Un pubblico difficile e meraviglioso: come si prepara uno spettacolo musicale per bambini

Domenica 28/1 a Milano Enrico Gabrielli porterà in scena – con un sacco di grandi musicisti – il live di "Canzonine", il bellissimo disco che ha dedicato ai più piccoli. Gli abbiamo chiesto come si lavora a uno show così "diverso", e come reagiscono bimbi e genitori in sala

Enrico Gabrielli
Enrico Gabrielli

È stato uno dei dischi più inaspettati e sorprendenti del 2023, e anche dal vivo promette di portare tutti in una dimensione in cui non si era mai stati. O meglio, in cui non si ricorda di essere già stati. È Le Canzonine, il "disco per bambini" – pubblicato da 42 Records – di Enrico Gabrielli, polistrumentista (e questa volta non lo si dice solo perché fa figo)che  negli anni ha fondato gruppi come Mariposa, Calibro 35, The Winstons, un'etichetta benemerita come 19’40’, oltre che suonato con Afterhours, Mike Patton e PJ Harvey e arrangiato canzoni di Iggy Pop.

Il disco riprende una tradizione immensa, che vede coinvolti nomi come Sergio Endrigo, Gianni Rodari, Virgilio Savona, Vinicius De Moraes e Anne Sylvestre. Dentro, oltre al lavoro di Gabrielli, ci sono dei "papà noti" del mondo della musica come Alessandro Fiori, Andrea Laszlo De Simone, Brunori Sas, I Cani, Cosmo, Dimartino, Francesco Bianconi, Giacomo Laser, Giovanni Truppi e Roberto Dell'Era. 

“Ho deciso di scrivere questo album perché più sono piccole le canzoni e più è ambizioso il progetto”, spiega Gabrielli. “Mi sono però reso conto che i brani per bambini sono un terreno in cui riesco a muovermi abbastanza bene, perché esula dal classico meccanismo della canzone da adulti che deve dire delle cose in un certo modo. C’è molta più libertà. Puoi dedicarti molto di più alla musica: fattori che avvantaggiano nettamente la mia formazione”.

Domenica 28 gennaio il suo spettacolo sarà a Milano, al Teatro Oscar di via Lattanzio per un doppio spettacolo (gratis per bimbi sotto i 5 anni), uno alle 16 alle 18. I biglietti sono su DICE, l'organizzazione è a cura de I Distratti. Per noi l'occasione – dopo averci chiacchierato in occasione dell'uscita del disco e aver già parlato di musica per i più piccoli quaqua – di raccontare come ha lavorato a uno show di questo tipo un artista che ha fatto show di ogni tipo. Sì, insomma, come si conquista l'attenzione di un bambino? 

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Come funziona lo show dal vivo di Canzonine

Questo live è il primo della mia vita in cui io canto come fanno i cantanti veri. Canto tutte (o quasi) Le Canzonine e in più alcune canzoni della tradizione dell’infanzia che vanno dritte al cuore dei genitori. Quelle scritte dai grandi, come Anne Sylvestre, Virgilio Savona, Bruno Lauzi, Sergio Endrigo, Vinicius De Moraes e Gianni Rodari. Con me c’è una band eccezionale, decisamente sovradimensionata rispetto alla semplicità delle canzoni. Ma sai com’è, lavoro facile = impegno difficile. Siamo io in centro con una tastiera, gingilli e suonini; alla mia destra ci sono Alessandro Grazian con la chitarra e il banjo e Davide “Dave” Radice alla batteria, poi alla mia sinistra invece ci sono Alessandro Trabace al violino e Roberto Dell’Era al basso. Alle mie spalle un castello di cartone del Carrefour (colorabile, da 10 euro) da cui spunta fuori di tanto in tanto la piccola Nina Dell’Era che performa. A tutti gli effetti lei è la nostra Annarella versione under 11. Unica regola del vestiario: non ci deve essere nessun elemento di colore nero. Il nero lo lasciamo agli adulti.

Quanto spazio lasci all'improvvisazione?

Le canzoni sono la parte strutturata del set. Ma quello che c’è in mezzo sono una sequenza iprecisata di presentazioni improvvisate, un po’ da mattatore per l’infanzia. Tenere incollato un pubblico di bambini ad un concerto “vero” è quasi più difficile che per un tenore non farsi fischiare da un pubblico di melomani sul Loggione della Scala durante la prima. Quindi uso tutti i sistemi consentiti possibili: pernacchie, versacci, filastrocche e tanto tanto caos (dis)organizzato. I bambini spesso li faccio salire sul palco e li tiro in mezzo più o meno in modo casuale. In particolare su un brano – Pellicano dove vai? – noi della band non smettiamo di suonare finché il piccolo pubblico che ho fatto accalcare on stage non riesce a trovare il modo di interromperci. Senza picchiarci, ovviamente. Sennò così è facile.

Ci sono state differenze nell'idearlo e prepararlo, rispetto agli infiniti altri show che hai fatto nella tua vita?

Questo concerto è lontano da qualsiasi altra cosa che io abbia mai fatto nella vita di musicista live. Di mio odio le produzioni lunghe, le prove infinite e la sistemazioni dei dettagli capillari. Abbiamo provato, da che ricordi, la mattina stessa del primo concerto (in quel caso alla batteria c’era il mio fratellone Fabio Rondanini) a Sant’Agata Bolognese e poi lo abbiamo performato davanti a un primo pubblico estivo. Fu divertente ma capii anche dove stavano le magagne: i bambini non ascoltano con la testa e basta, ascoltano con “tutto” il corpo e non puoi pensare a un concerto da ascoltare, buoni, zitti e silenziosi. Per quel che mi riguarda è bello vederli anche far casino, prima, dopo e durante i brani, dialogare con me dalla sala, addormentarsi quando sono stanchi e strillare quando sono sovraeccitati. Dopo gli altri live credo di aver sistemato un po’ di cose (a partire dall’aver imparato le canzoni di cui non ricordavo manco un mezzo accordo). E dopo il live alle OGR di Torino del dicembre scorso posso dire che porteremo a Milano lo show in un ottimo stato di prestazione.

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Come arrivano e come se ne vanno i bimbi dal live?

Dipende da un fattore: la stanchezza. Se son tantissimi e fracassati di stanchezza fanno un inferno di casino (vedi Angelo Mai). Se invece sono riposati e “posati” (vedi OGR a Torino), queste canzoni hanno per fortuna la buona capacità di tirare fuori l’adulto che c’è nel bimbo. Che è ciò che dovrebbero fare le canzoni dell’infanzia per statuto. Ma in ogni caso i bambini ne escono felici perché capiscono sin da subito che questo live è per loro e per nessun altro.

Come si approcciano invece gli adulti a questo concerto?

Ci sono due approcci: con bambino a seguito o senza bambino a seguito. Nel primo caso vedi l’adulto con gli occhi fissi sul suo bambino, divertendosi del fatto che lui si diverta, partecipando con lui di un’esperienza che molto probabilmente corrisponde al primo “live” con una band on stage della sua vita. Nel secondo caso è uno show COMPLETAMENTE psichedelico, ad altissimo tasso glicemico e talmente pazzo e fulminato che potrebbe portarti a credere che l’infanzia tutto sommato non è stato poi un momento così freudianamente complesso. E che forse sei ancora più figlio tu di tutti quelli presenti in sala. Cantante compreso.

Ma che succede esattamente in sala?

Quando sono alle prese con questo concerto sono concentrato sulle canzoni e sullo spettacolo e perdo, per fortuna, di vista i dettagli di quello che capita in sala. Ma mi è parso a più riprese di sentire bambini cantare le canzoni e li ho visti raggrupparsi in microsocietà indipendenti da quella dei genitori, microsocietà che tendono ad avvicinarsi spesso a lambire le assi del palco. Forse un po’ per vedere bene gli strumenti o il castello del Carrefour oppure per poter dialogare meglio con me, con Nina o con qualcuno della band. Capitano che si formino grappoli di bimbi che si sganciano dal loro posto e vengono verso la luce del palco. A tratti capita un po’ il buffo effetto “bambini venite a me” (io ho già la faccia da Cristo dolorante del Durer) e la cosa, vista da fuori, fa ridere. 

Ci avevi detto, circa il disco: "Il meccanismo è lo stesso di quando tu sei in giro con il passeggino e, incrociando un altro papà che viene nella tua direzione, nasce istantaneamente quello sguardo di complicità e compassione reciproca”. Avviene qualcosa di simile durante lo spettacolo dal vivo?

Oddio no. La complicità di categoria paterna/materna una volta che i bimbi crescono un po’ si perde perché si torna un po’ più padroni di sé e del proprio tempo. E non sei più un felice recluso famigliare, “un neo genitore” ai primi mesi. Ma anche una felicissima “persona con figli”. Però, essere padre e cantare canzoni per bambini a dei bambini che si son portati dietro i padri (o le madri) significa che in sala c’è una comunità di persone che si capisce al volo su tante sottili magagne della quotidianità: posso dunque fare ironia sul mettere a letto i figli, sui farmaci e sui malanni, sul cibo e sui nonni, sui bagnetti e sulle levatacce notturne. E se qualche volta noi adulti ci facciam due risate alla faccia dei nostri figli, ai nostri figli farà bene comprendere in tenera età che lo humor è il sale della vita. 

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L'articolo Un pubblico difficile e meraviglioso: come si prepara uno spettacolo musicale per bambini di Dario Falcini è apparso su Rockit.it il 2024-01-25 09:19:00

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