Dai bassifondi al regno dei cieli: sono tornati i Baustelle

Abbiamo ascoltato in anteprima il nono disco della band assieme a Francesco Bianconi e Rachele Bastreghi e ci siamo fatti raccontare da dove arrivi il "nuovo" suono e l'amore per le storie di diseredati e sconfitti, lungo la Route 66 o davanti a un Carrefour di Milano Sud

Foto di Alessandro Treves
Foto di Alessandro Treves

Marzo sta finendo, il caldo inizia a sbucare dall'asfalto di Milano, e al primo piano di un palazzo del quartiere Isola, Francesco Bianconi apre le porte del suo studio di registrazione. Ci accoglie con la sola Rachele Bastreghi, perchè Claudio Brasini non può essere presente per altri impegni (e perché è l'unico dei tre Baustelle a non vivere a Milano), per un ascolto più o meno collettivo del nuovo disco della band, Elvis, in uscita il 14 aprile e anticipato da tre singoli, tra cui il grandioso Contro il mondo.

Siamo seduti su un divanetto, circondati da chitarre, un pianoforte a muro e centinaia di dischi e riviste, mentre le tracce dell'ultima fatica dei Baustelle ci colpiscono una ad una, uscendo da un impianto di casse consono alla cura che la band di Montepulciano ha dedicato al sound di Elvis. Si sentono subito chitarre elettriche più libere dai barocchismi anni '80 che avevano caratterizzato entrambi i volumi de L'amore e la violenza. Ci sono gli ascolti di Lou Reed, dei T-Rex, del Bowie del periodo di Ziggy Stardust, e tutto questo è chiaramente filtrato dal filtro "baustelliano", che tocca la visione del mondo e della musica, che eleva tutto ad un sentimento umano e romantico che non ha eguali in Italia ormai.

Sta proprio in quel filtro la sfida attraverso cui chi scrive riesce a rimanere sempre fedele a se stesso, o come arriva a dire Francesco Bianconi, a scrivere sempre la stessa canzone. "Mi interessa indagare il senso dell'uomo su questa terra, declinato attraverso il racconto di una storia d'amore, filtrato dal mio sguardo fuori dalla finestra, ma mi rendo conto anche io di scrivere sempre la stessa canzone". C'è un senso di pace in questo, una consapevolezza che non è necessario cambiare punto di vista in modo radicale, non si deve stupire nessuno, ma accompagnare il cambiamento, nella vita come nelle canzoni.

La cover di Elvis
La cover di Elvis

Un elemento chiave di Elvis è la presenza massiccia, più che in passato, di personaggi protagonisti. Non si tratta propriamente di un concept, anche se inizialmente doveva esserlo, ma di un qualcosa di simile. Si cantano le vicende di più di un re del rock'n'roll, ma ognuno di essi si mostra nella sua versione sudata e imbottita di pasticche, quella dal cuore fragile di metà anni '70. Il disco in effetti è nato con questo intento, raccontare mettendo in scena correlativi oggettivi, ci sono davvero dei personaggi.

C'è Jackie, la drag queen dell'omonimo brano, c'è l'uomo che si innamora della spogliarellista di Gran Brianza lapdance asso di cuori stripping club, "però, come diceva Madame Bovary, c'est moi, siamo tutti, nonostante manchi un io narrativo enunciato". Per Francesco è stato un modo per marcare una differenza forte con Forever, suo disco solista del 2021. "A volte è bello tornare a mascherarsi, e non per questo queste canzoni non sono sincere, anzi, sono tra le più sincere mai scritte dai Baustelle."

E parlando di sincerità viene spontaneo citare Cuore, la chiusura del disco, un brano che prima di subire almeno due metamorfosi nasceva come un tentativo, faticoso e forse anche doloroso, di Francesco Bianconi di riunirsi al proprio sé bambino, dopo una sorta di riappacificazione con esso. Tutto cambia però un giorno. "Sono passato da Via Vitruvio, c'era la polizia e un lenzuolo sopra un corpo, e inizialmente la mia immaginazione cinematografica ha pensato che ci fosse stata una sparatoria. Invece poi ho letto che qualcuno si era buttato dal Demidoff Hotel".

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In quel momento anche questo ultimo testo è stato allontanato dall'io di Francesco, divenendo la storia di una donna che si butta dalla finestra per chissà quali motivi, e la rappacificazione con la sé bambina avviene pochi secondi prima dello schianto al suolo. Succede come un fulmen in clausula, l'informazione che la donna è a pochi secondi dalla morte arriva come una scoperta finale, come in Mercy Seat di Nick Cave. Un piccolo film dal twist finale, cantato con grande grazia da Rachele Bastreghi.

Sul fronte prettamente sonoro colpiscono gli echi di blues che attraversano la seconda parte di Elvis, come se i Baustelle avessero tentato la via dell'elevazione corale, quasi spirituale, della propria musica, per spogliarsi non solo metaforicamente di qualcosa che era già stato spremuto fino all'impossibile. Ricalcando da lontano le orme degli Stones di Exile on Main Street, c'è stato il tentativo di unire "il peggiore dei bassifondi, o dello stradaiolo sudicio, con una sorta di aspirazione al sacro, forse perchè si è così in basso che si deve guardare in alto". 

Baustelle - Foto di Alessandro Treves
Baustelle - Foto di Alessandro Treves

Questo raschiare il fondo per guardare in alto è evidente nel finale pregato in gospel de Il regno dei cieli, brano ispirato al poema L'Angel di Franco Loi, poeta milanese di adozione, che cantò l'eccidio di Piazzale Loreto del '44 e la Milano del dopoguerra. "Ho conosciuto Franco insieme a Bobo Rondelli, e abbastanza casualmente, rileggendo alcuni passi di quel poema, ho trovato un punto in cui si parla del paradiso come di un'ombra, un'eco dei ricordi, una forma di illusione che ci fa star bene finché stiamo ancora sulla terra". Così come Loi anche i Baustelle hanno sempre regalato atti poetici di Milano, filtrati attraverso una sorta di "sguardo dello straniero", e rendendo questa città nebbiosa un posto mitico, o un solitario punto dentro la "geografia del dolore", come cantano Francesco e Rachele in Milano è la metafora dell'amore.

Alla fine dei conti Elvis è un esperimento con cui i Baustelle hanno provato a coniugare il glam rock inglese e le sbavature gioiose del blues americano, senza mai calzare realmente questi costumi. Tutto è trasfigurato sotto forma di eco, nella voce di Rachele, molto più radiosa del solito, dalle frequenze molto alte, e nei toni da narratore di Francesco, narratore di una manciata di Elvis di provincia, sfigati e unti, ma pur sempre umani fino al fondo dell'anima.

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L'articolo Dai bassifondi al regno dei cieli: sono tornati i Baustelle di Gabriele Vollaro è apparso su Rockit.it il 2023-04-12 14:09:00

COMMENTI (1)

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  • dv 20 mesi fa Rispondi

    Mi sa che Madame Bovary diceva Proust c'est moi
    Sempre quel fastidioso senso di posa, finti sfigati sicuramente unti magari uno shampoo aiuterebbe