ha avuto a che fare con diversi lungometraggi: la soundtrack di “SAID” (Joseph Levefre, 2013) e quella, spettacolare, di “Sogni di gloria” (John Snellinberg, 2014) portano la loro firma, così come alcuni brani del loro repertorio inseriti in piccole produzioni indipendenti (“La banda del brasiliano”, John Snellinberg, 2010) ma anche in produzioni di grossa taglia: “Appuntamento al Contessa” fu inserita, insieme a un cameo della band, in “Vallanzasca-Gli angeli del male” di Michele Placido (2010), la cui colonna sonora era per il resto curata dai Negramaro; nello stesso anno, invece, “Convergere su Giambellino” finisce addirittura nei titoli di coda di “RED”, cinecomic hollywoodiano con Bruce Willis e John Malkovich.
“Boris-Il film” (Giacomo Ciarrapico, 2011) con Elio e le Storie Tese
Metareferenziale, caustica, surreale, esilarante: ad una bestia rara come “Boris”, la bella fiction tv che dal 2007 al 2009 ha impietosamente svelato i retroscena del mondo delle fiction tv brutte, spettava per forza l’apporto musicale di un unicum della musica italiana come Elio e le Storie Tese, da sempre a cavallo fra satira, demenzialità e quelle competenze musicali che sembra quasi diventato obbligatorio citare quando si parla di loro. Dopo aver composto per le tre stagioni della serie la sigla “Gli occhi del cuore”, una perla di pop surreale in salsa fiction di Rai Uno, gli Elii hanno contribuito anche alla colonna sonora di “Boris-il film” (2011), con un pezzo che deride il mondo di cinema e tv riassumendo un po’ anche il senso della pellicola, “Pensiero stupesce”.
“La felicità è un sistema complesso” (Gianni Zanasi, 2015) con I Cani
Il ritorno alla musica di Niccolò Contessa dopo “Glamour” del 2013 e prima del recente “Aurora” lo abbiamo visto proprio al cinema, nella colonna sonora del film di Gianni Zanasi con Valerio Mastandrea. Il musicista romano ha contribuito alla soundtrack con “Asperger” e “Come Vera Nabokov”, e anche che con un pezzo inedito, “Torta di noi”, che non è stato incluso in “Aurora”. La versione ufficiale quindi è proprio questa qui con l’attacco della strofa di Mastandrea, nello stile che in queste settimane stiamo riconducendo alle canzoni di “Lo chiamavano Jeeg Robot”.
“Sempre meglio che lavorare” (Luca Vecchi, 2016) con I Cani, Calcutta, Thegiornalisti
C.S.I., Marlene Kuntz, Ustmamò, i primi Subsonica… insomma, pare che gli ‘80 e ‘90 siano abbastanza coperti, ma quali sono i film che raccontano la gioventù italiana negli anni zero e lo fanno con la musica, con il suono e le parole di questi anni? Non so se “Sempre meglio che lavorare” possa essere uno di questi film, un manifesto generazionale insomma, ma di sicuro c’è che i romani The Pills, almeno su YouTube se non al cinema, hanno raccontato in maniera credibile, non edulcorata e (auto)ironica una certa fetta dei 20-30enni di oggi. Non c’è da stupirsi, quindi, se proprio per accompagnare le gesta dei tre davanti al fatidico incontro con la fine della post-adolescenza è arrivata sul grande schermo la musica che questa generazione sta provando a raccontarla, o comunque ne è per immaginario ed estetica espressione diretta. Quindi Thegiornalisti con “Promiscuità” e l’inedito “Disperato”, Calcutta con il tormentone “Gaetano” e infine I Cani. In effetti la Roma dei Pills di punti in comune con quella hipsterica di “Lo straordinario album d’esordio de I Cani" ne avrebbe, anche se qui Contessa è presente con “Questo nostro grande amore” da “Aurora”, che comunque è per certi versi calzante: “Dovremmo monetizzare/questo nostro grande amore/con dei video virali/o dei post svergognati/da 7000 mi piace”
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L'articolo Dai CSI a I Cani: la parabola della musica italiana sul grande schermo di Sergio Sciambra è apparso su Rockit.it il 2016-04-20 12:43:00
COMMENTI (3)
Ci sarebbe da citare Guardami di Davide Ferrario (1999) con musiche di Giorgio Canali ed una comparsata del musicista che interpreta se stesso durante un concerto.
Crediamo che anche "Cosmonauta" di Susanna Nicchiarelli, vincitore del premio Contro Campo Italiano al Festival del Cinema di Venezia meriti di essere citato: la colonna sonora è supervisionata da Max Casacci e composta da brani eseguiti da Subsonica, Perturbazione, Gatto Ciliegia VS Il Grande Freddo e Sikitikis.
Potete ascoltare in streaming i dischi del Santo Niente da questo sito che raccoglie tutte le pubblicazioni su BC: santoniente.it/