La scena è stata ripresa già migliaia di volte, sui social e in tv. Protagonisti del video sono due ministri del governo spagnolo, il ministro della Cultura Miquel Iceta e Isabel Rodríguez, ministra delle Politiche territoriali. È la serata di ieri e i due, e altri accanto a loro, ballano nel quartier generale del loro partito, il PSOE, sulle note di Pedro, uno dei brani più famosi di Raffaella Carrà. I passi di lui, per altro, sono notevoli.
Che c'è da festeggiare? Non aver preso gli schiaffi che quasi tutti i commentatori avevano previsto da parte dei rivali del Partito Popolare, alle elezioni politiche che si sono tenute nel fine settimane. Che il Paese non abbia consegnato il parlamento a PP e Vox, ossia alla maggioranza più di destra che si sia vista da decenni a questa parte (in un Paese in cui la destra più oscena ha governato parecchio a lungo). Che il PSOE possa a sua volta non aver la maggioranza per governare e la Spagna rischi la paralisi, sono problemi a cui si penserà più avanti. Per intanto, pericolo scampato. E quindi Fiesta.
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— EL PAÍS (@el_pais) July 23, 2023
La canzone non è scelta a caso. Il titolo, Pedro, richiama direttamente a quello del candidato socialista e presidente uscente, autore di quella che tutti definiscono come un'incredibile remontada, viste le premesse di disfatta: Pedro Sánchez, per altro grande fan della Carrà, che al momento della morte, l'aveva ricordata con un tweet. "Raffaella Carrà è stata una donna che ha ispirato diverse generazioni di felicità, coraggio e impegno. La sua musica rendeva felici i nostri cuori, il suo spirito libero riempiva le nostre anime".
Pedro esce per la prima volta nel 1980, suo diciannovesimo singolo e prima traccia del Lato A di Mi spendo tutto, che contiene tracce utilizzate per il film Barbara girato in Argentina da Gino Landi e distribuito sul mercato sudamericano. Per lei era un periodo scintillante, dopo il decennio di trionfi in tv e sul mercato discografico che sono stati gli anni '70. Le difficoltà (che non mancheranno) sono ancora di là a venire, per altro saranno proprio loro a portarla in Spagna, per ritrovare fortune e smalto almeno in parte smarriti in patria.
Pedro è la versione ritmata della Siciliana, composizione presente in una celebre sonata per flauto di Johan Sebastian Bach. La storia racconta l'avventura di una turista in vacanza a Santa Fé, in Argentina, dove conosce un "ragazzino" di nome Pedro, che all'inizio pare molto timido e invece è molto sgamato. Si offre come guida turistica e successivamente diventa il suo amante, tanto che lei "non vede nulla di Santa Fè".
A seconda del nostro punto di vista e livello di bigottismo, possiamo vedere il pezzo – di cui, chiaramente, c'è anche una versione spagnola con testo di Luis Gómez Escolar – come una specie di apologia del turismo sessuale o come un inno alla liberazione femminile. Di certo è un pezzo pop estremamente catchy, che ha resistito al passare dei decenni, fino a vincere un nuovo disco d'oro nel 2022, a 42 anni dalla pubblicazione, grazie a TikTok che lo ha rivitalizzato e riviralizzato. E così può ancora capitare di sentire Pedro a qualche festa oppure in spiaggia. O a un evento del partito socialista spagnolo.
"Pedro, come tutte le canzoni di Raffaella Carrà, non ha di per sé un'anima strettamente politica, un intento politico", spiega Paolo Armelli, autore di L'arte di essere Raffaella Carrà, libro di Blackie Edizioni che analizza la vita e le opere della star con il caschetto per raccontarne l'eredità sulle persone e la società. "Quel pezzo è intrattenimento. Diventa politico, come abbiamo visto nel fine settimana, quando qualcuno coglie l'occasione di usarlo come tale".
Per Armelli, però, non è solo una questione di assonanza tra il nome di Sanchez e quello del protagonista del brano. "Raffaella Carrà, soprattutto in Spagna e nei Paesi dell'America Latina, ha sempre rappresentato molto più che lo spettacolo. Quando Carrà è diventata famosa per la prima volta in Spagna, negli anni '70, il regime di Franco era caduto da poco, il Paese provava a rialzarsi e mettere da parte quella cappa di oppressione che il regime franchista aveva rappresentato. E trovava in Raffaella Carrà tutta la gioia di vivere, la liberazione dei costumi, il brio, il colore di cui aveva bisogno. Che per tantissimi anni erano stati negati agli uomini e alle donne di quella terra, e che ora venivano fuori in maniera quasi incontrollata".
Da allora, e anche dopo la sua morte, Raffaella per gli spagnoli è stato questo e molto altro. Paradossalmente dei "ruoli" che da noi nessuno si è mai sognato di attribuirle, vedendola al contrario spesso, al di là della vicinanza con la causa della comunità LGBTQ, come un simbolo di disimpegno, fino alle polemiche per i suoi compensi milionari in tv o perché mandata in onda troppo a ridosso del rapimento Moro. "In Spagna no", prosegue Armelli. "Lei è considerata una figura rappresentativa di quel movimento che è passato alla storia come Destape, che portava avanti una rivoluzione (anche violenta in alcuni casi) nel modo di intendere i ruoli nella società. Non solo era una di famiglia per gli spagnoli, una showgirl e presentatrice che si vedeva in televisione un giorno sì e uno no, ma era una donna che portava con sé quello spirito liberatorio di cui c'era un'esigenza fortissima".
Se in Spagna è amatissima in modo forse più viscerale di quanto non avvenga da noi, e celebrata più apertamente, probabilmente gli aspetti sociali e politici hanno un peso. "Bisogna ricordare che in Spagna Raffaella Carrà ha più volte rilasciato interviste in cui diceva di aver sempre votato comunista, mentre in Italia si era sempre tenuto un po' più super partes. In Spagna esprimeva queste sue posizioni politiche più chiaramente, quindi attribuirla a una certa area viene più facile. Non mi stupisce perciò, ne turba in alcun modo, che possa stare nel pantheon socialista".
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L'articolo Come "Pedro" di Raffaella Carrà è diventato un inno politico di Dario Falcini è apparso su Rockit.it il 2023-07-24 16:34:00
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